Affrontare la fine della terapia: tra paura e fiducia
Matteo si ricorda bene come era arrivato, circa due anni prima, nello studio del terapeuta. Esausto, demotivato, con scarsa voglia di socializzare e persino di parlare, senza più interessi e con addosso la sensazione di inutilità: dopo tutto, arrivato a oltre 60 anni di età, terminato il lavoro di una vita non riusciva più a capire chi fosse; la voce monotona, l’atteggiamento introverso, la ruminazione insistente sugli errori del passato. In preda ai sintomi depressivi Matteo ha avuto però le risorse per chiedere aiuto e per iniziare e mantenere un percorso psicoterapico. E ora, a due anni dall’inizio, vede in sé stesso un Matteo diverso, che ha ricostruito la sua identità, collegando ponti tra passato e presente, ha ritrovato la voglia di socialità, che ora si tiene stretta avendo imparato sulla sua pelle quanto è importante come antidoto (uno tra gli altri) per scongiurare la probabilità di un nuovo crollo. Matteo ora ha recuperato benessere e, insieme al suo terapeuta, capisce che è arrivato il momento della conclusione della psicoterapia.
È questo un caso in cui la psicoterapia si conclude per una decisione mutualmente condivisa tra paziente e terapeuta. Le emozioni che si attivano sono ambivalenti; da una parte stati affettivi positivi per avere affrontato e superato momenti difficili, per avere nuove risorse e strumenti per gestire gli stati interni e le situazioni che accadono, per la consapevolezza di avere recuperato benessere psicologico, dall’altra c’è la paura. La paura delle ricadute, la paura di non farcela senza il suo appuntamento con il terapeuta. In questa fase, il terapeuta lavorerà con Matteo proprio su questi aspetti, per prevenire le ricadute e per rafforzare il senso di autoefficacia e di autonomia. In psicoterapia si affronteranno pensieri ed emozioni relative al termine della terapia e al periodo successivo di post-terapia focalizzandosi sulle strategie chiave per la prevenzione delle ricadute.
La fase di conclusione della terapia: gradualità e monitoraggio
È importante sottolineare che anche questa fase è delicata e il terapeuta attento non la sottovaluterà. Le interruzioni brusche sono sconsigliate, e la fase finale della psicoterapia è caratterizzata da appuntamenti che diminuiscono in termini di frequenza temporale; ad esempio, se da appuntamenti settimanali si era già passati ad appuntamenti quindicinali, allora l’intervallo si allunga ancora un po’: gli appuntamenti possono arrivare ad avere cadenze mensili e così via. In quest’ottica sono inclusi anche appuntamenti di monitoraggio e follow-up a diversi intervalli temporali (es. tre-sei mesi).
Ma il caso di Matteo non è da generalizzare: per alcuni pazienti, con specifiche caratteristiche di personalità, il distacco e il termine della psicoterapia avvengono con tempistiche significativamente più lunghe e risultano particolarmente faticosi. In tal caso il terapeuta valuterà attentamente il percorso terapeutico e la frequenza di monitoraggi e follow-up più adatta in funzione delle specifiche del caso.
Le difficoltà nella relazione terapeutica e le interruzioni non condivise
Inoltre, vi sono tutte quelle situazioni in cui la decisione di interrompere viene presa unilateralmente dal paziente senza l’accordo del terapeuta. Martina non si sente compresa, non si sente abbastanza considerata dalla terapeuta che percepisce distratta e a tratti anche distaccata. Le ha dato qualche chance, ma qui la situazione non cambia, e ora lei è proprio stufa di aprirsi con qualcuno che poi non la considera abbastanza. Dirà tutto questo alla terapeuta? Probabilmente no, troverà qualche scusa per dirle che al momento non può più continuare la psicoterapia. In questo caso, sono insorti problemi nella relazione con la terapeuta. Un colloquio sulle motivazioni che portano Martina alla decisione di interrompere potrebbe salvare la situazione, tentando di fare emergere e dare senso a questi stati interni e vissuti emotivi. Ma non è detto: sia che effettivamente il terapeuta sia stata disattenta e poco sintonizzata, sia che Martina presenti modalità rigide e molto esigenti, non è sempre da darsi per scontato che i colloqui possano continuare.
In ogni caso, nella relazione terapeutica è importante avere presente che la terapia avrà un termine (e magari anche prima di quanto ci si aspetti). Come visto nel caso di Matteo, sin dall’inizio del contratto, in funzione degli obiettivi terapeutici si discute della possibilità stessa di un suo termine, del distacco e della capacità di salutarsi. La fine della psicoterapia implica una transizione importante e rappresenta un fattore cruciale che può giocare un ruolo significativo per il mantenimento e la continuazione della crescita personale in autonomia.