expand_lessAPRI WIDGET

Apprendere con i profumi: memoria olfattiva come mezzo per potenziare la memoria visuo-spaziale

L'olfatto è strettamente associato all'apprendimento e le abilità sensoriali olfattive potrebbero giocare un ruolo chiave in prestazioni di memoria visiva

Di Eleonora Galletti

Pubblicato il 26 Mag. 2021

Aggiornato il 28 Mag. 2021 12:24

Olofsson e collaboratori (2020) hanno ideato uno studio in grado di rilevare se un particolare esercizio che stimolava la memoria attraverso l’olfatto avesse effetti positivi anche sull’orientamento nello spazio.

 

Il sistema olfattivo è caratterizzato da un alto livello di plasticità biologica e funzionale, essendo uno dei sensi che è maggiormente in grado di modificare il nostro cervello e che è più facile modificare se sottoposto a ripetuti stimoli, come profumi e odori (Li et al. 2008; Fletcher, 2012; Kass et al. 2013). È infatti noto che sia possibile migliorare le prestazioni olfattive semplicemente per mezzo di un addestramento basato su stimolazioni, e i sommelier ne sono un esempio (Mainland et al. 2002, Hummel et al. 2009; Damm et al. 2014; Morquecho-Campos et al. 2019). Studi recenti hanno infatti appurato che gli esperti del settore, ottengono risultati migliori dei non esperti nelle valutazioni olfattive (Royet et al. 2013), e che la loro competenza è correlata a riorganizzazioni strutturali nelle aree cerebrali associate alla memoria avvenute mediante allenamento ripetuto (Delon-Martin et al. 2013). Al contrario, non sono stati riportati effetti analoghi nel sistema visivo, che risulta pertanto poco allenabile.

Alcune ricerche mostrano quindi come l’olfatto sia strettamente associato all’apprendimento, e suggeriscono che le abilità sensoriali olfattive possano giocare un ruolo chiave nelle prestazioni della memoria visiva. In merito a quest’ultimo caso, è stato dimostrato che l’addestramento alla discriminazione di differenti odori porta a un miglioramento dell’apprendimento visuo-spaziale nei ratti (Zelcer et al. 2006). Attraverso la memoria olfattiva, i ratti possono quindi potenziare la memoria visiva.

In seguito a tale scoperta, Olofsson e colleghi hanno ipotizzato che questa abilità valesse anche per soggetti umani, e che quindi l’addestramento alla memoria basato sull’olfatto in partecipanti adulti potesse avere effetti positivi sia sulla memoria visiva, sia sulle prestazioni percettive olfattive (Olofsson et al., 2020). Di conseguenza, gli autori hanno ideato uno studio in grado di rilevare se un particolare esercizio che stimolava la memoria attraverso l’olfatto avesse effetti positivi anche sull’orientamento nello spazio, nonché sulla stessa qualità dell’olfatto in partecipanti umani. Gli autori dello studio hanno inoltre ipotizzato che, viceversa, l’allenamento visivo non portasse particolari benefici nelle prestazioni olfattive. Per testare queste ipotesi, gli autori hanno ideato due differenti giochi da tavolo che esplorassero le due diverse sfere sensoriali, noti nell’implicazione delle reti di codifica della memoria (Rasch et al. 2007; Kunz et al. 2015).

Il cuore dell’intervento consisteva nella modifica di una canonica sperimentazione incentrata sulla memoria escludendone le componenti visive per confrontare gli effetti di trasferimento generati dall’implicazione della memoria olfattiva e visiva. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale allo svolgimento di compiti olfattivi o visivi, con livello di difficoltà simile, per l’allenamento quotidiano della memoria pre-test in un periodo di circa 40 giorni. L’addestramento è stato svolto con esercizi giornalieri di discriminazione e riconoscimento degli odori, e con l’utilizzo degli Sniffin’ Sticks, striscioline di carta pregne di differenti aromi, che permettono di individuare la capacità di identificazione degli odori, di discriminazione e di determinazione della soglia olfattoria.

Se chi sta leggendo ha mai giocato a Memory, il gioco da tavola in cui si devono individuare coppie di immagini identiche nel tabellone, potrà comprendere appieno le procedure dell’esperimento in questione, in quanto pressoché simili. Le sperimentazioni olfattive e visive sono infatti state svolte proprio con lo stesso principio. Il gioco relativo alla memoria olfattiva comprendeva 24 lattine, contenenti 12 diversi tipi di tè aromatizzati, che costituivano, quindi, 12 coppie di stimoli a due a due identici. Gli aromi sono stati posti in sacchetti di cotone per arginare l’identificazione visiva degli stessi. Le lattine sono state poi distribuite casualmente su una tavola di 24 caselle. In ogni prova, il giocatore aveva l’obiettivo di campionare due lattine a scelta e confrontarne il contenuto, accoppiando quelle con lo stesso aroma. Al rilevamento di una corrispondenza, gli oggetti venivano rimossi dalla tavola. L’esercizio terminava quando non rimaneva alcuna lattina in tavola.

Per ciò che concerne invece la memoria visiva, è stato ideato un gioco piuttosto similare al precedente come compito di controllo. Questa seconda sperimentazione, ancor più simile a Memory, consisteva nell’individuazione di 12 coppie di immagini identiche collocate all’interno delle 24 lattine, e poste in due differenti tavole. Le immagini rappresentavano diversi simboli linguistici, ottenuti dal coreano e dal cinese mandarino. I due compiti di addestramento erano simili in tutti gli aspetti, per questo motivo le performance dei soggetti di ciascuno dei due esperimenti sono state misurate osservando il numero di prove impiegate per svuotare la tavola: ça va sans dire, meno prove indicavano una miglior performance.

