expand_lessAPRI WIDGET

Disturbo Evitante Restrittivo dell’Assunzione di Cibo (ARFID) e Disturbi dell’Immagine Corporea: quali connessioni?

Vi è una comorbidità o shift tra ARFID e disturbi dell’alimentazione con eccessiva valutazione di peso, forma del corpo e alimentazione?

Di Valentina Laura Zocchi

Pubblicato il 31 Gen. 2024

Aggiornato il 05 Feb. 2024 11:45

La classificazione dei Disturbi Alimentari

La quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico per i Disturbi Mentali (American Psychiatric Association, 2013), realizzata nel 2013, ha incluso una significativa revisione per quel che riguarda la sezione relativa ai Disturbi Alimentari

Nel DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994), erano specificati solo due tipi di disturbi, l’Anoressia Nervosa (AN) e la Bulimia Nervosa (BN). Nel DSM-5, la sezione relativa ai Disturbi Alimentari è stata rinominata “Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione” e, al suo interno, sono specificati tre Disturbi Alimentari, l’Anoressia Nervosa (AN), la Bulimia Nervosa (BN) e il Disturbo da Binge Eating (BED), e tre Disturbi della Nutrizione, la Pica, il Disturbo da Ruminazione (RD), e il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID). Gli ultimi tre erano parzialmente inclusi nel DSM-IV all’interno della sezione denominata “Disturbi generalmente diagnosticati nell’infanzia o nell’adolescenza”, nella successiva revisione sono invece stati inclusi specificatamente all’interno della sezione dei Disturbi dell’Alimentazione

I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo nell’alimentazione oppure da comportamenti inerenti l’alimentazione che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento di cibo che compromettono significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale (American Psychiatric Association, 2013).

I criteri diagnostici per il Disturbo da Ruminazione, il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo, l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa e il Disturbo da Binge Eating esitano in uno schema di classificazione reciprocamente esclusivo, di modo che durante un singolo episodio è possibile porre solamente una diagnosi. Il razionale di questo approccio è che, nonostante un certo numero di caratteristiche comportamentali e psicologiche siano comuni, i disturbi differiscono sostanzialmente per decorso clinico, esito e necessità di trattamento.

Il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID)

Il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID) è caratterizzato dall’evitamento o restrizione nell’assunzione di cibo e nell’assorbimento di un adeguato apporto calorico, e da un mancato interesse nell’alimentazione. Di seguito vengono riportati i criteri diagnostici (American Psychiatric Association, 2013):

A – Un’anomalia dell’alimentazione e della nutrizione (ad es. assenza di interesse per l’alimentazione o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo) che si manifesta attraverso una persistente incapacità di assumere un adeguato apporto nutrizionale e/o energetico associata con una o più delle seguenti:

  • Significativa perdita di peso o nei bambini incapacità a raggiungere il peso relativo allacrescita
  • Significativa carenza nutrizionale
  • Dipendenza dalla nutrizione enterale o da supplementi nutrizionali orali
  • Marcata interferenza col funzionamento psicosociale

B – Il disturbo non è connesso con la mancanza di cibo o associato a pratiche culturali.

C – Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di anoressia o bulimia nervosa e non vi è evidenza di anomalia nel modo in cui è percepito il peso e la forma del proprio corpo.

D – L’anomalia non è meglio attribuibile a una condizione medica o ad un altro disturbo mentale. Se il disturbo alimentare si manifesta nel corso di un altro disturbo, la sua importanza supera quella del disturbo di base e richiede attenzione clinica.

L’ARFID può esprimersi con motivazioni differenti e questo ha permesso di identificare tre diversi sottotipi: (i) il cibo viene evitato per un’apparente mancanza d’interesse per il mangiare o il cibo, si tratta di un disturbo emotivo di evitamento del cibo; (ii) l’evitamento del cibo è sensoriale, cioè l’evitamento del cibo è legato alle sue proprietà sensoriali: l’aspetto, il colore, l’odore, la consistenza, il gusto, la temperatura; (iii) l’evitamento del cibo è dovuto alla paura che mangiare possa avere conseguenze negative, come il non riuscire a deglutire e soffocarsi, il vomitare, dolori addominali e diarrea, reazioni allergiche. Anche nausea, reflusso e dolore addominale possono presentarsi in concomitanza del disturbo. 

