A firma della dott.ssa Floriana Lunardelli, dottoressa in psicologia con esperienza pluriennale all’interno di un centro antiviolenza genovese, “A Porte chiuse. Violenza domestica e dipendenza affettiva” è un saggio incentrato sul fenomeno in crescita della violenza domestica, a carico di donne e minori, un male contemporaneo che si cela dietro le mura domestiche più insospettabili.
Il tema del Male
La prima parte del saggio affronta la tematica del Male, tratteggiandone i contorni da un punto di vista filosofico e religioso, letterario e artistico, per poi esaminare le teorie psicologiche più accreditate.
Servendosi di un’ampia letteratura, di miti e narrazioni bibliche, la dott.ssa Lunardelli ha evidenziato come, in tutti i tempi e presso tutte le culture, il male, contrapposto al bene, sia stato tema di riflessione.
Tale questione pone l’uomo di fronte a una duplice sfida: esistenziale-pratica, nel momento in cui sia necessario prendere posizione con un atteggiamento rassegnato e fatalista, ribelle, sprezzante o fiducioso; e teorica nel caso in cui promuova una riflessione razionale volta a ricercare una spiegazione alla radice del problema (Lunardelli, 2022).
Un importante contributo alla comprensione di tale fenomeno giunse dalla filosofa Hannah Arendt quando, nel 1961, fece precipitare il Male nel grigio torpore della banalità, come dimensione estrema manchevole di profondità, rivelandone l’aspetto più agghiacciante e descrivendo uomini ambiziosi di carriera e potere, non sempre consapevoli del dolore procurato dai loro agiti (Lunardelli, 2022).
Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla sua superficie come un fungo. Esso “sfida” (…) il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e, nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua “banalità”. Solo il bene è profondo e può essere radicale (Arendt, 1986).
In tal senso, il male può assumere sembianze invisibili e polimorfe che gli consentono di penetrare capillarmente anche in sedi impensate, come le mura domestiche, nonché raggiungere i vertici del potere (Lunardelli, 2022).
La violenza come volto del male contemporaneo
Oggi, la violenza contro le donne viene considerata “una delle più estese violazioni dei diritti umani” (2013), reputata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un problema di salute pubblica di proporzioni enormi che interessa trasversalmente tutte le classi sociali (Lunardelli, 2022).
La seconda parte del saggio è esplicitamente dedicata all’analisi del fenomeno della violenza all’interno delle mura domestiche, declinata nelle sue espressioni più frequenti e caratteristiche: violenza psicologica, fisica, sessuale ed economica.
Secondo la letteratura scientifica sul tema, la violenza domestica – anche definita Intimate Partner Violence – fa riferimento a “ogni tipo di danno fisico o psichico subito da una persona da parte di un famigliare che, sfruttando un rapporto di potere, viene a trovarsi in una situazione strutturalmente più forte e comprende minacce o atti di violenza fisica, psichica o sessuale agiti all’interno di un rapporto famigliare o di coppia presente o passato”.
Risulta importante sottolineare che, in qualunque forma venga agita, la violenza ha come obiettivo principale quello di incutere paura e assoggettamento.
A tal proposito, appare essenziale far riferimento alla teoria della “ruota del potere e del controllo” di Pence e Paymar (1990; Fig.1), nel quale vengono esplicitate le fasi che mantengono il ciclo della violenza: la prima fase riguarda l’intimidazione, attraverso comportamenti imprevedibili e minacce di violenza e di morte, successivamente si attua l’isolamento della vittima dalle figure di riferimento importanti, dai propri famigliari, dai propri amici, per poi passare alla svalutazione, che porta la vittima a perdere il senso della propria identità e a sperimentare un profondo sentimento di inadeguatezza e angoscia. Le fasi hanno un denominatore comune: la negazione della violenza – economica, psicologica, fisica e sessuale –da parte dell’uomo, attraverso atteggiamenti di minimizzazione, razionalizzazione e giustificazione dei propri comportamenti aggressivi (Lunardelli, 2022).
Fig.1: Ruota del Potere e del Controllo (Pence e Paymar, 1990)
Storie di vita
Il saggio si conclude con la presentazione delle storie di due donne, rivoltesi al centro antiviolenza di Genova, differenti per età, classe sociale e livello di istruzione, ma accomunate dai segni di un vissuto familiare difficile, testimoniato, in entrambi i casi, da bassa autostima, locus of control esterno e un senso di sé fragile, espresso, però, con modalità differenti (Lunardelli, 2022).
Maddalena, donna di 47 anni, sembra aver interiorizzato il modello materno, che la confina al ruolo di vittima all’interno delle sue relazioni. Dimostra, infatti, scarsa fiducia in sé stessa e una forte fragilità, tende continuamente a svalutare le proprie azioni e pensieri, e ricerca relazioni non paritarie e partner a cui sottomettersi: è il caso del suo matrimonio, durato 14 anni in un susseguirsi di conflittualità e violenza psicologica, a cui sono conseguiti rapporti occasionali e relazioni dove la sessualità si configurava come un surrogato utile a colmare il profondo senso di vuoto (Lunardelli, 2022).
Francesca, studentessa universitaria di 25 anni, sembra, invece, aver imparato che l’uso dell’aggressività nelle relazioni affettive, anche le più significative, sia naturale, così come le reazioni violente all’interno del nucleo familiare; pertanto, instaura relazioni conflittuali e deludenti, l’ultima con un ragazzo tossicodipendente (Lunardelli, 2022).
Ad impreziosire il saggio, sono presenti dei contenuti digitali, a cui accedere mediante QR code, che rimandano all’ascolto della viva voce di donne vittime di violenza, che hanno avuto il coraggio di raccontare le loro difficili storie di vita. Questi racconti rappresentano preziose testimonianze, che gettano una luce sul percorso di aiuto necessario a sostenere donne e minori costretti in abitazioni che non contengono il calore di una famiglia ma il dolore, sovente messo a tacere, della violenza. Un faro di speranza ad indicare che esiste una via, al di là di quella porta chiusa.