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L’efficacia delle tecniche di stimolazione cerebrale non invasive nel trattamento dei disturbi d’ansia

Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva stanno emergendo come metodologie alternative o coadiuvanti nel trattamento dei disturbi d'ansia

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 24 Ott. 2022

Aggiornato il 02 Dic. 2022 14:09

Vergallito e colleghi (2021) hanno svolto una review sistematica della letteratura esistente sul tema e una analisi quantitativa dell’efficacia della Repetitive Transcranial Magnetic Stimulation (rTMS) e della Transcranial Direct Current Stimulation (tDCS) nel trattamento dei disturbi d’ansia.

 

Introduzione alle tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva

La possibilità di utilizzare tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva per il trattamento dei disturbi psichici sta ricevendo sempre più attenzione sia in ambito scientifico che in ambito clinico applicativo.

In particolare, la Repetitive Transcranial Magnetic Stimulation (rTMS) – (in italiano Stimolazione magnetica transcranica) e la Transcranial Direct Current Stimulation (tDCS) – (in italiano “stimolazione transcranica a corrente diretta) sono ad oggi riconosciute come tecniche di stimolazione neurofisiologica non invasiva utili per il trattamento del disturbo depressivo maggiore. Nel 2018 infatti la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato la rTMS quale tecnica per il trattamento della depressione maggiore, utilizzando una stimolazione ad alta frequenza (10 Hz) sul lato sinistro dalla corteccia prefrontale dorsolaterale (Hui J, 2019).

Riguardo agli altri disturbi psichici, quali ad esempio la schizofrenia, l’abuso di sostanze, il disturbo ossessivo compulsivo, l’efficacia di tali tecniche, da sole o in combinazione con percorsi psicoterapici, è stata esplorata da alcune review e metanalisi, con alcuni risultati incoraggianti ma ancora preliminari (Kennedy, Lee, Frangou, 2018; Kostova, Cecere, Thut, et al., 2020; Trojak, Sauvaget, Fecteau, et al., 2017; Brunelin, Mondino, Bation, et al., 2018).

Anche considerando i disturbi d’ansia, vi sono tuttora evidenze limitate riguardo all’efficacia di tali tecniche per il trattamento degli stessi. La metanalisi di Vergallito e colleghi (2021) ha l’obiettivo di valutare l’efficacia dei trattamenti di stimolazione cerebrale non invasiva sui disturbi d’ansia. Secondo il DSM-5, tra i disturbi d’ansia si annoverano le fobie specifiche, il disturbo d’ansia sociale, il disturbo da panico, l’agorafobia e il disturbo d’ansia generalizzata. Lo studio di Vergallito e colleghi ha pertanto preso in considerazione le ricerche effettuate su disturbi sopra specificati (escludendo il PTSD e il DOC che non rientrano tra i disturbi d’ansia secondo il DMS-5).

I principali trattamenti per i disturbi d’ansia, come indicati da diverse linee guida internazionali, consistono in interventi psicoterapici e/o farmacologici, tra cui la terapia cognitivo-comportamentale che è considerata il trattamento di elezione (Bandelow, Lichte, Rudolf, et al., 2015; Katzman, Bleau, Blier, et al., 2014). Tuttavia, un significativo numero di pazienti non risponde in maniera efficace ai trattamenti, manifesta ricadute sintomatologiche e ricorrenza cronica della sintomatologia (Fernandez, Salem, Swift, et al., 2015; Taylor, Abramowitz, McKay, 2012). In tali casi, tra le metodologie alternative, stanno emergendo rapidamente e avanguardisticamente le tecniche di stimolazione cerebrale non invasive, come terapie esclusive o coadiuvanti combinate con percorsi di psicoterapia cognitivo comportamentale (Brunoni, Sampaio-Junior, Moffa, et al. 2019; Sathappan, Luber, Lisanby, 2019).

Gli aspetti neuroscientifici dei disturbi psichiatrici

In termini neuroscientifici, seppure esistano differenze che caratterizzano i singoli disturbi, diverse evidenze in letteratura suggeriscono che i disturbi d’ansia siano caratterizzati da una comune alterazione strutturale e funzionale a carico del pathway limbico mesocorticolale (Duval et al., 2015): l’amigdala, la corteccia prefrontale, la corteccia cingolata anteriore, l’ippocampo e le loro connessioni funzionali giocano un ruolo chiave nell’esordio e nella regolazione della paura, dell’ansia e della rilevazione dei segnali di minaccia. Ad esempio, l’iperattivazione a carico dell’amigdala è una delle evidenze più accreditate in tal senso, con una correlazione positiva tra iperattivazione di tale area cerebrale e gravità dei sintomi ansiosi (Ball, Sullivan, Flagan, et al, 2012; Lipka, Miltner, Straube, 2011). La risposta neurale dell’amigdala ai segnali di minaccia è regolata attraverso connessioni bidirezionali con la corteccia cingolata anteriore e con la corteccia prefrontale ventromediale, e alcuni studi di neuroimaging hanno evidenziato una ipoattivazione della corteccia prefrontale in pazienti con diagnosi di disturbo d’ansia (Ironside, Browning, Ansari, et al., 2019; Kim, Loucks, Palmer, et al., 2011).

