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Nascondere le emozioni

Cosa succede quando cerchiamo di nascondere le nostre emozioni e interveniamo per esempio sui gesti e le espressioni facciali?

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 01 Dic. 2022

Quando proviamo un’emozione può succedere che non vorremmo farla trasparire, non vorremmo che chi ci sta davanti capisse quale effetto ha su di noi una determinata situazione, per diversi motivi che possono andare dal pudore alla vergogna, all’imbarazzo, al senso di colpa, in generale a un tentativo di difendere la nostra parte più intima.

 

Paul Ekman e le micro espressioni

Paul Ekman parla di micro espressioni come di quelle espressioni emozionali del volto che hanno una brevissima durata, ovvero un quarto di secondo. Superata questa durata, sono considerate semplici espressioni di mimica facciale. Queste compaiono sul nostro volto a nostra insaputa per poi sparire rapidamente quando decidiamo di voler nascondere le nostre reali emozioni, dando spazio alla mimica di quell’emozione che invece abbiamo deciso di mostrare volontariamente.

Oltre alla mimica facciale, che caratterizza in un modo che possiamo definire inequivocabile le emozioni che fanno capolino in noi, le risposte corporee sono lo strumento per attivare un sistema di comunicazione non verbale che riguarda elementi quali per esempio voce, postura, respirazione e ritmo cardiaco.

I gesti indicatori

Francesco Albanese, psicologo clinico e psicoterapeuta, ha pubblicato un interessante libro su questo argomento che ci spiega che cosa succede quando cerchiamo di intervenire sui quei gesti ed espressioni facciali che sono indicatori dello stato affettivo che stiamo provando, ossia quei movimenti del corpo e del viso che sono associati alle emozioni primarie.

Come sappiamo, il linguaggio non verbale si basa su un insieme di segnali quali movimenti e gesti che sono involontari, quindi non mediati dalla coscienza e per questo motivo meno sottoposti a una censura e maggiormente rivelatori di quello che stiamo realmente provando.

Quando diciamo la verità, il nostro corpo in sostanza dice le stesse cose che dice la nostra bocca. Nel mentire, invece, le nostre parole affermano qualcosa e il nostro corpo dice qualcos’altro. Mettiamo quindi in atto un tentativo di dissimulazione.

Il nostro cervello gestisce i movimenti volontari del corpo e quelli involontari (incluse le espressioni) attraverso circuiti diversi: spesso i circuiti che gestiscono i movimenti volontari si attivano successivamente a quelli che gestiscono i movimenti involontari, con il risultato che le contrazioni dei muscoli facciali tipiche di un’emozione si mostrano istantaneamente e involontariamente sul volto. Se quella stampata sulla faccia di una persona che ci sta parlando è un’emozione che non ci vuole mostrare, i circuiti volontari intervengono per rimettere al loro posto tutti quei muscoli che si sono mossi “senza permesso”. Quella che abbiamo appena visto sparire dal volto di chi ci sta davanti viene chiamata “emozione soffocata”.

Nel momento in cui si prova un’emozione, l’organismo si attiva mettendo in atto una serie di reazioni fisiologiche.

L’uso della voce

La comunicazione verbale si basa naturalmente sull’utilizzo della voce, ma quando parliamo utilizziamo anche un sistema di comunicazione non verbale che consiste nel modificare alcune caratteristiche della voce quali tono, volume, ritmo, velocità e intensità. Le emozioni che proviamo sono in grado di determinare delle variazioni sull’uso della nostra voce e queste determinano cambiamenti nella comunicazione.

Il modo in cui ci esprimiamo, infatti, trasmette agli altri molto di più di quello che possiamo comunicare unicamente con l’uso della parola ed è in grado di influenzare le reazioni di chi ci ascolta attraverso l’empatia.

Per esempio, ascoltare una voce calma comunica un senso di sicurezza e aiuta a rilassarsi, viceversa l’ascolto di una voce concitata che utilizza un tono più acuto otterrà l’effetto contrario.

