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La bomba sganciata all’ultimo minuto – Inside Therapy

La rubrica Inside Therapy esplora perché i pazienti condividono rivelazioni importanti proprio a fine seduta, tra emozioni, evitamento e dinamiche relazionali

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 07 Lug. 2025

Il “doorknob moment” in psicoterapia: quando tutto emerge alla fine

I terapeuti sanno benissimo di che cosa si tratta, forse i pazienti un po’ meno o ne sono poco consapevoli. 

Siamo a fine della seduta di psicoterapia, Laura è in procinto di mettersi il giubbotto e mentre si alza dalla sedia dice al terapeuta… “ Comunque penso di avere dei problemi con il cibo”. Ma come…? Il terapeuta rimane spiazzato, è sorpreso: Laura ha una diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo, che c’entra il cibo ora? Non era mai emerso prima come problema, nemmeno in fase diagnostica. “E perchè me lo sta dicendo proprio ora, che non ho tempo di approfondire, una cosa così importante…? Eppure mi sembrava che la nostra relazione terapeutica fosse ben consolidata e che stesse fluendo nella direzione giusta, che stessimo lavorando su obiettivi condivisi…”

Pensandoci bene, il nostro terapeuta può anche arrivare a sentirsi frustrato e impotente perché deve gestire questo imprevisto nell’immediato. Gli ultimi due minuti per ragionare e agire in modo terapeuticamente sensato a qualcosa più o meno emotivamente esplosivo. 

Esattamente, stiamo parlando del fenomeno per cui il paziente, al termine della seduta, magari già letteralmente sulla porta decide di comunicarci qualcosa di importante ed emotivamente rilevante.  I colleghi anglosassoni lo definisco “doorknob moment”: il paziente sgancia una bomba “emotiva” a fine seduta, quasi con la mano sulla maniglia della porta.  

Cerchiamo di capire cosa può stare alla base di questo comportamento, abbracciando diverse prospettive possibili e alternative.

Non ho avuto il coraggio di dirlo prima: vergogna e imbarazzo

Oggi Mauro è in terapia a metà, la mente sta viaggiando su doppio binario: la conversazione con la terapeuta, e il suo rimuginio che è partito in concomitanza e a intermittenza nel corso di questi faticosi e combattuti 50 minuti. La mente di Mauro viaggia “Vorrei tanto togliermi questo peso… ho bisogno di dirlo a qualcuno… sono qui per gli attacchi di panico, ma forse anche questo c’entra… ormai non riesco più nemmeno a fare sesso…”. Procrastinando nel rimuginio a intermittenza, Mauro riesce a esprimerlo alla terapeuta solo alla fine della seduta di psicoterapia. Vergogna, imbarazzo e timore del giudizio trattengono Mauro dal potersi vivere la seduta in piena autenticità emotiva. Oppure può esserci in qualche misura il timore di deludere il terapeuta, di avere un confrontarsi, di affrontare un disaccordo o un conflitto e di non riuscire ad affrontare apertamente un tema per timore delle reazioni dell’altro. 

Evitamento della sofferenza e riluttanza ad affrontare il disagio  

Spesso le bombe dell’ultimo minuto hanno a che fare con argomenti e temi emotivamente difficili: il solo parlarne riattiva le emozioni e il dolore, il solo parlarne mette la persona a disagio. C’è da una parte la necessità di condividere, dall’altra l’avversione verso il disagio emotivo e la sofferenza che inevitabilmente si attiverebbe nel parlarne ad alta voce con il terapeuta. Entra in gioco l’evitamento cognitivo ed emotivo per preservarsi da una sofferenza, dal disagio legato alla sensazione di vulnerabilità e alla paura delle emozioni intense. 

Quando un insight arriva alla fine 

Per molte persone è l’imminente scadenza a spingere la mente a fare il punto su una certa situazione; anche alcuni procrastinatori rimandano fino all’imminente scadenza per finalizzare. Da un certo punto di vista, dunque, questo potrebbe anche accadere nel corso di una sessione di psicoterapia: in correlazione con gli interventi terepeutici già attivi sin dall’inizio, l’imminente termine del colloquio diviene quindi fattore temporale esterno che funge da ulteriore spinta verso una maggior presa di consapevolezza.  

E’ già passata un’ora! 

Elisa guarda l’ora, rimangono solo 5 minuti. Il time management della seduta di psicoterapia è principalmente affare del terapeuta in funzione degli obiettivi terapeutici e dei bisogni immediati e più urgenti del paziente. Può essere che in alcuni casi la persona abbia molti aspetti di cui vorrebbe parlare con il terapeuta, e inevitabilmente si arriva in fine seduta con altri argomenti, più o meno correlati, che non si ha modo di affrontare nell’immediato della medesima sessione. In alcuni casi, ad esempio se il paziente sente il desiderio di parlare di qualcosa che sembra discostarsi da quelli che erano stati definiti come gli obiettivi del trattamento, ci potrebbe essere il timore di scombussolare l’agenda della seduta: “Oggi il terapeuta mi ha chiesto di analizzare come sono andate le mie esposizioni graduali…come faccio a parlare di tutt’altro?”. 

