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Come il cervello codifica la musica

Quando il nostro cervello ascolta una musica effettua un'analisi acustica e la trasforma in materia musicale astratta, ossia ne crea una rappresentazione

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 28 Mar. 2023

Come riusciamo a memorizzare e riconoscere così tante musiche e canzoni? A ricordare spot e parti di colonne sonore? A recuperare in pochi secondi nella nostra mente tutte le informazioni che si sono ammassate negli anni? Semplice, il nostro cervello usa dei trucchi.

Diversa ma sempre uguale

 Immaginiamo di ascoltare una canzone, la stessa canzone, cantata prima da un uomo, poi da una donna, infine da un bambino. Il risultato finale sarà sicuramente diverso eppure la nostra capacità di riconoscere quel pezzo sarà la stessa, indipendentemente da chi l’abbia cantato. Stessa cosa se ascoltassimo quella medesima canzone eseguita con strumenti diversi o modificata per adattarsi, per esempio, a uno spot pubblicitario. La riconosceremmo comunque.

Questo avviene perché il modo in cui elaboriamo una melodia si basa sul rapporto tra i suoni (altezza e ritmo) più che sui suoni stessi. Questa strategia a cui ricorriamo inconsapevolmente è detta astrazione musicale. Quando il nostro cervello ascolta una musica effettua un’analisi acustica e la trasforma in materia musicale astratta, ossia ne crea una rappresentazione in cui ogni suono si identifica in base al rapporto con il suono che lo precede (sarà ad esempio più basso, più lungo, più dolce e così via).

Astrazione musicale

Questo processo implica una capacità di astrazione che a sua volta deriva da una serie di operazioni cognitive. La nostra mente, infatti, raccoglie, codifica e immagazzina nozioni per poi compiere quelle operazioni che le consentono di organizzare le informazioni che già possiede, trovando o costruendo relazioni tra esse allo scopo di dare loro un significato e costruire una nuova conoscenza.

Grazie alla capacità inconscia di compiere queste operazioni, quando ascoltiamo un brano che ci è noto siamo in grado di riconoscerlo in una frazione di secondo, siamo in grado di canticchiarlo e di recuperare nella nostra memoria una serie di informazioni che lo riguardano come l’autore, il titolo, le parole.

 Come avviene questo processo? La melodia viene elaborata da due sistemi che agiscono separatamente. Uno si occupa di analizzare la struttura del brano, la distanza tra le note, la tonalità, l’altezza dei suoni. L’altro effettua un’analisi temporale, la variazione della durata dei suoni, gli aspetti metrici e ritmici. Entrambi i sistemi mandano le loro informazioni al cervello che le archivia insieme a tutte le informazioni specifiche che abbiamo accumulato nel corso della nostra vita e che sono pronte per essere utilizzate all’occorrenza.

Memorizzare delle melodie reali renderebbe difficile riconoscerle se eseguite in modo differente, al contrario, le proprietà astratte che noi memorizziamo non cambiano e consentono al nostro cervello di fornirci gli strumenti per riconoscere un pezzo appena lo ascoltiamo.

Un esempio

Per capire come un ritmo possa essere “catalogato” facciamo un esempio. Immaginiamo di ascoltare dei suoni identici ripetuti a intervalli uguali. Dopo poco tempo il nostro cervello tenderà a suddividerli in gruppi. Conteremo, per esempio, 1, 2, 3, 4… per poi ricominciare e ricominciare ancora. Questo fenomeno è detto appunto raggruppamento ritmico o ritmizzazione collettiva, e ha un carattere percettivo e spontaneo.

Le regole che consentono che si realizzi sono di due tipi: uno percettivo, ossia prossimità e somiglianza dei suoni, e uno relativo alla struttura musicale, cioè l’uso di forme ritmiche stereotipate che ci consentono di collegare gli eventi sonori. Affinché il raggruppamento ritmico si possa realizzare, è necessario che si realizzino delle condizioni, ossia che la sequenza di suoni avvenga in un intervallo di tempo non troppo rapido e nemmeno troppo lungo; se ciò dovesse accadere i suoni non risulterebbero più percepiti come una sequenza ma scollegati fra loro.

Una curiosità

Un’ultima piccola curiosità è legata alla capacità di sincronizzazione, ossia di coordinare i nostri movimenti con la musica che stiamo ascoltando. Quante volte ci è capitato di battere le mani a ritmo di musica, di muovere un piede o picchiettare con un dito su un tavolo riproducendo un certo ritmo? Già a tre anni i bambini sono in grado di sincronizzare i movimenti della mano con la musica e questa azione, che può apparire semplice ed istintiva, implica in realtà l’utilizzo di complessi processi di acquisizione di informazioni. Per essere in grado di battere le mani seguendo il tempo della musica bisogna essere in grado di analizzare la serie temporale dei suoni, creare una struttura che ci permetta di prevedere il futuro e anticipare la pianificazione motoria in modo da essere in sintonia con il suono che deve ancora arrivare. Tutto questo può avvenire grazie al modo in cui abbiamo “archiviato” le informazioni raccolte.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Balestrieri, A. (2021). La mente in musica. Come reagisce il cervello all’ascolto della musica. Milano, Independently published.
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