L’immagine corporea nell’ARFID

L’ARFID si manifesta tendenzialmente durante la prima infanzia o l’infanzia e, come specificato nei criteri, non è tipicamente caratterizzato dalla presenza di insoddisfazione per l’immagine corporea. Per poter effettuare la diagnosi di ARFID, infatti, non deve esserci l’evidenza che l’evitamento del cibo sia la conseguenza della paura d’ingrassare e dell’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo (Bryant-Waugh, 2013).

Questo aspetto caratterizza e accomuna invece, secondo la “Teoria Transdiagnostica”, la categoria diagnostica dei Disturbi Dell’Alimentazione. La “Teoria transdiagnostica”, sviluppata in particolare da Christian Fairburn e colleghi presso l’Università di Oxford, colloca i disturbi dell’alimentazione in un’unica categoria diagnostica, piuttosto che concepirli come tre disturbi distinti e afferma che, per diagnosticare un disturbo dell’alimentazione, devono essere rilevati nell’individuo i seguenti elementi:

  • disturbi del comportamento alimentare e/o di comportamenti di controllo del peso e della forma del corpo per almeno tre mesi;
  • eccessiva valutazione del peso e/o della forma del corpo e/o del controllo dell’alimentazione;
  • danni alla salute fisica e al funzionamento psicosociale causati dai disturbi del comportamento alimentare e/o dai comportamenti di controllo del peso e della forma del corpo;
  • i disturbi del comportamento alimentare e/o i comportamenti di controllo del peso e della forma del corpo non devono essere secondari a qualsiasi condizione medica generale e psichiatrica conosciuta (Dalle Grave, 2018).

Secondo questa teoria, quindi, la maggior parte dei disturbi dell’alimentazione condivide lo stesso nucleo psicopatologico, vale a dire l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, ovvero la tendenza a giudicare il proprio valore personale in modo predominante ed esclusivo in termini di peso e forma del corpo. 

Oltre a questo, è fatto noto, grazie agli studi longitudinali, il verificarsi di frequente di una migrazione dei disturbi dell’alimentazione da una categoria diagnostica all’altra. Questo indica che i disturbi dell’alimentazione rappresentano una categoria diagnostica distinta e che le suddivisioni nelle tre categorie diagnostiche è probabilmente un artefatto della classificazione che non sempre esaustivamente riflette la realtà clinica (Dalle Grave, 2018).

Nonostante il criterio dell’insoddisfazione/preoccupazione per l’immagine corporea distingua quindi i disturbi dell’alimentazione dall’ARFID, l’insoddisfazione per l’immagine corporea, anche tra i bambini in età scolare, è comune. Gli studi hanno evidenziato che circa la metà delle ragazze di età compresa tra 9 e 12 anni vorrebbe essere più magra (Clark & Tiggemann, 2006) e altri studi effettuati su campioni non clinici di adolescenti di sesso femminile, hanno dimostrato la presenza di problemi di peso e forma del corpo (White et al, 2014). Inoltre, l’alimentazione selettiva può spesso portare a diminuzione di peso, qualora il soggetto mantenga un’alimentazione nutrizionalmente scarsa, (Schöffel et al., 2020) e potrebbe così instaurarsi una sorta di identificazione con la magrezza o, al contrario, aumenti di peso (Liya et al., 2021), qualora la persona si ritrovi ad attingere prevalentemente a cibi molto densi a livello energetico, e creare difficoltà di accettazione o preoccupazione per la propria immagine corporea. I bambini con alimentazione selettiva, infatti, spesso limitano la loro alimentazione ad una gamma ristretta di cibi preferiti, rifiutandosi di mangiare altri cibi conosciuti o di assaggiarne di nuovi. Mangiano dunque, circa cinque o sei cibi differenti, spesso carboidrati come pane, patate fritte o biscotti (Mancioppi, 2019). 

