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Le emozioni non vanno in lockdown – Il vaccino delle 156 emozioni per ricominciare a vivere durante e dopo la pandemia

Adesso più che mai, soprattutto a causa delle conseguenze della pandemia, bisogna investire sulla salute mentale e aprirsi alla comprensione delle emozioni.

Di Francesco Junior Volpe

Pubblicato il 29 Apr. 2021

Tu chiamale, se vuoi, emozioni non è soltanto un verso di Lucio Battisti, ma è una necessità. Questo concetto sembra scontato, quasi risaputo, ma in questo periodo storico in cui siamo chiamati a contenerci, è importante non mettere i nostri stati d’animo in lockdown. Infatti, una rivoluzione emozionale intelligente non solo potrebbe salvarci da una prossima guerra mentale, ma aiutarci a costruire quella società civile e responsabile che auspichiamo a raggiungere.  

 

Le emozioni sono un mezzo importante per connettere il nostro mondo interiore con la realtà. Tuttavia, sapevate che il termine emozione è stato utilizzato dalla comunità scientifica solo intorno al 1830 grazie a Thomas Brown? (Smith, 2015) Prima, l’emozione era un qualcosa che un poeta o uno scrittore avrebbe descritto attraverso delle metafore. In passato, per esempio, la gente scambiava un attacco di panico con forme di torture demoniache. Questo non solo ha portato alla morte di moltissime persone, ma ha logorato l’idea che ognuno aveva di sé e degli altri.

Con lentezza, la società moderna si è aperta alla psicologia e alla comprensione del proprio sé pur di staccarsi da modelli patriarcali che, purtroppo, ancora condizionano e limitano le nostre scelte. Nonostante i passi avanti tanti nuclei (familiari, lavorativi e istituzionali) non hanno ancora compreso che la salute mentale è una priorità e che curare la mente significa comprenderla e renderla più elastica.

Adesso più che mai, soprattutto a causa delle conseguenze della pandemia, bisogna investire sulla salute mentale e aprirsi alla comprensione delle emozioni. Solo così, la macchina economica, culturale e umana, qual è la nostra società, potrà ripartire nel miglior modo possibile.

L’atlante delle emozioni umane

Secondo la ricercatrice Inglese, Tiffany Watt Smith, ci sono almeno 156 emozioni. Nel suo libro, Atlante delle emozioni umane, la ricercatrice esplora lo spettro delle emozioni umane, accostando studi psicologici, storiografici, letterari e antropologici.

Tiffany scrive che il gruppo indigeno degli inuit, per esempio, utilizza il termine iktsuarpok per definire quel senso di ansia, nervosismo, eccitazione e felicità che si prova mentre si aspetta l’arrivo di ospiti in casa; in Finlandia, kaukokaipuu rappresenta quella nostalgia per i luoghi dove non siamo mai stati; in Spagna, invece, vergüenza ajena rappresenta l’imbarazzo empatico di chi assiste alle figuracce altrui. In questi anni sono stati condotti altri studi a livello psicologico e neurologico, ma, in generale, possiamo dedurre che le emozioni umane sono strettamente legate alle esperienze di vita.

Purtroppo, da più di un anno, le nostre esperienze di vita, e di conseguenza molte delle nostre emozioni, sono state messe in standby. C’è da chiedersi, quindi, se una nuova emozione come la covid fobia, verrà, prima o poi, aggiunta all’atlante delle emozioni umane?

Una vita in lockdown

Se tutti avessero coscienza delle proprie emozioni, ci potrebbero essere meno crimini, così come una riduzione di casi di repressione, abusi e quant’altro. Ognuno ha un proprio modo di vivere e di gestire i propri stati d’animo. Quest’anno, però, le nostre abitudini sono state stravolte e chi già viveva una situazione instabile con la propria emotività, ha dovuto fare i conti con la reclusione.

In tutti questi anni, alla maggior parte di noi non è mai stato chiesto di rimanere in casa e di non avere contatti con gli altri; non abbiamo dovuto affrontare la paura di contagiare qualcuno, l’ansia delle fake-news e l’incertezza educativa e lavorativa causata da questo nemico invisibile. Adesso non si tratta più di ricostruire una società il cui tasso di disoccupazione sia pari a zero, ma di aiutare tanti esseri umani che improvvisamente si sono ritrovati a rinchiudersi dentro le loro mura domestiche e interiori, perdendo il proprio sé, oltre al lavoro.

In Ottobre 2020, The World Health Organisation (WHO) ha condotto un’indagine su 130 Paesi da giugno – agosto per dimostrare qual è stato l’impatto del Covid-19 sull’accesso ai servizi di salute mentale. Secondo WHO, sebbene l’89 percento di questi paesi abbia pianificato dei progetti terapeutici nazionali per fronteggiare il COVID-19, solo il 17 percento di questi paesi dispone di finanziamenti aggiuntivi che possano coprire queste attività.

Questo dimostra che c’è bisogno di investire sulla salute mentale adesso. Sempre WHO dichiara che, prima del COVID-19, aziende mondiali hanno perso quasi 1 trilione di dollari di produttività economica ogni anno solo a causa della depressione e dell’ansia. Tuttavia, gli studi dimostrano che ogni dollaro americano speso in cure per la depressione e l’ansia, può restituire 5 dollari.

Conclusione

Gli esseri umani non possono mettere le proprie emozioni in lockdown perché sono state fin troppo in tutto questo tempo. Ormai è certo che i danni che questa pandemia sta portando con sé sono anche mentali e se non ci si muove per fare qualcosa, le vite di molte persone verranno rovinate per sempre a causa dei loro problemi mentali. In effetti, oltre al vaccino che possa aiutarci a prevenire il virus, come si pensa di ricominciare tutto da capo senza delle menti sane?

 

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