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SAPAP3: un primo passo verso l’individuazione delle basi proteiche del Disturbo Ossessivo-Compulsivo 

Esistono delle basi proteiche del disturbo ossessivo compulsivo? Un articolo pubblicato su Nature da Soto et al. (2023) prova a rispondere a questa domanda

Di Daniele Saccenti

Pubblicato il 05 Giu. 2023

Scoprire le cause neurobiologiche dei disturbi mentali rappresenta una delle sfide maggiormente complesse e stimolanti per i ricercatori del presente e del futuro. Nel caso del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) una delle spiegazioni più accreditate proviene al momento dagli studi di neuroimaging e fa riferimento alla presenza di alterazioni strutturali a carico del circuito corticostriatale (Calzà et al., 2019).

 

 A livello anatomico, il circuito corticostriatale comprende la corteccia orbitofrontale, la corteccia cingolata anteriore, i gangli della base e il talamo. Il suo funzionamento è fondamentale per il comportamento motorio e per la selezione delle strategie adattive. A livello funzionale, il circuito corticostriatale è implicato anche in una vasta gamma di processi cognitivi ed emotivi, tra cui: decision-making, comportamento orientato all’obiettivo, apprendimento basato sulla ricompensa, apprendimento procedurale e controllo dell’impulsività (Graybiel et al., 2000). Tuttavia, è possibile che la vulnerabilità psicologica presenti una radice ancor più profonda; vale a dire che essa sia rintracciabile già a partire da alcune proteine codificate dal nostro genoma.

Basi proteiche del DOC: SAPAP3

Esistono, dunque, delle basi proteiche del DOC?

Un articolo pubblicato su Nature da Soto e collaboratori (2023) ha provato a fornire una risposta a questa domanda. Il protide in questione è SAPAP3, ovvero una proteina citosolica codificata dal gene Dlgap3 ed espressa a livello striatale sia nei neuroni che negli astrociti, cioè delle cellule di supporto presenti nel nostro sistema nervoso centrale. L’evidenza che SAPAP3 fosse altamente implicata nell’eziopatogenesi del disturbo ossessivo compulsivo è stata il frutto di una serie di osservazioni.

Uno dei primi esperimenti in vivo condotti dai ricercatori consisteva nel somministrare SAPAP3 in maniera selettiva agli astrociti o ai neuroni presenti nello striato di topi knock-out per il gene che codificava per tale proteina (topi SAPAP3 KO, cioè animali nei quali era stato eliminato il gene Dlgap3 in modo tale da bloccare la sintesi di SAPAP3). Lo scopo era quello di verificare se l’espressione di SAPAP3 in uno dei due tipi di cellule attenuasse i comportamenti compulsivi emessi dagli animali sperimentali. Tra le compulsioni maggiormente osservate nei topi SAPAP3 KO –così come in altri modelli animali di DOC– vi è senz’altro la pulizia ripetitiva del proprio corpo (self-grooming), la quale, se reiterata, comporta delle lesioni cutanee a livello del muso dell’animale. I ricercatori hanno osservato che l’espressione di SAPAP3 sia negli astrociti che nei neuroni striatali produce una diminuzione dell’area delle lesioni facciali, del numero di lesioni, del numero di tentativi di self-groomig e del tempo totale che i topi trascorrevano a pulirsi.