La postura

La postura è una forma di espressione sia somatica che comportamentale, in altre parole è il modo in cui il corpo si pone in relazione con l’ambiente ed è anch’essa il frutto delle informazioni che ci arrivano dai nostri sensi.

Anche attraverso la postura mettiamo in atto una comunicazione non verbale.

Immaginiamo una persona che cammina con le spalle curve, facilmente ci trasmetterà l’idea di essere impaurita o insicura, mentre chi si mostrerà con la schiena e le spalle diritte trasmetterà sicurezza. E così via.

Respirazione e ritmo cardiaco

Le emozioni negative possono essere caratterizzate da indici fisiologici quali, ad esempio, un ritmo cardiaco irregolare con l’effetto di rallentare o addirittura bloccare le funzioni cognitive superiori e quindi la capacità di elaborare le informazioni che ci arrivano dall’esterno.

Sappiamo bene che quando proviamo emozioni quali rabbia o paura possiamo avere grosse difficoltà nel pensare lucidamente e nel prendere decisioni adeguate. Al contrario, emozioni positive possono facilitare le capacità delle nostre funzioni cognitive.

Un ruolo importante spetta anche alla respirazione, pensiamo per esempio a quando sperimentiamo un senso di paura: la nostra respirazione sarà disregolata e questo tenderà a influenzare il metabolismo. Stati emotivi negativi hanno quindi ripercussioni anche sulla salute, arrivando a influenzare la salute fisica.

È possibile ingannare noi stessi?

A volte quando cerchiamo di nascondere un’emozione non c’è solo la volontà di “ingannare” qualcun altro su quello che stiamo realmente provando, ma è con noi stessi che non vogliamo ammettere le nostre emozioni reali e cerchiamo di giustificare la nostra condotta motivandola con una reazione inconsapevole. Ma ne siamo consapevoli o è possibile che il nostro cervello metta in atto delle strategie, a nostra insaputa, per cercare di ingannare anche noi stessi?

Io credo”, ci dice Albanese, “che per quanto spesso nelle conversazioni e negli scritti si sia portati (io per primo) a fare affermazioni del tipo ‘il cervello fa questo… il cervello fa quest’altro…’, quasi attribuendogli un’autonomia decisionale, mi verrebbe da dire ‘di livello superiore’, dicevo, credo che in realtà il cervello sia un esecutore, un meraviglioso e complesso strumento. Il cervello è perfettamente in grado di gestire alla perfezione l’intero corpo umano e le relazioni di questo col mondo, ma per tutto l’aspetto cui si fa cenno, quindi di vissuto emotivo, il cervello non è altro che il substrato fisiologico sul quale poggiano istanze (mi ripeto) ‘di livello superiore’ come la psiche e, di ancor più superiore, la coscienza. Quindi, io credo che il cervello non adotti (e che non sia interessato ad adottare) strategie di alcun tipo. Le strategie sono già un qualcosa che sta più in su. Le strategie sono ciò che mette in atto il guidatore, alla guida dell’auto. Sono ciò che mette in atto la psiche, alla guida del cervello. Poi, che la psiche sia in grado di modificare i pattern neuronali, questo è ovvio. Niente è disgiunto da tutto il resto, quindi è naturale che sia così. Per tutto questo, c’è la psicoterapia, la meditazione, l’onestà intellettuale con se stessi accompagnata dalla voglia di cambiare”.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Balestrieri, A., (2022), Conoscere le emozioni. Un viaggio alla scoperta di noi stessi. Milano, Independently published.
  • Ekman, P. (1992). Facial Expressions of Emotion: New Findings, New Questions. Psychological Science, 3(1), 34–38.
  • Albanese, F., (2018). Mi stai mentendo? Come riconoscere la verità dietro le bugie, Editoriale Programma.
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