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Tatuaggi e piercing: un modo per rielaborare le avversità del passato?

Lo studio di Ernst e colleghi (2022) approfondisce la lacuna presente in letteratura sulle motivazioni psicologiche alla base dei tatuaggi e dei piercing

Di Giulia Spiniello

Pubblicato il 22 Feb. 2023

Le modificazioni corporee intenzionali, come i tatuaggi e i piercing, hanno una lunga tradizione storico-culturale e si basano su tecniche simili in tutto il mondo. Da sempre sono state utilizzate come forma di espressione, ad esempio, dei valori culturali, della maturità sessuale o dello status sociale e della ricchezza di chi li indossa (Perper et al., 2017). 

 

 In molti Paesi occidentali stanno diventando sempre più popolari (Kluger, 2019; Laumann & Kluger, 2018): mentre un tempo i tatuaggi e i piercing servivano come caratteristiche identificative di gruppi e/o di diverse culture (Stirn, 2003), oggi sono un fenomeno di massa e riflettono un atteggiamento mutato nei confronti del proprio corpo. In tempi di stili di vita più individualisti, il corpo diventa un oggetto estetico che può essere attivamente modificato, in accordo con gli ideali contemporanei di auto-espressione e bellezza (Borkenhagen et al., 2016; Widdows, 2018).

Motivazioni psicologiche di tatuaggi e piercing

Le motivazioni psicologiche alla base dei tatuaggi e dei piercing sono state oggetto di studi relativamente piccoli, molti dei quali hanno utilizzato metodi qualitativi. È importante notare che i tatuaggi e i piercing servono come mezzi di comunicazione (Atkinson, 2003). Nella loro revisione, Wohlrab e colleghi (2007) hanno riassunto le principali motivazioni per fare modifiche corporee. Queste rientrano in dieci categorie, che comprendono sia motivazioni come la bellezza e la moda, sia espressioni di un profondo significato personale (narrazione personale, affiliazione e impegno in un gruppo, resistenza; Wohlrab et al., 2007). Gli individui tatuati e con piercing hanno anche riferito un maggiore bisogno di unicità (Weiler et al., 2021) e una minore autostima (Kertzman et al., 2019), rispetto a quelli che non attuano modifiche corporee. Le modifiche corporee sono state correlate a comportamenti rischiosi (Armstrong & Murphy, 1997; Schlösser et al., 2020) e a individui che ricercano sensazioni forti (Roberti et al., 2004). Sono risultate più comuni tra gli individui con disturbi della personalità (Dhossche et al., 2000) e comportamenti patologici come autolesionismo non suicidario (NSSI; Non Suicidal Self-lnjury).

Numerosi studi hanno fatto riferimento all’importanza delle precedenti esperienze di danni fisici inflitti da altri: in particolare, coloro che hanno subito abusi sessuali hanno riferito il desiderio di elaborare le esperienze passate attraverso la modifica del corpo (Stirn, 2003). È così che alcuni ricercatori hanno suggerito che un piercing potrebbe essere l’espressione del desiderio di guarire le “ferite del passato” (DeMello, 2000), oppure come qualcosa che possa consentire la riconciliazione con parti del corpo precedentemente rifiutate o dissociate (Stirn, 2003).

 Tuttavia, mancano indagini complete e sistematiche sulle associazioni tra abusi infantili, trascuratezza, tatuaggi e piercing nella popolazione generale. Questo rappresenta una lacuna nella ricerca, poiché le esperienze infantili avverse sono un fenomeno diffuso (Witt et al., 2019), con conseguenze durature sulla salute e sul benessere, sull’identità e sul comportamento nell’arco della vita. Sulla base di questo sfondo, i tatuaggi e i piercing potrebbero essere utilizzati specificamente per creare esperienze soggettive più piacevoli. Tra queste, la sensazione di avere il controllo, che contrasta con l’esperienza iniziale di essere stati vittimizzati e/o trascurati (Bolger & Patterson, 2001). Lo studio di Ernst e colleghi (2022) si inserisce in questa area di ricerca e raccoglie 1060 partecipanti di nazionalità tedesca, con un’età compresa tra i 14 e i 44 anni, di cui 53% donne, per approfondire questa lacuna presente in letteratura.

Uno studio su avversità infantili, tatuaggi e piercing

Dalle analisi eseguite, gli autori (Ernst et al., 2022) hanno riscontrato associazioni tra l’abuso infantile, l’abbandono e la presenza di modifiche corporee. Complessivamente, il 48% di coloro che hanno riferito di aver subito almeno un tipo di abuso o trascuratezza ha dichiarato di avere anche almeno un tatuaggio o un piercing, rispetto al 35% di coloro che non hanno riferito di aver subito abusi o trascuratezza nell’infanzia (Ernst et al., 2022). Non solo i tatuaggi e i piercing erano più comuni tra coloro che riferivano di aver subito qualsiasi tipo di avversità infantile, ma i loro tassi di prevalenza aumentavano anche con la maggiore gravità di tutti i tipi di abuso e trascuratezza (Ernst et al., 2022).

In generale quindi, per alcuni individui che adoperano modificazioni corporee, queste potrebbero rappresentare un mezzo per far fronte a precedenti avversità ed essere un’espressione di autonomia (Ernst et al., 2022). Questi risultati aprono nuove strade per le offerte di supporto (coinvolgendo tatuatori e piercer) e lo screening (ad esempio, nelle cure primarie). I tatuaggi e i piercing potrebbero anche fornire uno stimolo per conversazioni terapeutiche sul significato delle esperienze passate e su temi attualmente importanti (Ernst et al., 2022).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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