Firenze, dalla prima giornata del Congresso CBT-Italia 2022.
Il settimo simposio della prima giornata di congresso CBT-Italia ha come argomento gli interventi basati sull’ACT e RFT con le persone con Autismo e Disabilità Intellettiva
Il settimo simposio della prima giornata di congresso CBT-Italia è stato condotto da Roberto Cavagnola, psicologo e psicoterapeuta, dirigente sanitario della Fondazione Istituto Ospedaliero di Sospiro – Onlus (CR). Il dott. Cavagnola ha introdotto gli interventi sottolineando come la Relational Frame Theory (RFT) e l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), in continuità con i principi dell’analisi del comportamento, possano offrire soluzioni efficaci per affrontare difficoltà specifiche delle persone con Disturbo dello spettro autistico (ASD), che potrebbero essere collegate alla rigidità e all’inflessibilità psicologica.
Relational Frame Theory, apprendimento e comportamento
Il primo relatore, lo psicologo e psicoterapeuta Simone Napolitano, ha iniziato con una metafora legata all’ex pilota di Formula 1 Niki Lauda: il terapeuta è come un pilota, non serve conoscere la componente ingegneristica del motore per essere un pilota. Ciò nonostante, una conoscenza approfondita del funzionamento meccanico ha permesso a Niki Lauda di essere un buon pilota, un pilota efficace e flessibile.
Il dott. Napolitano ha poi brevemente introdotto la Relational Frame Theory (RFT), come teoria che spiega come gli esseri umani siano in grado di mettere in relazione stimoli ed esperienze in modo arbitrario, al di là delle loro caratteristiche fisiche. Le relazioni simboliche che creiamo tra stimoli a partire dall’esperienza diretta entrano a far parte della nostra storia di apprendimento. In questo modo il comportamento comincia a essere regolato da regole verbali, le quali ci anestetizzano rispetto alle contingenze dell’ambiente presenti nel qui ed ora, irrigidendoci e allontanandoci dall’esperienza diretta. Il linguaggio è in grado di restringere il nostro repertorio comportamentale e quindi portarci all’evitamento esperienziale.
Per questo motivo, il linguaggio e la cognizione sono coinvolti nel mantenimento di alcuni comportamenti verbali complessi legati al Disturbo dello spettro autistico. Ciò è particolarmente vero per coloro che hanno un funzionamento verbale più alto, i quali presentano più frequentemente forme complesse di regole e un’osservanza disadattiva di esse.
La Relational Frame Theory aiuta a portare i pazienti dal lato opposto: sviluppando nuovi repertori e rendendoli maggiormente sensibili alle contingenze contestuali. Per farlo, il dott. Napolitano ha illustrato i tre processi principali su cui lavorare in terapia, affiancandoli con dei video esemplificativi:
- sensibilità alle contingenze contestuali: naming (framing di coordinamento), distinction (di distinzione), tracking (temporali, condizionali, di paragone);
- perspective taking (framing deittici): evocare prospettive differenti, situazioni e momenti di vita, favorire un atteggiamento di apertura;
- promuovere un senso gerarchico del sé: training di distinzione e training gerarchico.
Ha poi richiamato l’attenzione sui fattori contestuali che governano alcuni comportamenti verbali complessi legati al Disturbo dello spettro autistico e su come questi possano essere modificati in ambito clinico per aiutare le persone a interpretare la realtà.
Infine, il dott. Napolitano ha concluso l’intervento riportando le parole di un paziente “Vorrei vivere un solo giorno senza imprevedibilità, senza casualità. Vorrei sapere esattamente cosa penseranno, immagineranno e faranno le persone intorno a me…“.
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Autismo e flessibilità psicologica
A seguire, il dott. Davide Carnevali, psicologo e psicoterapeuta presso l’Istituto Ospedaliero di Sospiro, ha messo nuovamente in luce l’importanza di coltivare la flessibilità psicologica con le persone con Disturbo dello spettro autistico e/o Disabilità Intellettiva (DI) e di avere una buona teoria alla base delle tecniche applicative. Richiamando un recente studio di Steve C. Hayes (2022), ha posto il focus proprio sulla flessibilità psicologica, risultata essere il principale agente di cambiamento nel campo della salute mentale. La flessibilità psicologica risulta essere al centro dei processi di funzionamento del modello ACT e la sua compromissione contribuisce notevolmente a rendere tali processi da fisiologici a patologici (vedi Figura 2) e, quindi, a sviluppare forme psicopatologiche.
