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8° Convegno Internazionale Autismi – Report dall’evento di Rimini

Viste le sfumature dell'autismo è necessario un approccio clinico specifico in base alle peculiari caratteristiche della persona e la sua famiglia

Di Ilaria Cosimetti, Matteo Silva

Pubblicato il 15 Mag. 2023

Report dall’8° Convegno Internazionale “Autismi: Vite ad ampio spettro, multidisciplinarietà e neurodivergenze”, tenutosi a Rimini il 28 e 29 aprile.

 

 L’ottavo convegno internazionale intitolato “Autismi: vite ad ampio spettro, multidisciplinarietà e neurodivergenze” proposto dal Centro Studi Erickson ha visto, dopo gli anni di pandemia, il ritorno alla fruizione in presenza oltre che online. Il numero elevato di partecipazioni, circa 800 in totale, dimostra come oggi più che mai sia presente un’attenzione elevata sulle tematiche riguardanti l’autismo e più in generale la neurodiversità.

Del resto i dati epidemiologici parlano chiaro, l’autismo diventerà una condizione sempre più presente all’interno della nostre famiglie, della scuola, del mondo del lavoro, dell’intera società. È perciò importante costruire a livello istituzionale strumenti e protocolli, anche legislativi, utili a rispondere ai bisogni di una fetta di popolazione sempre maggiore. All’interno del convegno grande spazio è stato dato al tema della multidisciplinarietà come caratteristica imprescindibile di qualsiasi intervento destinato alle persone nello spettro autistico, la cui condizione è caratterizzata da una complessità che richiede una diagnosi precoce e mirata e un supporto adeguatamente strutturato, che includa anche le famiglie, e fortemente orientato ad un progetto di vita.

È ancora giusto parlare di autismi?

Sì. Lo spettro autistico è ampio e al suo interno contempla una gamma di colori e sfumature pressoché infiniti ed è proprio in questa complessità che si identifica buona parte della popolazione autistica. A questo quadro già così complesso si aggiunge spesso il tema della comorbidità: una percentuale significativa di persone con autismo, presenta infatti altre condizioni come disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), ADHD, disturbi dell’umore o disturbi comportamentali. L’attenzione di oggi non è quindi più solo alla necessità di un intervento precoce ma anche ad un approccio clinico specifico in relazione alle peculiari caratteristiche della persona con autismo e al suo nucleo familiare. Non ha più senso parlare di un metodo di intervento valido trasversalmente per ogni individuo, pena la semplificazione di una condizione complessa attraverso metodi di intervento che, anche se scientificamente validati, non possono essere sempre efficaci. A complessità di condizione non si può insomma più pensare di rispondere con una semplificazione nelle modalità di intervento.

La complessità deve tradursi in un intervento che si fonda sull’interdisciplinarietà e sul concetto di rete. Non è più ammissibile la presa in carico di una persona autistica da parte di un’unica figura competente, così come non si possono escludere dal progetto di intervento le diverse figure che ruotano attorno all’individuo sia esso bambino, ragazzo o adulto. La qualità di vita delle persone con autismo, come quella di tutti del resto, riguarda diversi aspetti. Se consideriamo per esempio un bambino, il suo benessere passa attraverso la possibilità di sviluppare quegli apprendimenti utili alla crescita nei differenti contesti di vita ma è garantito anche dalla possibilità e capacità di socializzare con le altre persone e di costruire rapporti significativi, in particolar modo con i pari. La possibilità per un bambino autistico di star bene con i propri coetanei è il risultato di un lavoro che richiede a lui tanto impegno quanto ne dovrebbe essere richiesto anche a loro e agli adulti che li guidano in questo percorso di reciproca conoscenza e rispetto.

Gli interventi psicoeducativi

 Altrettanto spazio durante il convegno è stato dato alla riflessione intorno agli strumenti utilizzati all’interno degli interventi psicoeducativi con bambini, ragazzi o adulti con autismo. Come per gli interventi, anche per gli strumenti, seppur accompagnati da evidenze scientifiche, vale la regola della validità relativa: non esiste nessuno strumento né alcuna tecnica utile per ogni persona autistica. La conoscenza approfondita delle sue risorse e delle sue necessità, pensate all’interno di un progetto di vita, deve condurre alla scelta di un intervento sartoriale, in cui ogni strumento utilizzato viene indossato finché il percorso di crescita non richiede un abito più adatto o più comodo.

Se da un lato il facile reperimento in rete di materiali dedicati all’autismo stimola una maggior conoscenza di questa condizione, il rischio è però di incappare in strumenti a volte troppo distanti dalla loro versione originale, perdendo così quell’ancoraggio teorico che ne garantisce la validità. All’interno di una così grande offerta di risorse, risulta forse ancora più importante formarsi adeguatamente all’utilizzo di diversi strumenti operativi in modo da impiegarli nelle modalità opportune, ma anche per perseguire obiettivi adeguati. Il convegno è stato in questo senso un’ottima occasione per conoscere diverse risorse potenzialmente utili alla popolazione autistica ma anche alla società intera che attraverso esse può imparare a dialogare con maggior reciprocità con la neurodiversità.

Chiusura e prospettive future

A chiusura del convegno sono intervenuti i Terconauti, trio molto attivo sui social nella divulgazione e sensibilizzazione di tematiche riguardanti l’autismo i quali hanno portato la loro esperienza di persone con autismo che hanno ricevuto la diagnosi in età adulta evidenziandone possibilità e criticità.

Questo ottavo convegno, attraversato da grande vivacità, ha puntato i riflettori, in pieno stile Erickson, sull’importanza di parlare di autismo con competenza e consapevolezza, abbandonando i facili pietismi e costruendo modalità di diagnosi e intervento sempre più precoci e integrate.

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