La revisione sistematica di Beattie et al. (2020) ha avuto come scopo lo studio della prevalenza dei disturbi mentali tra le sex workers nei paesi a basso e medio reddito.
Il sex work
Nei paesi a basso e medio reddito, l’elevata mancanza di cure adeguate per chi soffre di disturbi mentali impedisce il pieno raggiungimento del potenziale degli individui, compromettendo il capitale umano e aumentando le probabilità di mortalità prematura per suicidio o altre malattie (V. Patel & Saxena, 2019); si stima che il 79% dei suicidi a livello mondiale avvenga proprio nei paesi a basso e medio reddito (World Health Organization, 2014).
Il sex work, definito come la messa in atto di servizi sessuali in cambio di denaro o di beni, può portare le donne che si prostituiscono ad affrontare numerosi eventi e condizioni stressanti quali molestie, arresti da parte della polizia, discriminazione, emarginazione, povertà e disuguaglianza di genere (Hengartner et al., 2015; Platt et al., 2018). Inoltre, sono maggiormente esposte a violenze, coercizioni, inganno, utilizzo di alcol e malattie sessualmente trasmissibili (Suresh et al., 2009); tutti questi fattori, insieme, contribuiscono ad aumentare la vulnerabilità psicologica delle sex workers.
I rischi del sex work differiscono anche in base ai contesti socioculturali ed economici ed i dati riguardanti le sex workers nei paesi ad alto reddito riferiscono elevata prevalenza di disturbi quali depressione, ansia e disturbo da stress post traumatico (el-Bassel et al., 1997; Surratt et al., 2005).
La revisione sistematica pubblicata nel 2020 da Beattie et al., ha avuto come scopo lo studio della prevalenza dei disturbi mentali tra le sex workers nei paesi a basso e medio reddito, indagando, inoltre, le associazioni esistenti tra i fattori che comunemente influenzano la salute (alcol, violenze, droghe, malattie sessualmente trasmissibili) ed il livello di benessere.
Sex work e salute mentale
Lo studio (Beattie et al., 2020), prendendo in considerazione 56 articoli e 24940 partecipanti in totale, ha riscontrato un’alta prevalenza di problemi di salute mentale tra le sex workers nei paesi a basso e medio reddito, con una prevalenza di disturbo depressivo del 41,8%, disturbo d’ansia del 21,0% e disturbo da stress post traumatico del 19.7%. I tassi di disturbi mentali e di ideazione suicidaria tra le sex workers sono risultati maggiori rispetto a quelli della popolazione generale dei paesi a basso e medio reddito; questo risultato potrebbe essere spiegato dai numerosi fattori di rischio a cui sono esposte, quali stress finanziario, bassi livelli di educazione, abitazioni inadeguate, aggressività, utilizzo di sostanze, discriminazione e maggior probabilità di contrarre malattie sessualmente trasmissibili (STI) (Baral et al., 2012; Deering et al., 2014; Li et al., 2010; S. K. Patel et al., 2015). La revisione sistematica (Beattie et al., 2020) ha inoltre riportato delle forti associazioni tra gli alti livelli di ansia, depressione, disturbo da stress post traumatico ed i fattori sociali e comportamentali a cui le sex workers sono esposte; infatti il malessere psicologico è risultao correlato alle violenze subite (la maggior parte dai partner relazionali o dai clienti, sebbene 3 studi abbiano riportato anche violenze da parte della polizia), all’utilizzo di droghe e di alcool, al mancato uso del preservativo ed alla presenza di HIV/malattie sessualmente trasmissibili.
Un obiettivo per ricerche future potrebbe essere quello di comprendere come determinate interazioni sociali influenzano l’insorgenza di disturbi mentali e quali di questi fattori potrebbero essere modificabili attraverso degli interventi mirati (Beattie et al., 2020).
Attualmente, purtroppo, in letteratura non sono presenti studi sullo sviluppo di interventi di trattamento per la salute mentale delle sex workers, ma tra la popolazione generale dell’India e degli altri paesi a basso e medio reddito, gli interventi psicologici di consulenza presenti nei servizi di assistenza primaria si sono visti essere efficaci per il trattamento della depressione (Chibanda et al., 2016; V. Patel et al., 2017). Sarebbero necessarie strategie mirate alla prevenzione del suicidio, quali maggior promozione della salute mentale e migliore accesso alle cure.
Inoltre lo studio (Beattie et al., 2020), mostrando una forte associazione tra scarsa salute mentale, ridotto utilizzo di preservativo e prevalenza di HIV/malattie sessualmente trasmissibili, suggerisce che i trattamenti dovrebbero focalizzarsi su una maggior psicoeducazione riguardo alle conseguenze dei comportamenti sessuali a rischio, con interventi mirati ad imparare come auto-tutelarsi.