I risultati dello studio hanno mostrato che mentre l’addestramento visivo non ha prodotto il trasferimento al compito di memoria olfattiva, esattamente come previsto, l’addestramento olfattivo ha prodotto il trasferimento di memoria al compito visivo non precedentemente addestrato. Ciò significa che mentre nel secondo compito i soggetti hanno utilizzato esclusivamente la memoria visiva, che ha loro permesso svuotare il tabellone attraverso molteplici tentativi, nel primo compito i soggetti hanno utilizzato entrambi i sensi ed entrambi i tipi di memoria per accoppiare oggetti con le stesse caratteristiche olfattive. Questo studio ha inoltre dimostrato che l’addestramento olfattivo precedentemente esercitato, ha anche migliorato le prestazioni dei partecipanti nei compiti di discriminazione degli odori e di denominazione, tanto che il gruppo che ha svolto il primo esperimento ha raggiunto lo stesso livello di prestazioni di un gruppo di sommelier con prestazioni elevate, che ha svolto lo stesso esercizio con lo stesso numero di tentativi ed identiche tempistiche (Olofsson et al., 2020).

I risultati di cui sopra indicano che il sistema olfattivo è altamente reattivo all’allenamento e fanno strada all’ipotesi che l’olfatto possa facilitare il trasferimento dell’apprendimento ad altri domini sensoriali. Queste informazioni potrebbero essere utilizzate non solo nelle aree clinica e medica, ma anche nei settori lavorativi e scolastici, implementando le tecniche di apprendimento già esistenti.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Fletcher, M. L. (2012). Olfactory aversive conditioning alters olfactory bulb mitral/tufted cell glomerular odor responses. Front Syst Neurosci. 6:16.
  • Damm, M., Pikart, L. K., Reimann, H., Burkert, S., Göktas, Ö., Haxel, B., Frey, S., Charalampakis, I., Beule, A., Renner, B. (2014). Olfactory training is helpful in postinfectious olfactory loss: a randomized, controlled, multicenter study. The Laryngoscope. 124(4):826–831.
  • Delon-Martin, C., Plailly, J., Fonlupt, P., Veyrac, A., Royet, J. P. (2013). Perfumers’ expertise induces structural reorganization in olfactory brain regions. Neuroimage. 68:55–62.
  • Hummel, T., Rissom, K., Reden, J., Hähner, A., Weidenbecher, M., Hüttenbrink, K- B. (2009). Effects of olfactory training in patients with olfactory loss. The Laryngoscope. 119(3):496–499.
  • Kass, M. D., Rosenthal, M. C., Pottackal, J., McGann, J. P. (2013). Fear learning en- hances neural responses to threat-predictive sensory stimuli. Science. 342(6164):1389–1392.
  • Kunz, L., Schröder, T. N., Lee, H., Montag, C., Lachmann, B., Sariyska, R., Reuter, M., Stirnberg, R., Stöcker, T., Messing-Floeter, P. C. (2015). Reduced grid- cell-like representations in adults at genetic risk for Alzheimer’s disease. Science. 350(6259):430–433.
  • Li, W., Howard, J. D., Parrish, T. B., Gottfried, J. A. (2008). Aversive learning enhances perceptual and cortical discrimination of indiscriminable odor cues. Science. 319(5871):1842–1845.
  • Mainland, J. D., Bremner, E. A., Young, N., Johnson, B. N., Khan, R. M., Bensafi, M., Sobel, N. (2002). Olfactory plasticity: one nostril knows what the other learns. Nature. 419(6909):802.
  • Morquecho-Campos, P., Larsson, M., Boesveldt, S., Olofsson, J. K. (2019). Achieving olfactory expertise: training for transfer in odor identification. Chem Senses. 44(3):197–203.
  • Olofsson, J. K., Ekström, I., Lindström, J., Syrjänen, E., Stigsdotter-Neely, A., Nyberg, L., Jonsson, S., & Larsson, M. (2020). Smell-Based Memory Training: Evidence of Olfactory Learning and Transfer to the Visual Domain. Chemical senses, 45(7), 593–600. https://doi.org/10.1093/chemse/bjaa049
  • Rasch, B., Büchel, C., Gais, S., Born, J. (2007). Odor cues during slow-wave sleep prompt declarative memory consolidation. Science (New York, NY). 315(5817):1426–1429.
  • Royet, J. P., Plailly, J., Saive, A. L., Veyrac, A., Delon-Martin, C. (2013). The impact of expertise in olfaction. Front Psychol. 4:928
  • Zelcer, I., Cohen, H., Richter-Levin, G., Lebiosn, T., Grossberger, T., Barkai, E. (2006). A cellular correlate of learning-induced metaplasticity in the hippo- campus. Cereb Cortex. 16(4):460–468.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Malattia di Alzheimer e deficit della memoria olfattiva: un sintomo precoce
Olfatto e memoria: una connessione che potrebbe spiegare alcuni sintomi dell’Alzheimer

Numerose ricerche riportano tra i sintomi precoci della malattia di Alzheimer una perdita della memoria relativa agli odori. Tale deficit precede il declino cognitivo tipico del morbo e sembra correlato al grado di severità della malattia.

ARTICOLI CORRELATI
Life skills: il problem-solving 

La capacità di problem solving è fondamentale per poter affrontare e risolvere costruttivamente le situazioni problematiche, come sottolineato dall’OMS

L’anima non ha bisogno di essere rianimata

L’anima, nella maggior parte delle culture, era ritenuta qualcosa di esclusivo dell'essere umano, è davvero così?

WordPress Ads
cancel