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Comunicare scorrettamente lo stress rappresenta un potenziale rischio iatrogeno?

Promuovere una corretta informazione sullo stress può evitare un potenziale rischio iatrogeno causato da una pericolosa disinformazione

Di Massimo Agnoletti

Pubblicato il 01 Set. 2022

Le scienze psicologiche e mediche che si occupano di Stress, sebbene con tutti i loro attuali limiti concettuali, ci offrono alcune indicazioni fondamentali per la nostra salute ed il nostro benessere. Tra queste preziose indicazioni vi è il fatto che esiste uno Stress Positivo ed uno Negativo e che ciò che pensiamo dello Stress determina la gestione di questo importante meccanismo psicofisico.

 

Se queste premesse sono vere allora la comunicazione sia divulgativa che tecnica relativa allo Stress dovrebbe essere rivista alla luce delle suddette indicazioni scientifiche al fine di promuovere la salute ed il benessere umano ed evitare un danno causato da una pericolosa concezione dello Stress che promuoviamo attraverso un’errata comunicazione.

In particolare, i professionisti del benessere psicofisico umano (psicologi, medici, psichiatri, ecc.), coerentemente con le evidenze scientifiche attualmente disponibili, dovrebbero promuovere una corretta informazione sullo Stress per evitare un potenziale rischio iatrogeno causato da una pericolosa disinformazione che danneggia i destinatari della loro comunicazione.

Esistono implicazioni deontologiche di questo possibile rischio iatrogeno (dovuto quindi all’operato del professionista) legate alla disinformazione promossa dai professionisti nei confronti dei loro assistiti che, comunicando loro concetti potenzialmente dannosi quali “ridurre lo Stress”, “annullare lo Stress”, “combattere lo Stress”, “eliminare lo Stress”, “tecniche antistress”, “vincere lo Stress”, “superare lo Stress” e simili, promuovono in loro un potenziale danno psicofisico.

Queste espressioni sono accattivanti dal punto di vista comunicativo perché sono semplicistiche (quindi efficaci dal punto di vista anche commerciale), ma sono altresì fuorvianti, confusive e soprattutto non scientifiche.

Per i professionisti del benessere psicofisico le suddette espressioni (“vincere lo Stress”, “superare lo Stress”, etc.), ed in genere una comunicazione errata dello Stress, sono anche scorrette dal punto di vista deontologico perché, essendo scientificamente errate, promuovono una visione monolitica e polarizzata in senso esclusivamente negativo dello Stress che sappiamo essere pericolosa per la salute psicofisica umana.

La letteratura scientifica attualmente disponibile sullo Stress indica infatti che esso è un meccanismo psico-neuro-endocrino-immunologico fondamentale per il nostro benessere e la nostra salute psicofisica.

Il concetto di Stress maggiormente condiviso all’interno della comunità scientifica assume che esso corrisponda ad una caratteristica attivazione psico-neuro-endocrina-immunologica finalizzata a risolvere una situazione potenzialmente pericolosa per l’omeostasi dell’organismo.

Chrousos e Agorastos (Agorastos & Chrousos, 2021) sintetizzano così il concetto classico di Stress:

Lo stress è definito da uno stato di minaccia all’equilibrio omeodinamico da un’ampia gamma di sfide o stimoli intrinseci o estrinseci, reali o percepiti, definiti come fattori di stress. Per preservare questo stato omeodinamico ottimale all’interno di un intervallo fisiologico, gli organismi hanno sviluppato un sistema altamente sofisticato, il sistema dello stress, che serve all’autoregolazione e all’adattabilità dell’organismo mediante il re-indirizzamento dell’energia in base alle esigenze presenti.

Tale definizione, sebbene molto elegante, non coglie la reale complessità delle dinamiche che possiamo ricondurre al meccanismo dello Stress perché, come molte altre definizioni (McEwen, 2007; Sapolsky, 2006; Chrousos, 2009) si rifanno alla situazione in cui l’unica funzione dello Stress è quella di garantire e difendere attivamente l’equilibrio omeostatico (o allostatico) escludendo però la situazione in cui l’organismo sta aumentando la propria complessità bio-psico-sociale (Agnoletti, 2022; Agnoletti, in press).

