Obesità: dati epidemiologici
La prevalenza mondiale dell’obesità è quasi triplicata negli ultimi 30 anni. Nel biennio 2020-2021, in Italia circa 1 adulto su 2 era in condizione di eccesso ponderale, di cui il 33% in sovrappeso e il 10% obeso. Il primato per la prevalenza di abitanti in eccesso ponderale spetta alla regione Campania, seguita da Puglia, Sicilia e Basilicata; ultima la Valle d’Aosta (Masocco et al., 2023).
Obesità e stigma sociale
L’obesità non comporta solo conseguenze di tipo sanitario: all’aumento del rischio di patologie cardiovascolari, diabete, disfunzioni sessuali, disturbi muscoloscheletrici e oncologici (Bray et al., 2018; Keum et al., 2015; Maiorino et al., 2018; Molina et al., 2021), si accompagna infatti una varietà di stereotipi basati sul peso. Tali stereotipi etichettano gli individui in sovrappeso e obesi come pigri, avolitivi, poco intelligenti, privi di autodisciplina, con scarsa forza di volontà e incapaci di sottoporsi con costanza ad adeguato trattamento per la perdita di peso (Puhl, Brownell, 2006; Brownell et al., 2005).
Si tratta di stereotipi in grado di alimentare fenomeni di stigmatizzazione, pregiudizio e discriminazione sociale nei confronti delle persone con obesità in ambiti della vita, come lavoro, strutture sanitarie, istituzioni educative, mass media e relazioni interpersonali più intime (Puhl, Heuer, 2010).
Stime effettuate negli USA nel 2008 suggerivano che la prevalenza della discriminazione incentrata sul peso fosse aumentata del 66% nei precedenti dieci anni, raggiungendo livelli paragonabili ai tassi di diffusione della discriminazione razziale (Andreyeva et al., 2008; Puhl et al., 2008).
Al contrario, stereotipi riguardanti la magrezza associano un corpo snello a uno status sociale più elevato e a migliori condizioni di benessere (StrutzSreetharan, 2021; Mentha et al., 2022).
Al centro degli stereotipi sul peso vi è l’idea, veicolata prepotentemente anche dai media, che l’obesità sia una questione di mera responsabilità personale, e che pertanto sia la causa che la soluzione dell’obesità risiedano nelle scelte compiute liberamente dall’individuo.
Questo tipo di messaggio, difatti, giustifica e rinforza lo stigma come una risposta sociale accettabile, messa in atto per “motivare” gli individui obesi alla perdita di peso (Bonfiglioli et al., 2007; Puhl, Schwartz, 2003; Crandall et al., 2001).
Perdita di peso e stigma sociale
Anche la perdita di peso rappresenta una “questione sociale” ed è sottoposta a stereotipi e pregiudizi inerenti la modalità con cui si ottiene il dimagrimento.
Se essere grassi è sinonimo di pigrizia e carenza di autodisciplina, lo è anche fare ricorso a interventi chirurgici per perdere peso. Lo stereotipo secondo cui i risultati positivi nella vita e il successo personale possono essere ottenuti solo grazie allo sforzo e all’auto-sacrificio, penalizza coloro che ricorrono alla chirurgia bariatrica, giudicandoli “non meritevoli” della perdita di peso conseguita.
Un esempio? In un sondaggio di Trainer et al. (2021) rivolto a 300 pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica negli USA, è emerso che più della metà dei partecipanti aveva informato solo i familiari più intimi del proprio intervento, temendo di ricevere giudizi negativi dalla cerchia meno ristretta di parenti e conoscenti.
