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Sigmund Freud: i principi fondamentali della terapia psicoanalitica

Secondo Freud la personalità evolve lungo le cinque fasi dello sviluppo affettivo, ciascuna caratterizzata da un centro di piacere e da un conflitto

Di Manuel Trasatti

Pubblicato il 20 Ott. 2022

Aggiornato il 26 Ott. 2022 09:45

Sigmund Freud (1856 – 1939) fu un neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, nonché fondatore della psicoanalisi e autore di un’importante teoria dello sviluppo affettivo, cioè la teoria dello sviluppo psicosessuale (o libidico).

 

I principi fondamentali della teoria psicoanalitica freudiana

Freud sosteneva che la mente umana fosse composta da tre istanze fondamentali: l’Io, l’Es e il Super Io.

L’Io è la struttura più razionale, che rende realistiche e accettabili le spinte pulsionali dell’Es, opera secondo un principio di realtà, si adatta all’ambiente sociale, e contiene delle funzioni regolatrici (le difese) tramite cui gestisce istinti e affetti e tiene sotto controllo le pulsioni dell’Es.

L’Es è l’istanza psichica più istintiva e primitiva, il cui obiettivo è la gratificazione pulsionale, la scarica della libido, e l’evitamento del dolore; opera secondo il principio di piacere.

Il Super Io, infine, è il nostro senso morale, comprende i concetti di giusto e sbagliato, di buono e cattivo, proprio come ci vengono insegnati dai genitori o da figure educative significative. Il Super io limita e inibisce le pulsioni dell’Es e spinge l’individuo a perseguire elevati standard morali. Il Super Io si struttura al superamento del Complesso di Edipo/Elettra, quando il bambino interiorizza norme sociali, valori morali, incorpora modelli di condotta genitoriali e assimila codici etici e deontologici. Il Super Io è anche la fonte del senso di colpa e della vergogna, dal momento che comprende due sottosistemi: la coscienza, che punisce il bambino quando mette in atto comportamenti disapprovati dai genitori, e l’ideale dell’Io, che premia il bambino quando mette in atto comportamenti moralmente accettabili, portandolo ad esperire orgoglio.

Secondo Freud, le mente è regolata dal principio di piacere: è esso che guida le azioni umane e che orienta le nostre motivazioni e le nostre condotte. La pulsione per Freud è un processo dinamico consistente in una spinta (carica energetica o fattore di motricità) che porta l’individuo a protendere verso una meta. La pulsione si compone di quattro dimensioni:

  • una fonte, che è il segnale corporeo che indica un bisogno.
  • un obiettivo, cioè come soddisfare il bisogno.
  • un impeto, che è la dimensione principale delle pulsioni, cioè la spinta che motiva l’individuo all’azione.
  • un oggetto, cioè il mezzo attraverso cui il bisogno viene soddisfatto.

La teoria di Freud sullo sviluppo psicosessuale sottolinea il fatto che la motivazione primaria del comportamento umano sia di natura sessuale (la ricerca di una gratificazione pulsionale) e che lo sviluppo individuale sia un processo largamente inconscio, influenzato dalla nostra sfera emotiva e dalle precoci relazioni oggettuali con figure significative della prima infanzia. In particolar modo, secondo Freud, la personalità è un costrutto dinamico, che evolve modulandosi lungo le cinque fasi che caratterizzano il processo di sviluppo affettivo. Ciascuna di queste cinque fasi – la fase orale, la fase anale, la fase fallica, la fase di latenza e la fase genitale – è caratterizzata da un centro di piacere, rappresentato da una zona erogena, e da un conflitto.

