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Il temperamento

Il tempero emerge precocemente, è connesso alla fase prenatale e perinatale e può contribuire alla strutturazione della personalità dell'individuo

Di Manuel Trasatti

Pubblicato il 15 Set. 2022

Il temperamento è uno stile emotivo e comportamentale caratteristico di un individuo, un modo di rispondere agli stimoli sensoriali, di esperire la realtà circostante e di relazionarsi con gli altri tipicamente stabile e consistente dall’infanzia.

 

 Il temperamento differenzia gli individui in termini di intensità delle risposte affettive ed emotive e a livello comportamentale, riflette tendenze latenti e può essere considerato come la dimensione biologica, emotiva e istintiva della nostra personalità, tuttavia risente anche di esperienze sociali e fattori ambientali: un genitore, per esempio, può relazionarsi in modo diverso con un figlio a seconda che sia maschio o femmina, oppure quest’ultimo può risentire in modo differente di esperienze di vita particolarmente significative. I tratti temperamentali emergono precocemente, sono connessi alla fase prenatale e perinatale e possono contribuire alla strutturazione della personalità dell’individuo. La personalità costituisce l’insieme delle caratteristiche che differenziano gli individui gli uni dagli altri, si configura come una somma di tratti, cioè di dimensioni relativamente stabili, costanti modalità di percepire e di relazionarsi con sé stessi e con gli altri. La personalità è una modalità strutturata di pensiero, sentimento e comportamento e favorisce l’adattamento all’ambiente.

Le dimensioni del temperamento e le principali tipologie

Nel 1977, gli psichiatri Stella Chess e Alexander Thomas effettuarono il primo studio sul temperamento degli adulti, il New York Longitudinal Study. Dopo aver indagato lo sviluppo psicologico di 133 soggetti dalla nascita all’età adulta, hanno delineato nove dimensioni caratterizzanti il temperamento umano:

  • attività: indica la proporzione tra periodi attivi e periodi inattivi del bambino, ad esempio se si tratta di un bambino particolarmente reattivo agli stimoli;
  • ritmicità: indica la regolarità o al contrario l’irregolarità dei ritmi alimentari, circadiani e del sonno;
  • adattabilità: indica la capacità di adattamento all’ambiente dell’individuo;
  • distraibilità: indica la capacità di uno stimolo esterno di distrarre un bambino da una certa situazione o da un comportamento;
  • soglia di sensibilità sensoriale: indica l’intensità di cui uno stimolo necessità per elicitare nel bambino una certa risposta sensoriale, ad esempio la tendenza di un bambino a sobbalzare al più lieve rumore;
  • intensità delle reazioni emotive: indica l’energia espressa dal bambino quando esplica una risposta emotiva, ad esempio la potenza percettiva di una risata;
  • umore: indica il tono prevalente dell’umore, ad esempio se si tratta di un bambino sorridente o tendenzialmente ritroso e schivo;
  • persistenza e durata dell’attenzione: indica la capacità di un bambino di mantenere l’attenzione verso un certo stimolo nonostante le interferenze e le eventuali interruzioni;
  • approccio o ritirata: indica il tipo di rapporto che il bambino ha con uno stimolo diverso dall’ordinario o con una situazione nuova, ad esempio il modo in cui reagisce alla vista di un estraneo.

Sulla base di queste nove dimensioni, i due psichiatri identificarono tre principali tipologie di temperamento:

  • bambino facile: comprende il 40% dei bambini; tipicamente i bambini facili presentano un umore positivo e instaurano una routine regolare.
  • bambino difficile: comprende il 10% dei bambini; i bambini difficili hanno un umore tendenzialmente negativo, piangono frequentemente e faticano a relazionarsi col caregiver e a delineare regolari routine.
  • bambino lento a scaldarsi (o a lenta attivazione): comprende il 15% dei bambini; l’umore di questo tipo di bambini è generalmente piatto.

Nel 1984, gli psicologi americani David Michael Buss e Robert Plomin classificarono i bambini sulla base di tre dimensioni del temperamento:

  • A- emotività: include tratti come la tendenza al malumore, all’irritabilità, all’ansia e all’agitazione;
  • B- attività: presuppone una differenziazione dei bambini in termini di reattività agli stimoli, mobilità, adattabilità e motricità;
  • C- socievolezza: indica la predisposizione al contatto sociale e alla relazione con gli altri.

Temperamento e autoregolazione

 Nel 2006, gli psicologi John E. Bates e Mary K. Rothbart, nella concettualizzazione del temperamento, operarono una suddivisione dell’emotività in positiva e negativa e delinearono il concetto di autoregolazione, cioè la capacità del bambino di regolamentare le sue risposte espressive, sensoriali e motorie, di adattarsi alle richieste ambientali attraverso un processo di modulazione delle proprie condotte. Tali autori descrissero il temperamento come una struttura costituita da tre dimensioni:

  • A- estroversione/disinibizione: indica la tendenza alla ricerca di stimoli nuovi e sensazioni particolari e l’impulsività;
  • B- affettività negativa: si riferisce alla tendenza alla paura, al pianto e all’irritabilità;
  • C- capacità di controllo/autocontrollo: corrisponde al controllo inibitorio, allo spostamento dei processi percettivi e attentivi, alla sensitività percettiva, al piacere a bassa intensità, alla capacità di autoregolazione, autogestione e alla facoltà che ha il bambino di calmarsi in situazioni specifiche.

Analizzando il costrutto di inibizione verso l’estraneo (sentimento di diffidenza, ansia ed evitamento che il bambino prova nei confronti di una figura sconosciuta o poco familiare che compare a partire dai 7-9 mesi), lo psicologo Jerome Kagan, uno dei pionieri della psicologia dello sviluppo, ha suddiviso il temperamento infantile in due tipologie: bambino inibito e bambino disinibito. Mentre il primo tende a manifestare cautela e ritrosia nei confronti degli estranei e ad adattarsi lentamente a stimoli nuovi, l’altro prende subito confidenza con essi e mostra una buona predisposizione all’adattamento.

Lo stesso Kagan nel 2002 e nel 2010 approfondì il costrutto di inibizione temperamentale deducendo che esista una correlazione tra il temperamento infantile e la capacità adulta di flessibilità all’esperienza, duttilità e adattamento all’ambiente: in particolare, il temperamento inibito pare essere fortemente correlato a una minore assertività in età adulta e a una maggiore difficoltà nell’inserimento nel mondo del lavoro, oltre che a una certa quota di diffidenza generale e di sottomissione in età adolescenziale. Al contrario, bambini poco inibiti sembrerebbero maggiormente inclini ad approcciare a stimoli ed eventi nuovi in modo molto più energico e spontaneo, e generalmente in adolescenza ostentano maggior socievolezza. Naturalmente si tratta di concettualizzazioni prettamente statistiche: come già detto in precedenza, fattori ambientali come lo stile di accudimento, la relazione col caregiver, il contesto sociale, economico, scolastico e culturale di riferimento e il tipo di relazione e di esperienze che il bambino vive quando comincia ad interagire col gruppo dei pari possono condurre ad esiti e traiettorie di sviluppo molto diverse e modulare la componente biologica e il substrato genetico del temperamento umano.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Caprara G. V. e Gennaro A. (1994). Psicologia della Personalità e delle differenze individuali. il Mulino.
  • Feldman R., Ciceri M.R. e Amoretti G. (2021). Psicologia Generale IV/e. McGraw Hill Education.
  • Santrock J. W. (2017). Psicologia dello Sviluppo. McGraw-Hill.
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