Inoltre, tra coloro che avevano condiviso apertamente il loro ricorso all’intervento chirurgico, al 90% è stato detto da almeno una persona nei loro social network che stavano “barando” per perdere peso: sono stati accusati di “non meritare” il calo ponderale, in quanto l’intervento chirurgico rappresentava una scorciatoia per evitare di lavorare duramente e imporsi sufficiente auto-disciplina. Queste persone avevano perso peso fisico, ma portavano ancora il “peso” di essere etichettate come pigre e indisciplinate, con effetti psicologici a cascata come reazioni emotive di stress, rabbia, frustrazione, in grado a loro volta di innescare problemi a livello emotivo, di digestione, sistema immunitario e condotte di alimentazione incontrollata (Raves et al., 2016). Stress e disagio psichico derivanti dallo stigma sociale sulla perdita di peso possono inficiare dunque il mantenimento del calo ponderale e la gestione della dieta stessa.
Farmaci anti-obesità e stigma sociale
L’idea che dieta ferrea e strenuo esercizio fisico siano il modo socialmente più accettabile e moralmente “migliore” per perdere peso potrebbe stigmatizzare anche le persone che assumono farmaci anti-obesità (Brewis, Trainer, 2024).
L’approvazione da parte della Food and Drug Administration statunitense di due farmaci, Ozempic e Wegovy, ha rivoluzionato le opzioni di cura per l’obesità. Entrambi i farmaci sono prodotti dalla stessa azienda e contengono lo stesso principio attivo, il semaglutide; tuttavia, il primo è stato sviluppato per il trattamento del diabete di tipo 2 negli adulti, ma presenta un effetto collaterale, la perdita di peso, che contribuisce ad abbassare glicemia e pressione sanguigna e a ridurre la necessità di altri farmaci per il diabete. Wegovy, invece, è stato brevettato appositamente per la gestione cronica del peso.
A seguito dell’approvazione di Ozempic e Wegovy, le prescrizioni off label, ovvero per una finalità di utilizzo diversa da quella autorizzata, hanno subito una forte impennata (Shmerling, 2023). Le vendite sono salite vertiginosamente in tutto il 2023, con un incremento sensazionale nel commercio di farmaci anti-obesità del 157% a livello globale (RADIOCOR, 2023). A contribuire a tale fenomeno è stata anche l’iniziativa di molte star cinematografiche e celebrities del jet set di condividere sui social media la loro assunzione di farmaci anti-obesità e le loro brillanti esperienze di perdita di peso. Alcuni nomi? Oprah Winfrey, Elon Musk, Jenny McCarthy, Mark Wahlberg e tanti altri.
La commercializzazione virale ha prodotto una riduzione delle scorte di Wegovy, inducendo molte persone a dirottare su Ozempic per una perdita di peso. Ciò ha contribuito a una carenza di tale farmaco, minacciando la salute delle persone affette da diabete di tipo 2. Per arginare i problemi di approvvigionamento, alcuni Paesi stanno introducendo norme più stringenti per la prescrizione di Ozempic a persone non diabetiche (Therapeutic Goods Administration, 2023).
L’improvvisa popolarità di questi farmaci è stata accompagnata da notizie, articoli di opinione e critiche sui social media che mettono in dubbio la sicurezza, l’efficacia e il costo dei trattamenti (Northrop, Laster, 2024). Non solo: ha anche innescato una reazione contro i consumatori, la cosiddetta “Ozempic shame“, in cui affrontano stigma e commenti negativi online e di persona per aver assunto questi farmaci invece di fare affidamento sulla dieta e sull’esercizio fisico. L’aver contribuito alla carenza di Ozempic per i pazienti diabetici, incide ulteriormente sulla pervasività di questo nuovo tipo di stigma sociale, creando una preoccupante tendenza rilevata ormai da varie agenzie di comunicazione (tra cui CBS News, Columbia University Irving Medical Center e The New York Times).
Il successo dei farmaci dimagranti non rappresenta solo una soluzione a un problema medico, ma è anche una risposta alla paura e all’ansia profondamente radicate in molte persone con obesità di essere etichettate dagli altri. Lo stigma sociale può influenzare la decisione di utilizzare farmaci dimagranti con lo scopo di migliorare la propria qualità di vita a livello sanitario e psicologico e sentirsi accettati: occorre che aziende farmaceutiche e politiche sanitarie ne tengano conto per promuovere scelte consapevoli e informate e tutelare il diritto alla salute di ogni individuo.