Potrebbe essere quindi utile considerare la possibilità di una comorbidità o shift diagnostico tra ARFID e disturbi dell’alimentazione con eccessiva valutazione di peso, forma del corpo e controllo dell’alimentazione. Molti autori hanno evidenziato una correlazione tra l’insorgenza in età infantile dei disturbi dell’alimentazione e successive difficoltà in età più avanzata. Marchi e Cohen (1990) sottolineano la correlazione tra alimentazione selettiva nella prima infanzia e anoressia nervosa in adolescenza. Inoltre, Kloter et al. (2001) associano comportamenti di rifiuto o avversione verso il cibo con lo sviluppo di disordini alimentari in età adulta. Nonostante queste conferme, gli studi sulla correlazione tra ARFID e sviluppo di disagio per l’immagine corporea sono limitati.

Un caso clinico di ARFID

A questo proposito, alcuni dati interessanti sono stati forniti da Barney e colleghi (2020). Il loro articolo descrive il caso di una bambina di 9 anni con malnutrizione e sintomi cronici compatibili con una diagnosi di ARFID. Oltre a questo, mostrava un atteggiamento positivo nei confronti delle sue “piccole dimensioni”, così come il desiderio di mantenere la magrezza. Gli autori notano che, sebbene i criteri diagnostici per l’ARFID escludano la presenza di disagio per il ​​proprio peso o la forma corporea, data l’elevata prevalenza in bambini e adolescenti di preoccupazioni relative al peso e alla forma del corpo, questo requisito potrebbe dover essere rivisto o comunque preso in considerazione da caso a caso. 

La paziente descritta era una bambina di 9 anni ricoverata in un servizio di medicina ospedaliera pediatrica con un quadro di malnutrizione e diversi problemi medici associati. Dopo aver escluso altre cause organiche, la malnutrizione e il sottopeso sono stati connessi solo all’assunzione inadeguata di cibo.

La paziente mostrava le tre caratteristiche dell’ARFID a vari livelli. Sua madre notò per la prima volta un’alimentazione particolarmente schizzinosa all’età di 2 anni, che peggiorò ulteriormente nel tempo. All’inizio dell’età scolare la paziente mangiava esclusivamente cibi specifici, limitati a popcorn, purè di patate, patatine fritte e zuppa di ramen. Inoltre, per ognuno di questi c’erano solo una o due marche specifiche che era disposta a mangiare. La paziente si mostrava visibilmente angosciata quando le veniva presentato un nuovo cibo da provare, affermando: “ho paura che non mi piacerà e lo sputerò”. Riferiva di non riuscire a provare cibi nuovi a causa di odori, gusto o consistenze specifiche. Riportava anche il timore di vomitare o di avere una reazione allergica agli alimenti, nonostante questi eventi non si fossero mai verificati. Mostrava inoltre uno scarso appetito e affermava spesso che “semplicemente non era interessata al cibo”. La madre ha raccontato che la paziente necessitava di promemoria per mangiare e, a scuola, gli insegnanti dovevano supervisionare il suo pranzo e incoraggiarla a mangiare. 

Sia la paziente che sua madre hanno descritto questi sintomi come compromettenti il ​​funzionamento quotidiano, inclusa la limitazione delle opportunità sociali con i coetanei e la limitazione della partecipazione della paziente a situazioni familiari.