Le fasi dello sviluppo psicosessuale secondo Freud

Nello specifico, il bambino alla nascita è narcisista, cioè agisce unicamente in vista di una gratificazione pulsionale dei propri istinti vitali. Freud definiva il bambino un perverso polimorfo: man mano che cresce, il bambino continua a cercare il piacere sessuale senza uno scopo riproduttivo (perverso), ma comincia a spostare il suo piacere convogliandolo su diverse zone erogene, cioè parti del corpo marcatamente sensibili, al cui contatto il bambino avverte una forte scarica libidica e sensazioni molto piacevoli. Durante le cinque fasi dello sviluppo psicosessuale il bambino è chiamato a risolvere dei conflitti di carattere affettivo, conflitti che vedono contrapposte le esigenze pulsionali e istintuali del bambino (principio di piacere) e le regole e le norme imposte dalla società (principio di realtà): il conflitto, pertanto, è il punto nevralgico della vita affettiva ed emotiva secondo la teoria psicoanalitica di Freud. Se il bambino riesce a superare i conflitti che caratterizzano le varie fasi dello sviluppo, allora può raggiungere un buon livello di maturazione psicobiologica e un equilibrio armonico tra le istanze della sua mente e sviluppare un funzionamento personologico sano. A seconda che le sue pulsioni istintuali siano state esageratamente appagate o frustrate, cioè insoddisfatte, durante il suo percorso di sviluppo evolutivo il bambino può manifestare fissazioni o regressioni. La fissazione avviene quando il bambino, a causa di una frustrazione o di una sovrabbondanza della libido, si blocca ad una fase dello sviluppo psicosessuale, trascinando con sé in epoche successive i suoi desideri libidici. La fissazione spesso porta il bambino a manifestare in età adulta determinati tratti personologici particolarmente accentuati. La regressione, invece, è un meccanismo di difesa, per cui il bambino ritorna a fasi dello sviluppo precedente: quando subentra una regressione, riemergono specifiche esigenze dell’Es e si modifica anche il pensiero del bambino.

Fase orale (nascita-18 mesi): è la prima fase dello sviluppo psicosessuale secondo Freud. In questa fase il bambino stringe la sua primordiale relazione affettiva, cioè la relazione oggettuale con la madre, che funge da prototipo per tutte le future relazioni amorose del bambino. Il legame di attaccamento tra la madre e il bambino, secondo lo psicoanalista, era favorito dal bisogno soddisfatto di cibo: la madre, attraverso il suo seno, gratifica il bambino, appagando il suo bisogno nutritivo. La bocca è la principale zona erogena, nonché fonte di piacere, tramite cui il bambino si relaziona con la madre attraverso il contatto fisico; il seno materno rappresenta l’oggetto di gratificazione pulsionale, divoramento e soddisfacimento sadico orale. Questo stadio termina tipicamente con lo svezzamento, tuttavia una scarsa gratificazione da parte della madre (ad esempio un ritardo nell’esposizione del seno o un’interruzione brusca dell’allattamento) possono frustrare i bisogni libidici del bambino e portarlo a sviluppare una fissazione. La fissazione si traduce in un peculiare pattern personologico, come il pessimismo o angoscia costante o una continuativa brama di gratificazione orale in epoche successive; una fissazione può configurarsi anche come prodotto di un’eccessiva gratificazione orale: in tal caso il bambino farà fatica ad investire altrove la sua libido. Pertanto è importante che il genitore sia in grado di offrire al bambino la giusta dose di gratificazione.

Fase anale (18 mesi-3 anni): in questa seconda fase il centro del piacere è il controllo sfinterico. L’atto di trattenere o espellere le feci è per il bambino metafora di autonomia, indipendenza e controllo sul mondo esterno. La defecazione è un atto su cui il bambino può esercitare un suo controllo, in quanto egli può scegliere se trattenere o rilasciare. In particolar modo, nel momento in cui avverte il bisogno fisiologico di defecare, il bambino può alleviare la tensione che ne deriva mediante la defecazione, procurando a se stesso piacere. Peculiarità di questa fase sono l’ambivalenza dei sentimenti (se da un lato le feci sono qualcosa di buono, cioè da trattenere, dall’altro è sgradevole, e quindi da espellere) e i primi conflitti con l’autorità genitoriale, che sembra pretendere che il bambino impari al più presto ad esercitare un controllo responsabile e consapevole dei propri sfinteri. Il compito educativo dei genitori è molto delicato in questa fase, in quanto un addestramento genitoriale troppo rigido può frustrare i desideri infantili e portare a delle fissazioni istintuali: secondo Freud il bambino che defeca in luoghi e tempi inappropriati, sfuggendo allo sguardo del genitore, potrebbe diventare un adulto irresponsabile, disordinato e poco pratico col denaro, mentre il bambino che assimila in fretta la disciplina genitoriale può diventare stitico e quindi manifestare da adulto tratti di ansietà, eccessivo perfezionismo, ordine, parsimonia.