Se così non fosse allora la definizione classica di Stress dovrebbe inglobare anche contesti in cui lo Stress non avrebbe esclusivamente una funzione strettamente biologica ma servirebbe anche per raggiungere scopi psicologici e socioculturali lontani logicamente dalla teleonomia biologica legata alla preservazione della sopravvivenza (Agnoletti, 2019a; McEwen & Akil, 2020).

Eustress e distress

Comunque, anche rimanendo all’interno del paradigma classico di Stress, è attualmente largamente condiviso dalla comunità scientifica il fatto che vi sia uno Stress Positivo (Eustress) ed uno Negativo (Distress) e che mentre il primo sottolinei il valore adattativo positivo per l’organismo (in qualità di meccanismo per assicurare la nostra sopravvivenza), il secondo evidenzia la potenziale pericolosità per il benessere e la salute umana di questo meccanismo se adottato in contesti evoluzionisticamente distanti da quelli originariamente previsti.

In altri termini sappiamo con sicurezza che lo Stress possiede sia un valore negativo, Distress, che positivo, Eustress, ma sappiamo anche con altrettanta solidità (Crum, Salovey, & Achor, 2013; Epel et al., 2004; Jamieson, Nock, & Mendes, 2012; Keller et al., 2012) che l’insieme di informazioni specifiche che possediamo a livello cognitivo relative al concetto di Stress determinano la probabilità di avere un impatto positivo o negativo per il nostro benessere e la nostra salute.

Ad esempio, nello studio del 2012 la dott.ssa Keller e colleghi (Keller et al., 2012), hanno misurato per otto anni a quasi trentamila statunitensi il livello di Stress e chiesto loro se pensassero che lo Stress influenzasse negativamente o meno la loro salute.

La ricerca ha dimostrato che ad alti livelli di Stress si associava un aumento del rischio di morte del 43% ma questo era vero solo per coloro che ritenevano che lo Stress potesse unicamente danneggiare la propria salute.

Le persone invece che riportavano ugualmente elevati livelli di Stress, ma che non lo consideravano unicamente come dannoso ma anche positivo, non avevano probabilità maggiori di morire anzi, la loro condizione si associava ad un rischio di morte più basso rispetto a qualunque altro individuo coinvolto nell’indagine, persino più basso rispetto coloro che avevano riferito di aver sperimentato poco Stress, ma che lo consideravano unicamente come dannoso.

In altre parole, i ricercatori hanno dimostrato che la dimensione cognitiva psicologica relativa al “cosa” crediamo dello Stress influenza la nostra aspettativa di vita cioè quanto vivremo e con quale qualità di vita, perché ad aumentare la probabilità di morire è la convinzione che lo Stress sia unicamente un fenomeno nocivo, non il “quanto” ci si sente stressati.

Considerando questa ed altre ricerche simili, la percezione dello Stress intesa come insieme di conoscenze cognitive relativamente al concetto di Stress che hanno conseguenze psico-neuro-endocrino-immunologiche sulla sua gestione psicofisica, risultano essere un fattore fondamentale nel determinare il benessere e la salute umana.

Dalla letteratura scientifica emerge quindi la necessità di considerare anche la natura cognitiva psicologica relativa al “cosa” pensiamo dello Stress per valutarne gli effetti psicofisici, quindi, continuare a considerare lo Stress e comunicarlo in termini di qualcosa solo da “annullare”, “combattere”, “vincere”, “superare”, “eliminare” etc., risulta essere riduzionistico ed impreciso oltre che ascientifico e pericoloso perché promuove un concetto che favorisce un rischio psicofisico ormai dimostrato.

Dal punto di vista tecnico, da parte dei professionisti del benessere e la salute umana, l’errata comunicazione del concetto di Stress si configura come un possibile rischio iatrogeno cioè come un danno arrecato all’assistito dovuto all’intervento errato effettuato dal professionista.

In particolare, gli psicologi e i medici, che studiano con molto interesse i potenti fenomeni dell’effetto placebo/nocebo (Benedetti, 2010; Benedetti et al., 2010; Benedetti, 2012), dovrebbero essere maggiormente attenti e sensibili nella comunicazione dello Stress che utilizzano con i loro assistiti proprio perché dovrebbero avere un’alta competenza, consapevolezza e responsabilità riguardo a queste tematiche.

 

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