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Vincere o imparare: perché è importante saper perdere

Abbiamo così paura di sbagliare che spesso dimentichiamo l'importanza di saper perdere e imparare dai fallimenti

Di Micol Agradi

Pubblicato il 31 Ago. 2023

Aggiornato il 01 Set. 2023 14:39

La cultura della vittoria

La nostra società ci incita continuamente alla vittoria e al successo, mettendo al bando la sconfitta. Quando perdiamo stiamo male e non riusciamo a darci per vinti, specie in presenza di tratti di personalità narcisistici. Perdere, tuttavia, è sempre un’opportunità di apprendimento che ci aiuta a crescere personalmente.

Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si sarà sentito dire la frase “L’importante non è vincere, ma partecipare”. Seppur sia un modo di dire molto diffuso, la maggior parte di noi fatica ad assimilare il concetto, continuando a vivere le sfide di tutti i giorni nel terrore di sbagliare, di fallire, di perdere.

Ma di perdere cosa e rispetto a quale gara?

Molto spesso è una gara al successo e al trionfo, che molti di noi corrono inconsapevolmente contro gli altri e contro il tempo nel tentativo di dare un valore alle proprie esperienze. Nell’era contemporanea dell’iperprestazione, siamo cresciuti con l’idea che la vittoria sia l’esito a cui anelare in quanto l’unico davvero premiante e ripagante. Ciò ci ha trasmesso l’idea di poter pretendere da noi stessi la perfezione e, di conseguenza, di essere delusi quando questa non viene raggiunta. Imparando che perdere è negativo, tendiamo a stare male di fronte a un insuccesso e ad associare la sconfitta al fallimento e a una personale incompetenza.

Questo corredo di pensieri autosvalutanti si accompagna spesso ad emozioni negative come la tristezza, la vergogna o la rabbia, senza sentire di avere la possibilità di scampo. Ma cosa succede esattamente quando perdiamo e perché la sconfitta ci sembra solo un totale fallimento?

Perché è così difficile perdere? La risposta del cervello

Dal punto di vista neurologico, il neuroscienziato Boksem ha osservato che, quando un individuo perde, il suo cervello reagisce alla stregua di quando sperimenta un dolore intenso, al punto che è come se alla nostra mente arrivasse un messaggio del tipo “L’unica condizione per non soffrire più come ora sarà vincere regolarmente”. Sarebbe in particolare la corteccia cingolata anteriore che, in seguito a un fallimento, attiverebbe nell’individuo una sensazione di allarme capace di creare emozioni negative utili a stimolare a fare del proprio meglio e a non commettere errori. Ciò, in qualche modo, significa che a livello neurologico siamo predestinati a raggiungere la vittoria: del resto, da un punto di vista evoluzionistico, non perdere nelle lotte fra pari e conquistare il proprio risultato voleva dire sopravvivere (Zannoni, 2023). Questo impulso che i nostri antenati avevano ad evitare di perdere ci motiva ancora oggi ma, nella maggior parte dei casi, dietro al timore di perdere le sfide personali c’è perlopiù “solo” una questione di status sociale.

Il ruolo dei tratti di personalità

Perché alcuni arrivano al punto di disconoscere una sconfitta realmente avvenuta? I tratti di personalità contano e, in questo, il narcisismo avrebbe una particolare rilevanza. Come spiegato dalla psicologa March (Zannoni, 2023), quegli individui che manifestano una vulnerabilità a un funzionamento narcisistico di tipo grandioso potrebbero avere difficoltà a tollerare o, addirittura, a comprendere di non aver vinto. A livello personologico, sono persone caratterizzate dai seguenti aspetti (APA, 2013):

  • Tendenza alla competizione e alla dominanza;
  • Idealizzazione delle proprie qualità, alimentate da fantasie di successo;
  • Credenza di essere unici e speciali;
  • Ricerca di costante ammirazione;
  • Svalutazione altrui, specie di chi avverte come minaccioso per la propria autostima;
  • Senso di diritto e pretesa di privilegi in ragione della propria superiorità.

La sconfitta non può che risultare una minaccia per l’immagine “gonfiata” che questi individui hanno di sé. Ciò che accadrebbe fino a far provare forte dolore per la sconfitta, tuttavia, sarebbe la cosiddetta dissonanza cognitiva di Festinger, ossia lo stato di discrepanza interna che l’individuo avverte rispetto a se stesso (“Sono il migliore, è impossibile che io abbia fallito”). Per porre rimedio al disagio che ne deriva, egli potrebbe darsi da fare per performare meglio, così da mantenere intatte le proprie fantasie grandiose (“Non è davvero una sconfitta”) o negare il malessere esternalizzando la colpa del fallimento, così da rendere questo più digeribile (“Non dipende da me: è colpa del sistema. Se fosse stato per me…”).

L’importanza di imparare dai fallimenti

Se la maggior parte di noi teme la perdita perché figlio della cultura della vittoria in cui è cresciuto, allora il modo migliore per combattere questo evitamento fobico consiste nel cambiare il significato che attribuiamo a tale evento. Dal momento in cui la nostra posizione predefinita, quella tipicamente insegnataci dalla società, è che una vittoria è una vittoria e una sconfitta è una perdita, non si tratta di un’operazione facile.

Se però consideriamo attentamente le situazioni in cui abbiamo fallito, riscontreremo che ogni volta che abbiamo perso, in realtà, abbiamo vinto, perché in ciascuna sconfitta siamo stati in grado di attraversare un cambiamento e una trasformazione di noi stessi. A volte è davvero necessario perdere per poter raggiungere i risultati sperati: di fatto, solo quando avremo accettato il sentimento di rabbia post-sconfitta saremo disponibili a un’analisi più lucida dei fatti e più pronti all’azione (Alòs, 2023).

Rompendo la barriera che ci difende dalla vergogna e dalla rabbia suscitate dal fallimento, abbiamo l’opportunità di crescere personalmente. Questa, del resto, è l’essenza dell’apprendimento, non tanto legato alla sconfitta fine a se stessa ma a come perdiamo, come siamo cambiati conseguentemente e cosa ne traiamo che non sapevamo prima. Come espresso in maniera esaustiva dalla psicologa Smith (2010):

Imparare a perdere con grazia è importante per diversi motivi, ma forse la cosa più importante è che è solo una parte della vita. Alcuni di noi perdono molto, altri non così tanto, ma nessuno di noi vince sempre.

In altre parole, o vinciamo o impariamo.

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