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Le fiabe come mezzo per l’elaborazione dell’esperienza e strumento di crescita in terapia

Le fiabe, e in generale le storie, sono importanti strumenti in terapia per affrontare eventi negativi che provocano sofferenza

Di Alessandro Salvadori

Pubblicato il 21 Mar. 2024

Le origini delle fiabe

Fiabe ed esseri umani hanno un legame ancestrale (Jung, 1964; Von Franz, 1982). Popoli di ogni cultura ed epoca raccontano storie, il cui fine, molto spesso, non è il mero intrattenimento. Che sia intorno a un fuoco, in una classe scolastica o in un teatro, la storia viene raccontata con l’intento di lasciare messaggi profondi e significativi. I personaggi, gli eventi e le sfide narrate possono richiamare aspetti della nostra esistenza, dalla quotidianità agli avvenimenti più singolari e che spesso caratterizzano una particolare fase di vita o un passaggio da uno stadio a un altro dello sviluppo. Ciò aiuta nell’elaborazione dell’esperienza, nonché nella formazione e definizione della propria identità. In questo contesto, assumono un ruolo particolarmente significativo le fiabe (Golden et al., 2021; Ruini et al., 2014). Inoltre, la loro importanza risiede anche nel fatto di racchiudere simboli e temi universali (Jung, 1964; Von Franz, 1982).

Le fiabe nella psicologia

La narrazione di storie è presente all’interno della psicologia da molto tempo (Holmes, 2000). Uno dei principali orientamenti che ha affrontato questo tema è l’orientamento psicodinamico. Tra gli appartenenti a questo ramo della psicologia e che hanno maggiormente contribuito nello studio di tale tematica, troviamo Carl Gustav Jung e in particolare la sua teoria degli archetipi e dell’inconscio collettivo. Secondo Jung, accanto all’inconscio individuale, esiste una dimensione dell’inconscio che collega esseri umani da tutto il mondo e con i propri antenati: l’inconscio collettivo. L’analista svizzero, come menzionato in precedenza, riteneva che esistessero simboli e temi universali che tendono a ripresentarsi nei miti, leggende, religioni, riti, arte e fiabe dei popoli di varie culture ed epoche storiche. Tali motivi e tematiche, sono espressione degli archetipi presenti nell’inconscio collettivo (Jung 1964; Ruini et al., 2014).

Inoltre, per quanto riguarda le fiabe, ha assunto un ruolo significativo Marie-Louise Von Franz, una delle allieve più importanti di Jung. La psicoanalista, connazionale del maestro, approfondì il tema delle fiabe, cercando di darne un’interpretazione in un’ottica junghiana, provando a spiegare i simboli presenti in alcune fiabe della letteratura mondiale, attraverso la teoria degli archetipi (Von Franz, 1982).

Tuttavia, l’interesse verso le fiabe non è presente solamente all’interno della psicodinamica. Tra i vari orientamenti che si sono interessati a questa peculiare tipologia di narrazione, vi sono anche degli approcci cognitivo-comportamentali come l’Acceptance and Commitment Therapy ([ACT], Hayes et al., 2012), la Dialectical Behaviour Therapy ([DBT], Linehan 1993ab, 2015), la Mindfulness Based Cognitive Therapy ([MBCT], Segal et al. 2002) e la Rational Emotive Behavior Therapy ([REBT], Ellis & Dryden 2007).    

In questo tipo di approcci terapeutici, ciò che sembra significativo, è l’uso delle fiabe per portare le persone ad accettare ciò che nella vita non può essere cambiato e lavorare, invece, su ciò su cui il paziente può intervenire, favorendo lo sviluppo della resilienza emotiva (Golden et al., 2021).

Perché è importante considerare le fiabe?

