Le tecniche corporee
L’embodied cognition afferma che mente e corpo non sono separati e distinti, come sosteneva Cartesio (Damasio, 1994), ma che il nostro corpo concorre a determinare i nostri processi mentali e cognitivi. Le posture, le espressioni facciali non verbali e le attivazioni fisiologiche, sono attivate da pensieri ed emozioni; viceversa il corpo con le sue posture, forme, espressioni facciali non verbali e arousal, influenza gli stati mentali cognitivi ed emotivi. Ad esempio posture erette consentono a soggetti sperimentali di rievocare in misura maggiore ricordi autobiografici positivi; posture ricurve sono correlate a minori sensazioni di orgoglio. Altri studi sull’embodied cognition o cognizione incarnata, rimandano all’idea che la nostra mente è simulativa: le percezioni, i ricordi, i concetti, le credenze, attivano le nostre menti e i nostri cervelli in modalità multisensoriale somato-senso-motoria (Barsalou, 2016; Buccino et al., 2001).
L’attenzione al corpo e l’utilizzo di tecniche corporee è sempre più importante in molti approcci psicoterapici, che considerano centrali le memorie implicite e procedurali che sono trattenute in modo tacito nel corpo, tracce mnestiche corporee legate a sequenze di eventi avversi e situazioni relazionali cumulative presenti nelle storie di vita con le figure di attaccamento. Non solo memorie autobiografiche e verbalizzabili, ma memorie corporee implicite di modalità esperienziali acquisite nel corso degli anni.
Se parliamo di rapporto tra corpo e psicoterapia, storicamente uno degli approcci che per primo ha sostenuto la concezione dell’unità mente e corpo, come entità che interagiscono profondamente è l’approccio dell’Analisi Bioenergetica di Alexander Lowen. Questo approccio combina psicoterapia verbale e corporea. Originariamente fu Wilhelm Reich, allievo di Freud, a introdurre nella psicoanalisi l’osservazione degli aspetti corporei e descrivere il linguaggio del corpo. Fu poi un allievo di Reich, Alexander Lowen, ad approfondire ulteriormente il lavoro sul corpo e a coniare il termine “bioenergetica”, che concepì il lavoro terapeutico integrando sia il versante psichico che quello corporeo: i temi emergenti vengono approfonditi sia dal piano mentale a quello corporeo, sia viceversa.
Gli approcci bottom-up
Nel panorama contemporaneo delle psicoterapie, sempre più approcci (Ogden, Fisher, 2015; van der Kolk, 2014; Dimaggio et al., 2019) integrano in misura significativa l’attenzione al corpo e ai processi non verbali impliciti basati sul corpo nel processo terapeutico. È cresciuta l’attenzione verso l’elaborazione bottom-up, cioè dal corpo verso la mente: fare esperienza di uno stato emotivo-affettivo e dunque anche corporeo concorre a cambiare il pensiero e le credenze sul sé. Vi sono veri e propri approcci terapeutici basati sul corpo e riconosciuti utili ed efficaci per il trattamento degli aspetti traumatici e di altri aspetti psicopatologici. In tal senso, alcuni autori di riferimento internazionali riconosciuti in letteratura sono Besser Van der Kolk, Pat Ogden e Janina Fisher, secondo cui il trauma è ben osservabile nel corpo, nelle espressioni, nei volti, nelle posture e posizioni che assume il corpo nello spazio, e nelle memorie somatiche e neurofisiologiche. Ad esempio, la psicoterapia sensomotoria è un approccio in cui il corpo assume un ruolo centrale sul piano del trattamento. Lavorando in modo integrato sulla completezza somatica e psichica della persona, concentrandosi sulla consapevolezza delle sensazioni fisiche, psicologiche ed emotive, il paziente impara a cambiare le risposte disadattive. Tra gli interventi evidence-based per il trattamento degli aspetti traumatici e che coinvolgono inevitabilmente l’attivazione di memorie corporee e l’utilizzo di tecniche corporee rient la terapia EMDR. L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), inizialmente ideata da Francine Shapiro, ad oggi è empiricamente supportata da linee guida internazionali e da molteplici trial clinici per il trattamento di esperienze traumatiche che hanno contribuito allo sviluppo della psicopatologia o del disagio psichico nel paziente.
Le tecniche di rilassamento
Tuttavia, anche in altri approcci tradizionalmente più “top-down” può essere utilizzata la componente immaginativa multisensoriale e basata anche sul corpo, ad esempio sotto forma di tecniche specifiche. Anzitutto, per accrescere nel paziente la consapevolezza della connessione tra emozioni, pensieri, sensazioni corporee e per facilitare la regolazione emotiva. Ad esempio, nel caso dell’ansia e a supporto della regolazione emotiva nelle terapie cognitivo-comportamentali, ma anche all’interno di molti altri approcci terapeutici, può essere utilizzata la tecnica del rilassamento muscolare progressivo. Il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson (1938) ha come obiettivo primario quello di indurre la condizione di distensione/rilassamento sempre più rapidamente ed efficacemente. Il rilassamento muscolare progressivo presuppone che gli stati emotivi influiscano sul livello di risposta muscolare, evidenziando una relazione tra tensione muscolare ed emozioni. Il terapeuta può istruire il paziente secondo specifiche indicazioni a contrarre e distendere gruppi di muscoli, osservandone le differenze in termini di sensazioni corporee. Similmente, un’altra tecnica corporea che viene utilizzata è il training autogeno (Schultz, 1932). Con il termine training autogeno si fa riferimento a una serie di esercizi che possono indurre rilassamento attraverso l’immaginazione multisensoriale, focalizzandosi anche sulle sensazioni corporee. Altre tecniche immaginative possono essere utilizzate per consolidare le ristrutturazioni cognitive delle credenze disfunzionali a seguito di interventi di disputing nella REBT.