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Regolazione emotiva: un processo che inizia nei primi mesi di vita

La regolazione emotiva consente di modulare le emozioni sia positive che negative e si apprende già nelle prime interazioni col caregiver - Psicologia

Di Marika Di Egidio, Federica Di Francesco

Pubblicato il 12 Gen. 2016

Aggiornato il 02 Lug. 2019 12:44

Lo sviluppo delle emozioni e la regolazione emotiva nei bambini

Lo sviluppo psicologico del bambino appare strettamente connesso alle capacità di regolazione emotiva che il piccolo acquisisce nel corso della prima infanzia. Buone competenze di regolazione emotiva consentono un’efficace modulazione delle proprie emozioni (positive e negative) contribuendo a mantenere integra l’organizzazione comportamentale e psicologica dell’individuo.

Articolo di Di Egidio Marika, Di Francesco Federica 

 

Durante l’infanzia, in particolare nel primo anno di vita, la regolazione emotiva si configura come un processo essenzialmente diadico, in cui assume un ruolo fondamentale l’attività regolatoria svolta dal caregiver.

Sebbene numerosi indicatori attestino la natura organizzata delle emozioni infantili e la capacità dei lattanti di regolare attenzione e affetti – già a due mesi i bambini sono in grado di discriminare le espressioni facciali prodotte dagli adulti attribuendovi uno stato emotivo, di imitare le espressioni altrui e, soprattutto, di regolare la propria risposta emotiva sulla base degli indici espressivi forniti dal genitore – è pur vero che tali competenze, per potersi sviluppare in maniera compiuta, necessitano della presenza di un adulto sensibile e responsivo, in grado di interpretare i segnali del bambino e offrire il proprio aiuto al piccolo nella modulazione delle sue emozioni. In queste prime fasi del percorso evolutivo è dunque il caregiver a offrire la struttura esterna perché i processi regolatori possano svilupparsi e maturare, favorendo il passaggio dalla regolazione emotiva diadica all’autoregolazione.

Le osservazioni videoregistrate di interazione faccia-a-faccia dei bambini di qualche mese con le loro madri costituiscono una fonte straordinaria di conoscenza rispetto a queste tematiche, testimoniando come la disposizione del bambino alla comunicazione si alimenti di una regolazione reciproca che, all’inizio, è principalmente diretta dal genitore (Barone, 2007).

Regolazion emotiva: Il paradigma dello Still-Face

Una delle dimostrazioni più convincenti deriva dalle ricerche condotte utilizzando il paradigma della Still-Face (o paradigma del volto immobile; Tronick et al. 1978). Tale procedura consiste in un’osservazione strutturata che prevede tre brevi episodi sequenziali: nel primo episodio di interazione faccia-a-faccia la madre è chiamata a interagire con il bambino così come fa abitualmente, utilizzando la voce, le espressioni del volto, i gesti e così via; nel secondo episodio di Still-Face alla madre viene invece chiesto di assumere un’espressione del viso neutra e di restare immobile e in silenzio; nell’ultimo episodio la madre riprende l’interazione che aveva interrotto ricominciando a parlare e a interagire nella modalità abituale.

Le ricerche effettuate con questo paradigma sono riuscite a mettere in luce come il bambino, già a 3-4 mesi, si dimostri estremamente sensibile alle modificazioni dell’espressività materna, modificando a sua volta le proprie modalità comunicative. A fronte del volto non responsivo della madre, il bambino inizialmente intensifica i suoi sforzi comunicativi rivolti a quest’ultima accentuando il sorriso, le vocalizzazioni e l’intensità dello sguardo (Brezelton, Cramer, 1990, citato in Riva Crugnola, 2007); successivamente, in concomitanza della persistente inespressività del volto materno, fa ricorso a condotte di auto-regolazione emotiva volte a modificare i propri stati di disagio, sia evitandone il contatto, rivolgendo lo sguardo altrove e assumendo anch’egli una mimica inespressiva, sia ricorrendo alla stimolazione di parti del proprio corpo (mano in bocca, grasping di una mano sull’altra) e alla manipolazione dei propri indumenti (Riva Crugnola, 2007).