La madre, in sede di valutazione, ha comunicato la presenza di commenti da parte della paziente riguardo alla sua immagine corporea. Ad esempio, guardando una partita di calcio in televisione, esclamò che voleva assomigliare alle cheerleader. Interrogata sul tema, la paziente ha affermato che le piaceva essere piccola, e che le erano stati rivolti commenti positivi rispetto a ciò sia dai coetanei che da altri adulti al di fuori della famiglia. Ha anche citato YouTube come fonte di conferma del suo atteggiamento positivo nei confronti della magrezza. Nonostante questi aspetti, è stato rilevato (attraverso l’osservazione durante il ricovero e il resoconto della madre) che le preoccupazioni sensoriali, il basso impulso appetitivo e, a volte, la paura del vomito/reazioni allergiche erano legati alle difficoltà alimentari, piuttosto che delle restrizioni mirate alla perdita di peso. La paziente e sua madre hanno infine negato comportamenti di evitamento o check della forma del corpo, o qualsiasi comportamento compensatorio mirato al peso o alla forma come l’esercizio fisico eccessivo. 

La paziente è stata valutata utilizzando la versione per genitori del Questionario sui disturbi alimentari dei giovani (P-EDY-Q) (Hilbert & van Dyck, 2022) e il Questionario per l’esame dei disturbi alimentari dei genitori (PEDE Q) (Fairburn & Beglin, 2008). I risultati hanno confermato la sintomatologia ARFID ed evidenziato la mancanza di prove che le preoccupazioni sull’immagine corporea motivassero il suo limitato apporto nutrizionale. Alla fine, alla paziente è stata quindi assegnata diagnosi di ARFID.

Dopo la dimissione, la paziente è stata trattata in regime ambulatoriale da un team interdisciplinare specializzato in disturbi alimentari. Durante questo periodo, la paziente ha mostrato una risposta positiva alle cure e la sintomatologia è andata in remissione.

Nonostante, in questo specifico caso, le preoccupazioni per l’immagine corporea non abbiano costituito un deterrente per le cure, gli autori sottolineano l’importanza, per quanto riguarda la diagnosi di ARFID, di considerare il contesto socio-culturale di appartenenza, dove la pervasività dell’ideale di magrezza può essere presente già nei bambini in età scolare, oltre all’ARFID. I curanti, quindi, dovrebbero considerare l’elevata prevalenza di insoddisfazione corporea nella popolazione generale per valutare se queste preoccupazioni possano precludere una diagnosi di ARFID.

Inoltre, questo caso suggerisce che le piccole dimensioni corporee secondarie all’ARFID possono essere rafforzate dai feedback sociali o incorporate nella propria identità. 

Impostare il trattamento per l’ARFID

Sebbene questi problemi debbano essere presi in considerazione e i pazienti debbano essere monitorati per quanto riguarda la possibilità di sviluppare sintomi di altri disturbi alimentari come l’Anoressia Nervosa, non è sempre buona pratica limitare il trattamento all’ARFID. Uno studio molto recente ha infatti evidenziato come ogni paziente affetto da ARFID presenti un insieme unico di fattori medici, nutrizionali e psicologici che richiedono un approccio individualizzato e multidisciplinare nella gestione di questo disturbo, che costituisce una diagnosi difficile da trattare (Fisher et al., 2023). 

Sono quindi necessarie ulteriori ricerche per comprendere il rischio di sviluppo di altri comportamenti alimentari disordinati, in particolare per quanto riguarda i disturbi dell’immagine corporea, tra i pazienti a cui viene diagnosticato l’ARFID (Barney et al., 2022). 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Selettivita alimentare in eta pediatrica - Podcast State of Mind
Selettività alimentare in età pediatrica – Podcast State of Mind

È online l'episodio 'Mio figlio non mangia niente! Selettività alimentare in età pediatrica', realizzato con Cliniche Italiane di Psicoterapia

ARTICOLI CORRELATI
Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID): perché qualcuno lo sviluppa?

Un approfondimento relativo ai fattori scatenanti il disturbo evitante/restrittivo dell'assunzione di cibo (ARFID)

Disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo: family based treatment
Il Family Based Treatment (FBT) per il Disturbo Evitante-Restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID)

Il Family-Based Treatment per l'ARFID mantiene i presupposti teorici delle forme originarie di FBT, ma differisce per alcuni aspetti tecnici specifici

cancel