In considerazione di tali premesse, il razionale per l’utilizzo delle tecniche di stimolazione neurofisiologica cerebrale non invasive nel trattamento dei disturbi d’ansia consiste nella possibilità di ribilanciare tale attività disadattiva in termini funzionali e di connettività funzionale tra le diverse specifiche aree cerebrali sopra citate (Vicario, Salehinejad, Felmingham, et al., 2019). In tal senso, vale la pena sottolineare che i disturbi psichici, implicano tra i fattori bio-sociali alla base del loro esordio e mantenimento, anche una plasticità neurale patologicamente alterata che può essere modificata attraverso l’ausilio della stimolazione cerebrale non invasiva (Ziemann U., 2017).

L’uso di rTMS e tDCS nel trattamento dei disturbi d’ansia

Vergallito e colleghi (2021) hanno svolto una review sistematica della letteratura esistente sul tema e una analisi quantitativa dell’efficacia della Repetitive transcranial magnetic stimulation (rTMS) e della transcranial direct current stimulation (tDCS) nel trattamento dei disturbi d’ansia.

La review, in accordo con le linee guida PRISMA, si è basata su uno screening di articoli scientifici peer-reviewed pubblicati in lingua inglese presenti in tre database fino alla fine di febbraio 2020. Gli studi presi in considerazione hanno risposto ai seguenti criteri di inclusione: la presenza di un campione di soggetti clinici con una diagnosi di disturbo d’ansia, l’utilizzo di tecniche di stimolazione neurofisiologica cerebrale non invasiva (rTMS e tDCS), la presenza di un gruppo di controllo, di punteggi di assesment pre-post trattamento e l’uso di questionari validati per la misurazione dei sintomi ansiosi. I criteri di inclusione sono stati particolarmente stringenti e focalizzati, soprattutto nel considerare solo studi in cui si valutava l’utilizzo dalla stimolazione cerebrale non invasiva in comparazione a gruppi di controllo o condizioni sham.

Dallo screening è emerso che 11 ricerche hanno risposto ai criteri di inclusione, per un totale di 154 soggetti assegnati alle condizioni sperimentali di stimolazione cerebrale non invasiva e 164 assegnati a condizioni di trattamento “sham” o di controllo.

Sui dati pubblicati da tali ricerche sono state effettuate due metanalisi per valutare in modo aggregato l’efficacia dell’utilizzo delle tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva, calcolando indici quali l’effect size per ciascun disturbo e per i punteggi relativi all’ansia generalizzata. Inoltre, considerando la comorbilità tra disturbi d’ansia e disturbi depressivi, è stata effettuata una terza metanalisi che ha analizzato gli outcomes in termini di efficacia dell’applicazione della rTMS e della tDCS sui sintomi depressivi presenti in comorbilità con i disturbi d’ansia.

Dai risultati delle metanalisi degli studi considerati è emersa un’efficacia statisticamente significativa delle tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva nella riduzione dei sintomi ansiosi, per come valutata dai questionari, sia per i disturbi d’ansia specifici sia per i punteggi relativi all’ansia generalizzata. Gli autori sottolineano una elevata eterogeneità tra gli studi presi in considerazione, in termini di protocolli di utilizzo delle tecniche di stimolazione cerebrale (tipologia di regioni cerebrali target della stimolazione, durata dell’intervento e altri parametri specifici al protocollo di stimolazione), nonché nell’associazione di altre terapie psicofarmacologiche aggiuntive in combinazione.

Dai risultati della terza metanalisi, tali tecniche sono risultate parimenti efficaci anche nella riduzione della sintomatologia depressiva (presente in comorbilità con i sintomi ansiosi) in confronto alle condizioni di controllo. Questi dati sono in linea con precedenti studi che hanno dimostrato l’efficacia della rTMS nella riduzione dei sintomi ansiosi durante il trattamento di pazienti con diagnosi di depressione (Chen et al., 2019). Tali evidenze trovano ulteriore riscontro in uno studio recente di Maggioni e colleghi (2019) che suggerisce come le similarità cliniche tra depressione maggiore e sintomi ansiosi possano poggiare su una comune base neurale di alterazioni funzionali a carico della corteccia prefrontale (corteccia orbitofrontale sinistra); invece anomalie specifiche per la depressione maggiore si riscontrerebbero nella funzionalità della corteccia frontotemporale, mentre per il disturbo da panico e per l’ansia sociale a livello parietale.

Conclusioni

In conclusione, possiamo affermare che i risultati della metanalisi di Vergallito e colleghi (2021) siano incoraggianti nel sostenere l’efficacia della stimolazione cerebrale non invasiva per migliorare i sintomi ansiosi; tuttavia gli studi presenti in letteratura sono ancora numericamente molto limitati per arrivare a trattare conclusioni solide e indicazioni definitive sull’applicazione di tali tecniche in via esclusiva o combinata per il trattamento dell’ansia.

È auspicabile pertanto che vengano svolti ulteriori studi che includano sia un maggior numero di pazienti clinicamente diagnosticati, sia condizioni di controllo randomizzate; inoltre sarà rilevante analizzare l’efficacia di trattamenti di stimolazione cerebrale non invasiva in combinazione con interventi di psicoterapia e farmacologia o in modalità esclusiva sulla riduzione della sintomatologia ansiosa.

 

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