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Norme di mascolinità e rischio di suicidio: una prospettiva psicosociale

Una nuova prospettiva sta prendendo in considerazione il ruolo delle norme di mascolinità nel determinare il rischio di suicidio negli uomini

Di Redazione

Pubblicato il 23 Mag. 2025

Il ruolo delle norme di mascolinità nei comportamenti suicidari maschili

Gli uomini mostrano un rischio significativamente più alto di mortalità per suicidio rispetto alle donne, con una probabilità da due a quattro volte maggiore (World Health Organization, 2021). Paradossalmente, essi sono meno inclini a condividere i pensieri suicidari con gli operatori sanitari e tendono a passare più rapidamente dall’ideazione suicidaria all’azione (Seidler et al., 2016). Sebbene i pensieri e i comportamenti suicidari siano al centro di numerosi studi, la loro natura complessa rende difficile delineare dei processi predittivi chiari. L’ideazione suicidaria, ad esempio, non evolve necessariamente verso comportamenti suicidari. Inoltre, i tradizionali fattori di rischio come la depressione o precedenti tentativi di suicidio, sebbene siano utili per identificare gruppi vulnerabili, offrono un valore predittivo limitato (Franklin et al., 2016).

Una nuova prospettiva per comprendere meglio i pensieri e i comportamenti suicidari negli uomini sta prendendo in considerazione il ruolo delle norme sociali e delle credenze legate alla mascolinità. Alcuni studi recenti hanno infatti dimostrato che il conformarsi a queste norme maschili può aumentare il rischio di sviluppare pensieri e comportamenti suicidari (Seidler et al., 2021).

Fattori di rischio per suicidio

I disturbi psichici, in particolare quelli di tipo depressivo, sono tra i principali fattori di rischio per il suicidio. Si stima che circa il 90% delle persone morte per suicidio avesse una diagnosi di disturbo psichiatrico al momento del decesso. Tra questi,  i disturbi dell’umore, come la depressione, risultano essere quelli più strettamente associati al suicidio (Pompili et al., 2013). 

Un altro fattore di rischio ben noto per il suicidio è l’ideazione suicidaria. Tuttavia, è un fenomeno complesso e variabile, che non segue un percorso lineare e può essere instabile nel tempo, con fluttuazioni significative anche in brevi periodi. Inoltre, non tutte le persone che sviluppano pensieri suicidari li comunicano, e gli uomini, in particolare, tendono a nascondere o a minimizzare i loro pensieri suicidari quando si rivolgono agli operatori sanitari (Oliffe et al., 2012). 

Considerando la natura instabile dell’ideazione suicidaria, alcuni ricercatori suggeriscono di focalizzarsi su costrutti più duraturi, come le convinzioni suicidarie. Le convinzioni suicidarie si riferiscono alle percezioni distorte che un individuo ha di sé, che possono alimentare i pensieri suicidari, come il sentirsi un peso per gli altri o la sensazione di essere intrappolati in una situazione senza via di uscita (Eggenberger et al., 2024). 

Studi recenti suggeriscono però che questi fattori non offrono una spiegazione completa del suicidio, specialmente in ambito maschile (Chan et al., 2016). Il comportamento suicidario, infatti, è fortemente influenzato dal contesto in cui l’individuo vive, e ciò suggerisce la necessità di un cambiamento di paradigma.

Un nuovo fattore di rischio

Le norme di mascolinità, spesso definite ideologie tradizionali della mascolinità, rappresentano convinzioni culturali su come gli uomini dovrebbero essere e comportarsi. Queste convinzioni, radicate in una visione patriarcale della società, enfatizzano caratteristiche come la forza fisica, il controllo emotivo e l’evitamento di comportamenti stereotipicamente ritenuti femminili, come l’espressione di vulnerabilità (Mahalik et al., 2003). La visione di un uomo stoico e invulnerabile entra in conflitto con l’esperienza di sintomi depressivi, come tristezza o bassa autostima, e molti uomini tendono a nascondere questi sintomi attraverso comportamenti esternalizzanti, come rabbia o abuso di sostanze, che sono associati a un rischio maggiore di suicidio (Addis, 2008).

Un altro aspetto fondamentale delle ideologie tradizionali della mascolinità è che esse scoraggiano la ricerca di aiuto. Gli uomini che aderiscono fortemente alle norme di mascolinità infatti sono meno propensi a chiedere aiuto per problemi psicologici, aumentando così il rischio di comportamenti suicidari (Oliffe et al., 2012).

Infine, alcuni studi suggeriscono che gli uomini che aderiscono fortemente alle ideologie tradizionali della mascolinità, possano vedere il suicidio come una via per riprendere il controllo. In tal senso, il suicidio viene percepito come un atto “maschile” di liberazione, una risposta estrema alla sensazione di essere intrappolati (Tryggvadottir et al., 2019).

Lo studio di Eggenberger e colleghi (2024)

Eggenberger e collabortori (2024) hanno condotto uno studio con l’obiettivo di  esaminare il rischio di suicidio negli uomini analizzando la relazione tra conformità alle norme di mascolinità, depressione, ricerca di aiuto, comportamenti suicidari e credenze suicidarie. Attraverso un sondaggio online, sono stati identificati tre profili distinti.