Le risposte comportamentali fornite dai lattanti sottoposti alla procedura di Still-Face manifestano in maniera evidente gli effetti della temporanea indisponibilità emotiva materna, rivelando un chiaro aumento dello stress e del disagio emotivo esperito dai bambini. Le stesse reazioni testimoniano, inoltre, il ruolo del genitore in qualità di regolatore esterno dello stato emotivo del bambino: quando la madre non può svolgere la sua normale funzione regolatoria, al piccolo non resta altro che attivare schemi comportamentali atti a ridurre i livelli di arousal per cercare di gestire, in maniera autonoma, lo stress emotivo generato dalla momentanea “assenza” del genitore.

Le strategie di regolazione emotiva dei bambini

A questo proposito Gianino e Tronick (1988, citato in Tronick, 2006) propongono di suddividere i comportamenti auto-regolatori dei bambini in due grandi categorie: autodiretti ed eterodiretti.
I primi riguardano strategie di regolazione emotiva volte a ottenere il controllo del proprio stato emotivo agendo su se stessi. Queste azioni permettono al bambino di controllare gli affetti negativi attraverso lo spostamento dell’attenzione dall’evento disturbante, o attraverso la sostituzione di una stimolazione negativa con una stimolazione positiva (Rothbart, Derryberry, 1984, citato in Tronick, 2006). Tra le principali strategie regolatorie autodirette è possibile annoverare comportamenti quali il distoglimento dello sguardo dallo stimolo fonte di stress – comportamento che, riducendo la frequenza cardiaca del bambino, contribuisce ad abbassare il livello di attivazione fisiologica del piccolo – e comportamenti auto-consolatori e auto-stimolatori quali il succhiare e manipolare parti del proprio corpo (dita, capelli, orecchie, ecc.) o dei propri indumenti (vestiti, seggiolino, ecc.), anche questi con effetto calmante sul bambino soggetto a condizione di stress.

Le strategie regolatorie eterodirette si presentano invece come strategie finalizzate a ottenere il controllo del proprio stato emotivo agendo sul partner adulto, affinchè intervenga per favorire una riduzione dei livelli di attivazione. Esempi di strategie eterodirette sono tutte quelle manifestazioni affettive in grado di svolgere una funzione di regolazione emotiva nei confronti del comportamento dell’interlocutore, in particolare: vocalizzazioni, espressioni facciali, tentativi di essere presi in braccio, attività motoria associata a stati di fastidio o nervosismo (ad esempio contorcersi ed agitarsi sul seggiolino), orientamento dello sguardo verso il viso del partner adulto.

Chiaramente la distinzione tra comportamenti autodiretti ed eterodiretti non è così netta e immediata. Anche i comportamenti autodiretti possono rappresentare una forma di comunicazione, trasmettendo al caregiver la valutazione del bambino circa il successo o il fallimento dei tentativi da lui compiuti e il suo stato emotivo. Il caregiver, di conseguenza, potrà agire sulla base di tale messaggio al fine di aiutare il piccolo a raggiungere i propri obiettivi regolatori e interattivi.

In generale, i comportamenti autodiretti ed eterodiretti fanno entrambi parte del normale repertorio di cui il bambino dispone per fronteggiare la tristezza, la rabbia e gli affetti positivi più accentuati che possono trasformarsi in distress. Entrambe le strategie consentono, infatti, al bambino di contenere gli effetti potenzialmente dirompenti che queste emozioni, nei loro aspetti più estremi, possono provocare sulle azioni che egli mette in atto nel tentativo di raggiungere i propri obiettivi (Tronick, 2006).

Sebbene l’apporto della relazione diadica con la madre sia evidente fin dalle prime settimane di vita, è all’età di 3-6 mesi che l’incidenza di tale relazione si rende più evidente: lo sviluppo delle capacità espressive, attentive, percettive, mnestiche e di sensibilità sensoriale, insieme alla continuità delle esperienze con il caregiver, favorisce l’inizio delle prime distinzioni preferenziali nei confronti di quest’ultimo e il ricorso a condotte di regolazione emotiva sempre più articolate e complesse, centrate sulla focalizzazione dell’attenzione verso gli oggetti e l’ambiente circostante o finalizzate a richiamare l’attenzione dell’adulto per ottenere supporto da quest’ultimo nella modulazione delle proprie emozioni (Kopp, 1989, citato in Riva Crugonola, 2007).