Le storie mostrano paure, speranze e condizioni tipiche dell’essere umano e ciò permette al lettore o all’ascoltatore di identificarsi in alcuni personaggi e vicende raccontate. È proprio su quest’ultimo aspetto che diverse psicoterapie si basano per portare il paziente ad avvicinarsi, riflettere e comprendere meglio la propria esperienza o condizione, al fine di acquisire maggiore consapevolezza rispetto a quanto non può essere cambiato e trovare nuove modalità per far fronte al problema che crea sofferenza (Golden et al., 2021).

Normalmente, nelle fiabe, il percorso che il protagonista o l’eroe deve percorrere per arrivare al suo obiettivo è lungo e tortuoso. La meta del personaggio principale (o dei personaggi principali) può essere di vario genere, anche se, solitamente riguarda un’evoluzione del protagonista in termini di dinamiche relazionali ed affettive, posizione e ruolo sociale (ad esempio diventare re o regina, trovare un tesoro, sposare il principe o la principessa). In breve, qualunque sia la meta che deve raggiungere il protagonista, questa implica, tipicamente, una serie di sfide per poterla raggiungere. 

Tali dinamiche, comuni nelle fiabe, sono presenti anche nella vita quotidiana: il drago (o in generale l’antagonista) può rappresentare una piccola sfida quotidiana da superare, ma anche sfide più significative legate allo sviluppo dell’individuo, come nelle fasi di passaggio da un’età all’altra, per esempio, l’adolescenza (Golden et al., 2021; Von Franz, 1982).

Inoltre, le fiabe insegnano come raggiungere alcuni obiettivi, superando una condizione di malessere in cui il protagonista spesso si trova (ad esempio, sono diversi i personaggi che hanno perso i genitori, quali Biancaneve e Cenerentola). Per poter uscire da tali condizioni, il protagonista agisce su ciò che può controllare. È proprio su questi ultimi aspetti che psicoterapie come l’ACT, la DBT e la MBCT lavorano con le persone, utilizzando le fiabe come mezzo per riflettere sull’esperienza e su come anche i pazienti, in modo del tutto simile ai protagonisti di questi racconti, possano trovare nuove modalità per affrontare i loro problemi, al fine di vincere il malessere che sperimentano (Golden et al., 2021).

In uno studio (Golden et al., 2021) vengono riportati esempi di storie usate in terapia. Una tra queste è comunemente adottata per aiutare i pazienti a valutare ed elaborare gli eventi vissuti in una maniera maggiormente funzionale: si tratta di un antico racconto popolare che ha come protagonista un contadino cinese, dal titolo “Forse sì, forse no”

La trama verte su avvenimenti che capitano al contadino e alla sua famiglia. Ad ogni evento, i vicini prontamente commentano l’accaduto, esclamando “che fortuna” o “che terribile sfortuna” a seconda di come valutavano nell’immediato l’evento. L’agricoltore, più saggio dei suoi vicini, risponde a tali esclamazioni “forse sì, forse no”. Nel corso del racconto, emerge come una situazione apparentemente negativa possa portare nel tempo a esiti positivi: ad esempio, il figlio del protagonista cade da cavallo e si rompe una gamba; qualche giorno dopo i soldati dell’esercito nazionale vengono in città per reclutare tutti i ragazzi ma non possono prendere il giovane per via della ferita. Al contrario, una situazione apparentemente positiva può celare esiti sfavorevoli: un cavallo scappato dalla stalla è successivamente tornato con altri cavalli, ma sarà proprio uno di questi a disarcionare il figlio del contadino, provocando in tal modo la rottura della gamba. 

Tale tipologia di racconto viene usata in terapia con i pazienti che tendono a valutare gli eventi della propria vita in maniera totalmente positiva o totalmente negativa. Niente è realmente solo “bianco o nero”: Chödrön (2000) ricorda come spesso anche eventi in apparenza solo negativi possono celare risvolti “formativi” in grado di  farci crescere; per l’autore, il vero problema è quando non ci piace qualche aspetto della realtà o della nostra vita, vogliamo solamente che finisca il prima possibile, ma in tal modo non si affronteranno mai gli ostacoli che la vita ci pone e, pertanto, ogni sfida irrisolta  tenderà a ripresentarsi. 