E se fosse un test: cosa sarà disposto a fare per me il terapeuta?

Cosa vuoi che sia 10 minuti in più …Circostanza solo apparentemente banale, ma in realtà straordinariamente ricca e delicata dal punto di vista della relazione terapeutica e delle sue implicazioni.

Le bombe emotive sganciate all’ultimo minuto, più o meno consapevolmente, possono rappresentare anche delle modalità per testare i limiti del terapeuta e l’assetto della relazione: “Ci terrà abbastanza a me? Sarò così speciale per lui tanto da fargli prolungare il tempo della seduta di psicoterapia? Sarà disposto per me a derogare le regole concordate relativamente alla terapia (si veda episodio della Rubrica InTherapy “Il Contratto terapeutico”)? Qui, in realtà, posso decidere io quando finisce la seduta!”

Quanto è difficile ritornare là fuori nel mondo senza il terapeuta

Melissa si sente costantemente trascurata e non considerata, non compresa e accolta nei suoi bisogni emotivi…per questo la gestione della fase finale della seduta di psicoterapia e della chiusura della stessa può essere estremamente aversiva per lei; a diversi livelli di consapevolezza potrebbe dunque agire tentativi di non chiudere, di evitare lo stimolo per lei avversivo del distacco da una figura emotivamente sintonizzata con lei. Più o meno consapevolmente, tenta di prolungare la seduta con la last-minute bomb.  

Cosa puoi aspettarti?

Premesso che la gestione del tempo e dei confini temporali della seduta di psicoterapia è un aspetto fondamentale (anche in questo modo si rimanda l’idea di prevedibilità e di mantenimento delle norme che regolano la relazione terapeutica), il terapeuta dovrà comunque gestire i momenti di apertura emotiva del paziente in fase finale di seduta.

In quei momenti dunque il terapeuta si troverà a regolare le sue emozioni e a mettere in atto un veloce processo di decision making, che sulla base dell’esperienza clinica tenga conto di diversi aspetti, tra cui la tipologia di contenuto condiviso, il paziente con le sue modalità di funzionamento nella relazione terapeutica, il mantenimento dei confini del setting e la validazione del paziente a seguito della disclosure last-minute.

Nei casi in cui la comunicazione last-minute sia grave, cioè abbia a che fare con il rischio elevato per la sicurezza del paziente, ad esempio nei casi in cui vi sia la minaccia di fare del male a sè stessi o ad altri, il terapeuta impiegherà del tempo extra per approfondire la questione e per mettere in sicurezza il paziente. Al di là di questo, il terapeuta rosicchiando qualche minuto può restituire al paziente l’importanza del contenuto emerso dalla seduta di psicoterapia, e rimandare l’approfondimento alla seduta successiva oppure potrebbe – ove possibile – offrire una seduta extra nel corso della stessa settimana. Ma, per rispetto del tempo del terapeuta, del tempo del paziente e dei pazienti successivi, e a maggior ragione per tenere fede agli accordi del contratto terapeutico prestabilito a priori, la seduta deve terminare in orario. Anche se può sembrare brutale e rigido, questo atteggiamento preserverà da ripetuti futuri sconfinamenti temporali e diminuirà la probabilità che si instauri un pattern ripetitivo di bombe sganciate all’ultimo minuto. E comunque, sicuramente alcuni pazienti desiderano chiudere il prima possibile la seduta dopo avere sganciato la bomba emotiva.

Il terapeuta nella seduta successiva riprenderà quanto accaduto in fase finale del colloquio precedente, approfondendo il contenuto di quanto emerso; rifletterà in modo non giudicante insieme al paziente sui significati di quanto accaduto e sulla presenza di eventuali pattern ripetitivi di questo comportamento, nonché sui fattori che lo rendono più probabile e i vissuti che lo caratterizzano. 

Come un ponte che collega, la bomba dell’ultimo minuto rappresenta dunque sia il termine di una seduta di psicoterapia, ma anche l’inizio di quella successiva all’interno del percorso terapeutico in progress. 

Riferimenti Bibliografici
  • Gans JS. “Our Time is Up”: A Relational Perspective on the Ending of a Single Psychotherapy Session. Am J Psychother. 2016 Dec 31;70(4):413-427
  • Gabbard GO. The exit line: heightened transference-countertransference manifestations at the end of the hour. J Am Psychoanal Assoc. 1982;30(3):579-98.
  • Psychiatrics Time. Doorknob Moments: Why They Happen and How to Use Them

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