La mutua regolazione tra il bambino e il genitore continuerà a caratterizzare il processo di regolazione emotiva anche nei mesi successivi, restando la modalità elettiva di riferimento almeno fino al periodo prescolare. All’interno di questo ampio range temporale è comunque possibile evidenziare alcuni snodi fondamentali, il principale dei quali è rappresentato dalla comparsa, nel secondo anno di vita, di strategie auto-regolatorie più mature, fondate sulle crescenti competenze simboliche, linguistiche e cognitive sviluppate in questo stesso periodo dal bambino. Strategie regolatorie significative diventano allora il gioco simbolico, la narrazione o il ricorso a oggetti transazionali, che il piccolo può utilizzare per tranquillizzarsi, per esempio a fronte dell’assenza della madre (Riva Crugnola, 2007).

Alcuni fattori di rischio possono tuttavia compromettere questo processo evolutivo sovrapponendosi alle incipienti capacità regolatorie. Un esempio di tali fattori di rischio può essere rintracciato nelle caratteristiche temperamentali infantili. In proposito alcune ricerche attestano come le caratteristiche temperamentali del bambino influenzino il ricorso a strategie regolatorie che coinvolgono i processi attentivi (Rothbart, Ziaie, O’Boyle, 1992; Kopp, 2002, citati in Riva Crugnola, 2007); mentre altre mettono in luce una relazione significativa tra tratti temperamentali negativi e scarsa incidenza di condotte auto-consolotorie (Braungkart-Rieker, 1998).

Ciò nonostante è doveroso sottolineare come il temperamento non rappresenti una dimensione di personalità stabile, risultando piuttosto influenzato dalle esperienze di vita del bambino (Rothbarth, 1981), dalla qualità dell’ambiente di crescita e dalla qualità dell’interazione con il caregiver. Anche in presenza di un temperamento “difficile” la responsività del caregiver può giocare un ruolo rilevante nell’orientare lo sviluppo della regolazione emotiva in una direzione di progressiva riduzione delle difficoltà emotive del bambino (Barone, 2007).

Oltre al temperamento, un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo delle capacità regolatorie potrebbe essere l’influenza esercitata dalla qualità della relazione di attaccamento sviluppata dal caregiver nei confronti dei propri genitori. Il pattern d’attaccamento sviluppato dall’adulto può infatti influenzare in maniera determinante il suo comportamento e il grado di sensibilità mostrato nei confronti del bambino. Nel caso dell’attaccamento sicuro, ad esempio, la sensibilità materna è costante e congrua, favorendo l’attuazione di pratiche genitoriali idonee a garantire lo sviluppo di adeguate competenze regolatorie e di sicurezza emotiva nel bambino. Nel caso dell’attaccamento insicuro-evitante, invece, la sensibilità si mostra in maniera scarsa e parziale all’interno degli scambi madre-bambino, favorendo percorsi evolutivi inadeguati allo sviluppo di una piena e matura competenza regolatoria.

In quest’ottica, è possibile affermare che un clima familiare caratterizzato da conflitti, scarsa sensibilità e dal prevalere di affetti negativi potrebbe rappresentare un serio fattore di rischio per lo sviluppo della regolazione emotiva, determinando un forte disadattamento psicologico e scarsa sicurezza emotiva nel bambino. Viceversa, un ambiente familiare caratterizzato dalla presenza di relazioni stabili tra i genitori, da manifestazioni di affetto positivo e da sensibilità e attenzione per le richieste del bambino dovrebbe essere in grado di garantire lo sviluppo di pattern di regolazione ottimali e preservare i bambini dallo sviluppo di future psicopatologie.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Braungart-Rieker, J., Garwood, M.M., Powers, B.P., Notaro, P.C. (1998). Infant affect and affect regulation during the still-face paradigm with mothers and fathers: the role of infant Characteristics and parental Sesitivity. Developmental Psychology, 34( 6), 1428 – 1437.
  • Barone, L. (2007). Emozioni e Sviluppo. Percorsi tipici e atipici. Roma: Carocci Editore.
  • Riva Crugnola, C. (2007). Il bambino e le sue relazioni. Attacamento e individualità tra teoria e osservazione. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Rothbart, M.K. (1981). Measurement of temperament in infancy. Child Development, 52, 569 – 578
  • Tronick, E.Z. (2006). The stress of normal development and interaction leads to the development of resilience and variation in resilience. Tr. it. In Ricerca psicoanalitica (a cura di), Lo sviluppo e la variazione della resilience come variabili dipendenti dal normale stress dello sviluppo e dell’interazione (265 – 294). Ricerca Psicoanalitica, XVII(3), 2006.
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