Fiabe e trauma

Tra le condizioni per cui le fiabe vengono utilizzate in terapia, troviamo il trauma (Golden et al., 2021).

In particolare, è stato sviluppato da Greenwald (2013) il Fairy Tale Model (FTM). In questo modello, ogni fase della storia che viene creata in terapia, corrisponde a una delle fasi del trattamento. Questo tipo di attività terapeutica permette di portare il paziente ad elaborare e accettare l’esperienza traumatica e, al contempo, proiettarlo verso il futuro, individuando modalità per cambiare e raggiungere obiettivi importanti per la persona. Quando l’accettazione e il cambiamento sono compresenti, si creano le condizioni per la guarigione, lo sviluppo della resilienza e in generale un maggior benessere della persona, nonché la possibilità di dare senso alla propria vita (Golden et al., 2021).

Pertanto, le fiabe, e in generale le storie, sono importanti strumenti per affrontare eventi negativi che provocano sofferenze, come ad esempio molestie e traumi. Interessante, a tal proposito, è il fenomeno in cui diversi psicologi e psicoterapeuti abbiano iniziato a scrivere storie che rispecchino aneddoti e problematiche portati in seduta dai loro pazienti (Brandt, 1983).

La creazione di fiabe in gruppo e i suoi effetti psicologici

Un caso peculiare riguarda lo studio di Chiara Ruini e colleghi (2014). Nella loro ricerca, 21 donne con una diagnosi di disturbo dell’adattamento sono state inserite in sette sessioni da due ore ciascuna: nelle prime cinque sessioni veniva loro letta una storia e discussa in gruppo, mentre nelle ultime due erano loro stesse, insieme, a creare delle storie, sulla base della struttura narrativa delle fiabe. Al termine di questo intervento, le partecipanti avevano mostrato una crescita personale e nell’accettazione di loro stesse, nonché un decremento dei livelli di ansia; inoltre, sono stati riscontrati miglioramenti anche nella dimensione dell’apprezzamento della vita e del riconoscimento di qualità personali, tra cui la consapevolezza dei propri aspetti positivi e l’accettazione di eventi o difficoltà (Ruini et al., 2014).

Ciò che risulta terapeutico, è il lavoro di gruppo nel creare insieme delle storie, in quanto tale attività permette di sviluppare creatività e coesione di gruppo (Ruini et al., 2014; Margherita et al., 2014). 

In un ulteriore studio (Margherita et al., 2014), i ricercatori hanno indagato gli effetti psicologici della creazione di storie in un gruppo di bambini con malattie onco-ematologiche. Queste condizioni mediche risultano associate nei bambini allo sviluppo di ansia, mancanza di creatività e di autonomia nonché dolore, isolamento, disagio emotivo e paura della morte (Clarke, 2006; Hill et al. 2009; Noll & Kazak 2004; Ferrandis et al., 2008)

Ciò che è emerso è come la co-costruzione di fiabe permetta ai bambini di elaborare in maniera maggiormente efficace la loro condizione (la cui spiegazione ai piccoli pazienti, da parte dei medici e genitori, risulta essere spesso difficile) e, pertanto, ricercare il significato della loro malattia attraverso la fantasia. Il gruppo, oltre ad aiutare a sviluppare la creatività, permette di creare legami tra i bambini. Inoltre, dalle fiabe co-create, si evidenzia come anche i familiari siano pienamente coinvolti nella malattia, attraverso una serie di personaggi che richiamano la composizione del nucleo familiare (Margherita et al., 2014).

