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Gli eccessi dell’auto-consapevolezza, dell’auto-criticismo e del perfezionismo

I perfezionisti esageratamente focalizzati sull’autoconsapevolezza rischiano di sfociare in un autocriticismo rigido e disfunzionale

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 12 Set. 2023

Perfezionismo, auto-consapevolezza e auto-criticismo

Alcune persone arrivano in terapia lamentando un’eccessiva attenzione e controllo su se stessi e sui propri stati e processi mentali, sviluppando elevate aspettative, preoccupazioni e insoddisfazione. Se da una parte essere consapevoli dei propri stati mentali (ad esempio dei propri pensieri ed emozioni) rappresenta il fondamento per la loro regolazione e di conseguenza per un maggior stato di benessere psicologico, d’altro canto un eccesso di attenzione e di auto-criticismo su “come si dovrebbe essere” o su “come si dovrebbero affrontare emotivamente” certe situazioni può avere dei lati negativi in termini psicologici.

Ad esempio, si possono innescare meccanismi di “overthinking” e tendenze al perfezionismo patologico su se stessi e sui propri stati interni alimentando l’auto-criticismo.

In tal senso, i perfezionisti esageratamente focalizzati sull’auto-consapevolezza, monitorano e valutano costantemente i loro pensieri, sentimenti e comportamenti in ottica giudicante alla ricerca di segnali di imperfezione e debolezza. Questo innesca circoli viziosi caratterizzati da emozioni secondarie e da pensieri di autosvalutazione e autocriticismo che possono essere molto resistenti e difficili da interrompere.

In letteratura è noto che elevati livelli di perfezionismo diretto sul sé, possono portare a stati depressivi, come ad esempio riportato da uno studio di Rnic e colleghi (2021), recentemente pubblicato sul Journal of Social and Clinical Psychology.

Il Comprehensive Model of Perfectionistic Behavior

La ricerca di Rnic e colleghi (2021) ha posto le sue basi su un modello specifico che è il Comprehensive Model of Perfectionistic Behavior (CMPB; Hewitt et al., 2017), secondo cui il perfezionismo di tratto (ovvero un perfezionismo inteso come caratteristica più stabile della persona, non momentanea o situazionale) avrebbe diverse dimensioni, e cioè: dimensione auto-diretta, etero-diretta e socialmente prescritta.

La dimensione auto-diretta implica standard perfezionistici elevati verso sé stessi e un eccesso di attenzione alla valutazione di sé. La dimensione etero-diretta implica la richiesta di standard perfezionistici all’altro; e infine la dimensione di perfezionismo socialmente prescritto riguarda la credenza che siano gli altri a richiedere la perfezione alla persona e che il raggiungimento di tale perfezione consenta un’approvazione condizionata.

Lo stesso modello prevede inoltre che, oltre al tratto stabile (nelle sue tre sottocomponenti), vi siano delle componenti interpersonali, che si giocano come processi dinamici attraverso cui il perfezionismo si manifesta in termini di autopresentazione di sé agli altri. Un primo aspetto è l’auto-promozione di sé, cioè un’esplicita esibizione delle proprie capacità e qualità per ottenere l’approvazione dell’altro. Le altre due dimensioni riguardano la tendenza difensiva ad eludere e nascondere nelle relazioni le proprie imperfezioni, vulnerabilità e fragilità (ad esempio, evitare di esprimere verbalmente emozioni e pensieri che possano essere legati a vulnerabilità e imperfezioni). Nonostante queste strategie di auto-presentazione vengano, più o meno consapevolmente, messe in atto per assicurarsi l’approvazione dell’altro, presentano in realtà significative controindicazioni a livello relazionale.

Infatti, gli individui che tendono ad auto-presentarsi eludendo le proprie fragilità e auto-promuovendo eccessivamente e unicamente le proprie qualità e punti di forza, generalmente vengono percepiti come più distanti, poiché l’evitamento della condivisione di propri aspetti di vulnerabilità diminuisce la probabilità di creare legami relazionali più profondi e caratterizzati da connessione emotiva (Chen et al., 2012).

Nello studio di Rnic e colleghi (2021), un campione di 447 individui adulti ha completato una serie di questionari self-report relativi al perfezionismo e ai sintomi depressivi alla baseline. Sei mesi dopo gli stessi soggetti sono stati sottoposti alle stesse misurazioni e in aggiunta hanno completato uno strumento che andava a valutare la tendenza verso la disconnessione sociale-relazionale. Dai risultati è emerso che elevati tratti perfezionistici (tra cui perfezionismo focalizzato su sé stessi e nelle relazioni sociali) esitavano in maggiori livelli di sintomatologia depressiva attraverso l’intervento di fattori di disconnessione sociale, quali la solitudine e sensazioni di impotenza a livello sociale-relazionale, ovvero la tendenza ad avere credenze e aspettative negative sulle relazioni nel futuro.

Come accorgersi dell’auto-criticismo

Un’implicazione utile a livello psicoeducativo: un campanello di allarme può essere domandarsi quanto spesso ci si ritrova a giudicarsi in modo eccessivamente negativo per alcuni aspetti di sé con difficoltà nell’accettarli e nell’accettare le proprie vulnerabilità e fragilità. L’impulso a un monitoraggio e controllo eccessivo può impattare sulla propria funzionalità e sul proprio benessere emotivo e può paradossalmente distanziarci dagli altri.

D’altro canto, anche uno studio sulla meditazione e sulla mindfulness (Hafenbrack, LaPalme, & Solal, 2022) evidenzia che tali pratiche possono essere molto efficaci nella regolazione dell’emozione di colpa a livello individuale, ma che potrebbero paradossalmente creare delle barriere nella spinta riparatoria a livello prosociale, come dire, in una data situazione un eccesso di focalizzazione sul sé e sulle proprie reazioni, può anche portare a trascurare l’attenzione verso le emozioni dell’altro.

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Linda Confalonieri
Linda Confalonieri

Redattrice di State of Mind

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