Per quanto riguarda invece i comportamenti ansiosi e di evitamento, gli studiosi hanno considerato come unità di analisi la deambulazione degli animali nell’Elevated Plus Maze (EPM) test, ovvero un apparato sperimentale composto da due bracci aperti e da due bracci chiusi posizionati perpendicolarmente e separati da una piccola piattaforma centrale che consente all’animale di muoversi liberamente all’interno della struttura, e in campo aperto (open-field test), ovvero quando essi venivano posizionati in una struttura quadrata che non prevedeva particolari restrizioni. I ricercatori hanno notato come la distanza totale percorsa dai topi SAPAP3 KO e la loro velocità media di percorrenza in campo aperto venissero implementate in maniera similare dall’espressione di SAPAP3 sia negli astrociti che nei neuroni striatali. Al contrario, il tempo trascorso nei bracci aperti dell’Elevated Plus Maze test e al centro del campo aperto venivano incrementati solamente dall’espressione neuronale di SAPAP3, il che suggerisce la presenza di un effetto della sintesi di SAPAP3 sul comportamento ansioso limitatamente a quei casi in cui essa si verifichi a livello neuronale. Una volta ottenuti, questi risultati sono stati confrontati con gli effetti di una terapia di prima scelta per il trattamento del DOC, ovvero la somministrazione di fluoxetina. Nei topi SAPAP3 KO l’espressione di SAPAP3 negli astrociti striatali produceva effetti benefici simili a quelli della fluoxetina sul numero di tentativi di self-grooming e sul tempo totale che i topi trascorrevano a pulirsi.

ΔFosB e SAPAP3

 Con lo scopo di far luce sui legami tra i meccanismi molecolari e i comportamenti tipici del DOC, gli scienziati si sono poi concentrati sull’alterazione dell’attività cerebrale in vivo misurando negli animali sperimentali i livelli di ΔFosB, un biomarcatore dell’aumento dell’attività neuronale. I ricercatori hanno rilevato un aumento dei livelli di ΔFosB nei neuroni striatali dei topi SAPAP3 KO, il quale veniva però ripristinato dall’espressione di SAPAP3 sia a livello astrocitario che neuronale. D’altra parte, l’aumento dei livelli di ΔFosB nei neuroni appartenenti alla corteccia motoria e alla corteccia orbitofrontale laterale degli animali non veniva influenzato dall’espressione di SAPAP3 negli astrociti o nei neuroni striatali. Ciò indicava che gli effetti comportamentali sortiti dalla sintesi di SAPAP3 originavano specificamente dalle cellule dello striato.

Infine, è stata eseguita una proteomica striatale, ovvero un’identificazione sistematica delle proteine e la loro caratterizzazione, nei topi SAPAP3 KO in modo da verificare se i cambiamenti proteici osservati negli animali fossero correlati ad alterazioni dell’espressione genica nel tessuto post-mortem di individui con DOC o, più in generale, all’espressione genica astrocitaria e neuronale. Delle 66 proteine individuate, tutte erano espresse negli astrociti o nei neuroni. Inoltre, i geni che codificavano per 44 di esse risultavano up-regolati o down-regolati nel DOC umano. Molti di questi geni erano altamente espressi negli astrociti e nei neuroni in maniera differenziata tra i controlli sani e gli individui affetti da DOC.

Interessante è anche l’evidenza che gran parte dei geni associati all’emissione dei comportamenti ripetitivi tipici del DOC e della Sindrome e di Tourette venissero espressi negli astrociti o nei neuroni e che alcuni di essi figurassero tra gli interattori di SAPAP3 precedentemente individuati negli animali. Queste analisi condotte sull’essere umano supportano le scoperte fatte nei topi, secondo cui i cambiamenti molecolari associati al DOC influenzano la segnalazione sia negli astrociti, sia nei neuroni. Tuttavia, è necessario ricordare che nei topi l’espressione post-natale di Dlgap3 negli astrociti e nei neuroni è differente, il che apre le porte a future ricerche su come l’espressione di SAPAP3 possa essere correlata all’emergere del DOC durante lo sviluppo e l’adolescenza.

Guardando ai risultati ottenuti da Soto e colleghi (2023), l’ipotesi è che nell’eziopatogenesi dei disturbi mentali siano coinvolti non solo fattori ambientali, cognitivi e comportamentali, ma anche fattori genetici, o meglio, che esista una vera e propria base proteica della vulnerabilità psicologica.

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