In conclusione, nelle diverse civiltà umane, le fiabe hanno da sempre svolto un ruolo psicoeducativo, aiutando ad interpretare la realtà e incoraggiando ad affrontare le difficoltà della vita, nonché uno strumento per crescere e diventare adulti. Infatti, non è un caso che questo tipo di racconti fossero principalmente rivolti a bambini, giovani adulti e adolescenti, e coloro che raccontavano le fiabe erano i membri più anziani e rispettati della comunità, i quali trasmettevano la propria conoscenza e saggezza (maturata grazie alle loro esperienze di vita) tramite questo tipo di storie. Oggigiorno, le fiabe in ambito clinico, sia che vengano lette, sia che vengano prodotte, permettono al paziente di riflettere e comprendere la realtà e l’esperienza, favorendo l’accettazione di ciò che non può essere modificato e, al contempo, lavorare su ciò che può essere modificabile per ottenere ciò che si desidera: il benessere proprio e altrui.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brandt L. M. (1983). The fairy tale as paradigm of the separation-individuation crisis: implications for treatment of the borderline adolescent. Adolescent psychiatry11, 75–91. 
  • Chödrön, P. (2000). When Things Fall Apart: Heart Advice for Difficult Times. Shambhala.
  • Clarke, J. N. (2006). Mother’s home healthcare. Cancer Nursing, 29(1), 58–65. 
  • Ellis A & Dryden W: The practice of Rational Emotive Behaviour Therapy. Springer Publishing (2nd ed.), 2007
  • Ferrandis, E. D., Vaillo, Y. A., Garrido, M. J. G., Lopez, S. H. & Soler, C. L. (2008) General distress, posttraumatic stress symptoms, and coping strategies in parents of children with cancer. Temas em Psicologia, 16, 47–61.
  • Golden, A. J., Hančević Horvat, N., & Jakovljević, M. (2021). Acceptance and Change as Dialectic of Recovery: Examples of Storytelling, Fairy Tale and Psychopharmacotherapy as Therapeutic Modalities. Psychiatria Danubina33(Suppl 4), 1130–1139.
  • Greenwald, R. (2013). Progressive counting within a phase model of Trauma-Informed treatment. In Routledge eBooks
  • Hayes, S. C., Strosahl, K. D., & Wilson, K. G. (2012). Acceptance and commitment therapy: The process and practice of mindful change (2nd ed.). Guilford Press.
  • Hill, K., Higgins, A., Dempster, M., & McCarthy, A. (2009). Fathers’ views and understanding of their roles in families with a child with acute lymphoblastic leukaemia: an interpretative phenomenological analysis. Journal of health psychology14(8), 1268–1280.
  • Holmes, J. (2000). Narrative in psychiatry and psychotherapy: the evidence? The Journal of Medical Humanities, 26(2), 92–96. 
  • Jung, C. G. (1964). Man and his symbols. London (Aldus Books).
  • Linehan, M. M. (1993). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. Guilford Press.
  • Linehan, M. M. (2015). DBT® skills training manual (2nd ed.). Guilford Press.
  • Linehan, M. M. (1993). Skills training manual for treating borderline personality disorder. Guilford Press.
  • Margherita, G., Martino, M. L., Recano, F., & Camera, F. (2014). Invented fairy tales in groups with onco-haematological children. Child: care, health and development40(3), 426–434. 
  • Noll, R. B. & Kazak, A. E. (2004) Psychosocial care. In: Supportive Care of Children with Cancer (eds A. L. Altman & G. H. Reaman), pp. 337–353. John Hopkins University Press, London, UK and Baltimora, Italy
  • Ruini, C., Masoni, L., Ottolini, F., & Ferrari, S. (2014). Positive Narrative Group Psychotherapy: the use of traditional fairy tales to enhance psychological well-being and growth. Psychology of well-being4(1), 13.
  • Segal, Z. V., Williams, J. M. G., & Teasdale, J. D. (2002). Mindfulness-based cognitive therapy for depression: A new approach to preventing relapse. Guilford Press.
  • Von Franz, M. L. (1982) Interpretation of Fairy Tales. Spring Publications, Dallas, TX, US.
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