Stati e tratti: concetti chiave tra storia e ricerca
Le prospettive teoriche e di ricerca sul tema degli stati e dei tratti in psicologia hanno ricevuto particolare impulso a partire dagli anni ‘80 e ‘90, eppure la distinzione tra i due risale almeno all’inizio dell’era cristiana, come si evince dalla riflessione di Eysenck (1983) sulle Tusculanae Disputationes di Cicerone, risalenti al 45 a.C.
La nozione di tratti e stati è comune anche nel linguaggio quotidiano, ed è generalmente utilizzata nel descrivere caratteristiche psicologiche riguardanti se stessi e gli altri (Chaplin et al. 1988; Schmitt & Blum, 2020). Cosa si intende per stati e tratti?
Definire stati e tratti
Una delle definizioni più recenti di stato è stata suggerita da Baumert e colleghi (2017), secondo cui uno stato rappresenta una dimensione quantitativa che descrive il grado/l’estensione/il livello di comportamenti, pensieri ed emozioni sviluppati da un individuo, rispetto a un momento particolare vissuto. In altri termini, lo stato è una reazione temporanea di tipo fisico, emotivo, cognitivo e comportamentale a stimoli interni e/o esterni. La durata e la tipologia di reazione possono variare in relazione a fattori come livello di eccitazione, frustrazione, percezione soggettiva e contesto (Horstmann & Ziegler, 2020).
Secondo Baumert, le dimensioni di stato potrebbero essere utilizzate per descrivere le differenze all’interno di un individuo in varie situazioni, così come le differenze tra gli individui. Gli stati, quindi, creano un cambiamento temporaneo e fluttuano nel tempo. Una persona può diventare temporaneamente arrabbiata o ansiosa in determinate circostanze, ma in generale non si può dire sia normalmente arrabbiata o ansiosa. Un esempio può essere rappresentato da espressioni quali: “Questo esame mi rende ansioso” oppure “Sono sicuro della mia preparazione per questo esame”.
I tratti, al contrario, sono modelli caratteristici di emozioni, comportamenti o pensiero, che si generalizzano in situazioni simili. I tratti si riferiscono a una disposizione dell’individuo stabile, coerente, duratura nel tempo e differiscono tra gli individui (Schmitt & Blum, 2020). I tratti presentano la tendenza di un individuo a sentire, pensare e comportarsi costantemente in un certo modo (Spielberger & Sydeman, 1994). Si può parlare di un tratto quando, ad esempio, gli stessi stati emotivi appaiono cronicamente in modo frequente, stabile e sono generalizzati in molte situazioni e contesti diversi (Forgays et al., 1997).
Spesso utilizziamo il concetto di tratto per descrivere caratteristiche della personalità di un individuo che sono permanenti nel tempo. Ad esempio, non è insolito ascoltare espressioni come: “Sono una persona ansiosa … una ragazza timida … un tipo estroverso”. Un individuo con tratti caratteriali di calma e compostezza può, in determinate circostanze, agire in modo agitato e arrabbiato, poiché si trova in uno stato temporaneo che è del tutto insolito rispetto al suo stile abituale.
Influenza di stati e tratti nella vita quotidiana
I tratti possono interagire con diversi fattori ambientali o interni per generare vari stati emotivi e particolari prestazioni a livello cognitivo e comportamentale. Ciò dipende dal modo in cui situazioni, stimoli o interazioni sociali vengono generalmente percepiti ed elaborati dall’individuo (Kantor et al., 2001).
Ad esempio, alcuni tratti possono avere effetti sui processi di attenzione ed elaborazione delle informazioni (Block, 2005). Un individuo con ansia di tratto tenderà a interpretare gli stimoli ambigui come più minacciosi (MacLeod & Cohen, 1993). Al contrario, la presenza di affettività positiva di tratto, ovvero la tendenza di un individuo a esperire principalmente emozioni positive, sembra essere collegata, in alcuni compiti cognitivi, a maggiore attenzione, flessibilità cognitiva e risoluzione creativa dei problemi (Isen et al., 2009).
Le differenze individuali possono essere facilmente osservate quando alcuni tratti tendono a essere più dominanti in risposta a situazioni minacciose, stressanti o ambigue.