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In seguito, citando nuovamente Hayes e il suo recente libro A Liberated Mind: How to Pivot Toward What Matters (2020), ha esposto quelli che sono i bisogni innati sottostanti ai processi della flessibilità psicologica:
- appartenenza e interdipendenza (sé come contesto);
- coerenza e comprensione (defusione cognitiva);
- orientamento (contatto con il momento presente);
- sentire (accettazione);
- competenza (azione impegnata);
- senso e direzione [desiderio di auto-affermazione] (valori).
In particolare, uno dei focus degli interventi con le persone con Disturbi del neurosviluppo (DNS) potrebbe essere la mindfulness, in quanto essa consente di lavorare sul contatto col momento presente e, quindi, di rispondere al naturale bisogno di orientamento al contesto.
A questo proposito, il dott. Carnevali ha presentato uno studio pilota che consisteva nell’applicazione di un intervento basato sulla mindfulness con un gruppo di giovani adulti con DNS, dal titolo “Un piccolo viaggio consapevole”. L’intervento è stato suddiviso in 10 incontri a cadenza settimanale, durante i quali sono stati affrontati tutti i processi dell’ACT. Ogni incontro era così organizzato:
- ritrovo;
- saluto;
- storia contenente una metafora che riguardava il processo affrontato;
- 1 o 2 esercizi di mindfulness condotti dall’operatore;
- discussione e condivisione;
- 1 esercizio di mindfulness condotto da un partecipante;
- discussione e condivisione;
- merenda finale.
Lo studio ha mostrato risultati promettenti relativamente ai processi dell’ACT, avvalorando l’ipotesi che esercizi di mindfulness modificati e riadattati possono mantenere la loro salienza ed efficacia anche quando proposti a persone con ASD o DI.
Dopo di che, il dott. Carnevali ha proseguito il suo intervento focalizzandosi sul “dare valore” come comportamento e sul colloquio sui valori per le persone con DNS. Ha quindi spiegato qual è il rapporto tra preferenze e valori: si tratta di due aspetti che appartengono a uno stesso continuum. L’analisi sottostante ha a che vedere col fatto che le preferenze non hanno alcun ponte verbale e sono definite dalle semplici proprietà fisiche (rinforzanti) degli stimoli. Tra le preferenze e i valori ci sono gli obiettivi e i desideri, i quali prevedono già un’elaborazione verbale (“cosa desidero ottenere adesso”). Infine, i valori rappresentano una proiezione dell’elaborazione verbale nel tempo.
Disturbo dello Spettro Autistico e Valori
A questo punto, è stato mostrato un contributo online da parte del dott. Giovanni Miselli (psicologo, psicoterapeuta e peer reviewed ACT trainer), il quale ha condotto un Colloquio sui valori con una donna con Disturbo dello Spettro Autistico. Tale procedura comincia con una fase di modeling, durante la quale il terapeuta sceglie le carte rappresentanti i valori più importanti per lui in quel momento e suggerendo al paziente le domande da fargli. Il terapeuta poi posiziona le carte selezionate sul “podio” classificandole in tre ordini di importanza e sceglie una sola carta, raccontando perché è importante. Dopo di che, i ruoli si invertono e il terapeuta guida il paziente nell’esplorazione dei propri valori attraverso le carte, per poi concludere con la scelta di una piccola azione impegnata che vada in direzione del valore scelto.
Il Colloquio sui valori illustrato dal dott. Miselli è uno strumento utile per indagare i valori di una persona, utilizzando il supporto visivo delle carte, e di metterli in gerarchia.
Per concludere, il prof. Paolo Moderato ha ripreso la metafora di Niki Lauda: “Non possiamo aggiustare il motore di una persona ma possiamo far sì che in certi contesti quel motore funzioni meglio”. Ha poi invitato a riflettere sulla differenza tra costrutti, processi e repertori, mettendo in guardia dal rischio di reificare i processi.