Il primo profilo, chiamato “stoico” (circa il 25% del campione), si caratterizza per una forte conformità alle norme di mascolinità come il controllo emotivo, l’autosufficienza e l’assunzione di rischi. Gli uomini in questo gruppo hanno mostrato un rischio due volte maggiore di tentativi di suicidio rispetto agli altri gruppi. In particolare, gli “stoici” tendono a somatizzare i sintomi depressivi e a evitare l’espressione di vulnerabilità emotiva, comportandosi spesso in modo rischioso.

Il secondo profilo, chiamato “giocatori”, si distingue per una forte adesione a credenze patriarcali, sessiste e orientate al potere e alla dominanza, con una maggiore approvazione della promiscuità sessuale. Nonostante anch’essi presentino sintomi depressivi esternalizzanti, non hanno mostrato un aumento del rischio suicidario, né convinzioni suicidarie più forti. 

Il terzo profilo, quello degli “egualitari”, include uomini che tendono ad avere atteggiamenti più aperti verso la vulnerabilità emotiva e la ricerca di aiuto. Questo gruppo ha mostrato il rischio più basso di suicidio e ha una predisposizione maggiore a cercare supporto psicoterapeutico.

I risultati suggeriscono che il profilo “stoico” è particolarmente vulnerabile a comportamenti suicidari a causa della combinazione di emotività restrittiva, autosufficienza e sintomi depressivi mascherati. Gli uomini in questo gruppo, pur vivendo un forte disagio psicologico, sono meno inclini a cercare aiuto e spesso non ricevono il trattamento necessario. 

Prospettive future

Le informazioni e i dati riportati evidenziano chiaramente la necessità di considerare le norme culturali e di genere come fattori centrali negli interventi di prevenzione del suicidio. La promozione di programmi che incoraggiano l’espressione emotiva, la ricerca di aiuto e l’adozione di modelli di mascolinità più inclusivi e flessibili, potrebbe essere cruciale per ridurre il rischio di suicidio tra gli uomini, in particolare quelli che aderiscono fortemente alle norme di mascolinità. Inoltre, è fondamentale proseguire con ulteriori ricerche, includendo una varietà di contesti culturali e sociali, per confermare e generalizzare i risultati e per sviluppare strategie di intervento più efficaci per tutta la popolazione maschile.

Riferimenti Bibliografici
  • WHO, World health statistics 2021: monitoring health for the SDGs, sustainable development goals
  • Z.E. Seidler, A.J. Dawes, S.M. Rice, J.L. Oliffe, H.M. Dhillon, The role of masculinity in men’s help-seeking for depression: a systematic review, Clin. Psychol. Rev. 49 (2016) 106–118.
  • J.C. Franklin, J.D. Ribeiro, K.R. Fox, K.H. Bentley, E.M. Kleiman, X. Huang, et al., Risk factors for suicidal thoughts and behaviors, A Meta-Analysis of 50 Years of Research (2016).
  • Z.E. Seidler, M.J. Wilson, J.L. Oliffe, D. Kealy, N. Toogood, J.S. Ogrodniczuk, et al., “Eventually, I admitted, ‘I cannot do this alone’”: exploring experiences of suicidality and help-seeking drivers among Australian men, Frontiers in Sociology 6 (2021) 727069. 
  • Pompili, M., Gonda, X., Serafini, G., Innamorati, M., Sher, L., Amore, M., Rihmer, Z., & Girardi, P. (2013). Epidemiology of suicide in bipolar disorders: a systematic review of the literature. Bipolar disorders, 15(5), 457–490. 
  • J.L. Oliffe, J.S. Ogrodniczuk, J.L. Bottorff, J.L. Johnson, K. Hoyak, “You feel like you can’t live anymore”: suicide from the perspectives of Canadian men who experience depression, Soc. Sci. Med. 74 (2012) 506–514.
  • Chan, M. K., Bhatti, H., Meader, N., Stockton, S., Evans, J., O’Connor, R. C., Kapur, N., & Kendall, T. (2016). Predicting suicide following self-harm: systematic review of risk factors and risk scales. The British journal of psychiatry : the journal of mental science, 209(4), 277–283. 
  • J.R. Mahalik, B.D. Locke, L.H. Ludlow, M.A. Diemer, R.P.J. Scott, M. Gottfried, et al., Development of the conformity to masculine norms inventory, Psychol. Men Masc. 4 (2003) 3–25. 
  • M.E. Addis, Gender and depression in men, Clin. Psychol. Sci. Pract. 15 (2008) 153–168.
  • E.D.V. Tryggvadottir, S. Sigurdardottir, S. Halldorsdottir, ‘The self-destruction force is so strong’: male survivors’ experience of suicidal thoughts following sexual violence, Scand. J. Caring Sci. 33 (2019) 995–1005. 
  • Eggenberger, L., Spangenberg, L., Genuchi, M. C., & Walther, A. (2024). Men’s Suicidal thoughts and behaviors and conformity to masculine norms: A person-centered, latent profile approach. Heliyon, 10(20), e39094. 
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