Fase fallica (3-6 anni): rappresenta la fase dello sviluppo sessuale più importante, in quanto contribuisce in maniera marcata alla formazione della personalità e alla definizione dell’identità sessuale del bambino. Il bambino concentra l’energia pulsionale nella zona genitale, cioè nell’area del fallo, e sceglie come oggetto d’amore la madre, di cui cerca di attirare l’attenzione mediante comportamenti esibizionistici. Bambino e bambina cominciano a definire la loro identità sessuale, in quanto si rendono conto del fatto che tra di loro esistano delle differenze anatomiche e sessuali, e a livello inconscio vagheggiano di unirsi sessualmente col genitore di sesso opposto: è qui che secondo la teoria freudiana subentra il Complesso di Edipo (nel bambino) o di Elettra (nella bambina), che si caratterizza per la presenza di una forte attrazione sessuale per il genitore di sesso opposto e di sentimenti di rivalità e antagonismo per il genitore dello stesso sesso. Il complesso di Edipo si risolve nel momento in cui il bambino sperimenta l’angoscia di castrazione, cioè la paura che il genitore dello stesso sesso possa punirlo per le sue velleità erotiche; il bambino, allora, rinuncia alla madre e si identifica nel padre, assorbendone tratti caratteriali, modelli di giusto e sbagliato, codici etici e deontologici. La dinamica è leggermente diversa al femminile, in quanto nella fase pre edipica la bambina si sente anatomicamente identica al bambino, per cui anche il suo oggetto d’amore è la madre. In seguito, con la scoperta del pene nella fase edipica, la bambina capisce di essere diversa dal bambino ed esperisce un senso di inferiorità e di invidia. Il suo desiderio diventa quello di sostituirsi alla madre e di avere una gravidanza e un rapporto sessuale col padre, tuttavia, per timore di eventuali punizioni da parte della madre, accantona i suoi desideri sessuali e si identifica nel genitore dello stesso sesso. Al superamento del complesso di Edipo/Elettra, il bambino e la bambina strutturano il loro Super Io e acquisiscono il concetto della triangolarità della relazione.

Fase di latenza (6-11 anni): superata la fase fallica, subentra un periodo di tranquillità istintuale, in cui i desideri edipici infantili subiscono l’effetto di alcuni meccanismi di difesa come la formazione reattiva, la sublimazione e la rimozione. Il bambino rimuove il Complesso di Edipo, motivo per cui comincia a stringere legami di amicizia con figure dello stesso sesso con cui formare gruppi, l’identità di genere si rafforza e l’energia libidica viene indirizzata a mete di carattere morale, sociale e intellettuale.

Fase genitale (11 anni in poi): corrisponde all’ultima fase dello sviluppo psicosessuale. I desideri edipici e gli impulsi sessuali che erano stati rimossi nella fase di latenza qui ricompaiono con maggior forza, spingendo l’individuo a focalizzare l’energia pulsionale in un oggetto esterno al nucleo familiare; si consolida la libido oggettuale, la sessualità matura, cioè l’individuo cerca una relazione affettiva e sessuale con un partner esterno. Il centro del piacere è rappresentato dalla zona genitale, al cui primato si assoggettano le zone erogene del passato.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Freud., S. (2015). Tre saggi sulla teoria sessuale, a cura di Alberto Lucchetti, BUR.
  • Santrock, J. W. (2017). Psicologia dello sviluppo, McGraw-Hill, Milano.
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