Anche gli stati possono esercitare un certo grado di influenza sulle nostre risposte in circostanze specifiche. Le teorie cognitive dei disturbi emotivi, infatti, postulano in generale un modello vulnerabilità-stress in cui una vulnerabilità psicologica preesistente (un tratto) deve essere innescata o attivata da un fattore di stress precipitante (un evento di vita negativo o fattori ambientali, ovvero uno stato) per esercitare effetti sull’elaborazione delle informazioni (McCabe et al., 2000).
Stati e tratti nei test psicologici
L’elevato interesse per gli stati e i tratti psicologici ha portato non solo a molti contributi sostanziali nel campo della psicologia, ma anche allo sviluppo di metodi sempre più sofisticati per misurare stati e tratti rispetto a numerose variabili psicologiche, come ansia, depressione, personalità, rabbia, perfezionismo, somatizzazione ecc. (Geiser et al., 2017). Scopriamo alcuni di questi strumenti di misurazione.
I costrutti di ansia di stato e ansia di tratto furono introdotti da Cattel e Scheier (1961) e successivamente rielaborati da Spielberger e colleghi, i quali misero a punto la scala di valutazione dell’ansia di stato e ansia di tratto STAI (State-Trait Anxiety Inventory). L’ansia di stato può essere definita come uno stato transitorio costituito da sentimenti di apprensione, nervosismo e conseguenze fisiologiche come un aumento della frequenza cardiaca o della respirazione. L’ansia di tratto, al contrario, si riferisce alla tendenza stabile a prestare attenzione, provare e segnalare emozioni negative come paura e intensa preoccupazione in varie situazioni. L’ansia di tratto è caratterizzata da una percezione stabile degli stimoli ambientali (eventi, dichiarazioni altrui) come minacciosi. Le persone ansiose di tratto spesso provano ed esprimono anche ansia di stato, in situazioni in cui la maggior parte delle persone non sperimenta tali risposte. La State-Trait Anxiety Inventory è la misura più frequentemente utilizzata per l’ansia non specifica di stato e di tratto, con un indice di citazioni di oltre 16mila dalla sua prima pubblicazione (1970). Il modulo Y, la sua versione più popolare, è composto da 20 item per valutare l’ansia di tratto e 20 per l’ansia di stato. Tutti gli item sono valutati su una scala a 4 punti (ad esempio, da “Quasi mai” a “Quasi sempre”). Punteggi più alti indicano una maggiore ansia.
Lo State-Trait Anger Expression Inventory (STAXI; Spielberger, 1996) è uno strumento di 44 item progettato per misurare la rabbia sia come risposta situazionale emotiva che come qualità disposizionale. È composto da sei scale: (a) rabbia di tratto, (b) rabbia di stato, (c) controllo della rabbia, (d) soppressione della rabbia, (e) rabbia diretta esternamente e (f) espressione della rabbia, un indice generale derivato dalle ultime tre scale. La teoria stato–tratto della rabbia di Spielberger (Spielberger et al., 1983) postula che lo stato di rabbia è una condizione transitoria universale costituita da sentimenti soggettivi di rabbia, che variano in intensità e durata e producono una reattività fisiologica che aumenta insieme all’intensità dei sentimenti soggettivi di rabbia. In questa prospettiva, la rabbia di tratto costituisce una disposizione duratura che predispone un individuo a episodi di rabbia più frequenti rispetto agli individui che non hanno un alto livello di rabbia di tratto. Spielberger e i suoi collaboratori sostengono anche che gli individui con un alto livello di rabbia di tratto tendono a sperimentare gli stessi fattori scatenanti della rabbia ambientale con una rabbia di stato più intensa, duratura ed “eccitata” rispetto agli individui con un basso livello di rabbia di tratto.
Le teorie dei tratti rappresentano uno degli approcci più importanti alla psicologia della personalità. Secondo queste teorie, la personalità individuale è composta da una serie di tratti generali. Le teorie dei tratti sono focalizzate sull’identificazione e la misurazione di queste caratteristiche di personalità individuali attraverso specifici test. Il Big Five Questionnaire (BFQ), ad esempio, si rifà alla teoria dei Big Five di McCrae e Costa (1987), secondo cui le personalità sono caratterizzate da cinque dimensioni principali: apertura, coscienziosità, estroversione, gradevolezza e nevroticismo. Il BFQ-3 si compone di 134 item con modalità di risposta su scala likert a 5 punti e valuta la presenza dei cinque tratti di personalità.