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La rabbia e le sue implicazioni positive e negative nello sport

La rabbia viene considerata una reazione affettiva allo stress che si manifesta dopo la frustrazione e pertanto può impattare sulla prestazione nello sport

Di Marco Lazzeri, Porzia Zara

Pubblicato il 14 Set. 2022

La rabbia può diventare disfunzionale, specialmente negli sport che richiedono concentrazione, sforzo e attenzione prolungati per periodi di tempo più lunghi.

 

 Per chi pratica sport è importante saper gestire le emozioni e sfruttarle a proprio vantaggio. Le emozioni rappresentano un elemento fondamentale dello sport che possono accrescere od ostacolare la prestazione sportiva. Lo sport può diventare quindi un luogo privilegiato dove imparare ad ascoltare e riconoscere le emozioni come gioia, tristezza, rabbia e paura. Le emozioni sono quindi una risorsa per la comprensione di sé e dell’altro e per il fondamento dell’azione consapevole (Hanin, 2003). Come suggerito da Hanin e Syrja (1995), i processi emozionali possono seguire, regolare e sostenere l’azione sportiva, ma anche disturbarla e persino bloccarla.

Cos’è la rabbia e che funzione ha in generale?

La rabbia è un’emozione che, dato il suo modello di espressione facciale universalmente riconoscibile, viene annoverata tra gli stati affettivi di base (Ekmann, 1999). Le circostanze scatenanti la sua manifestazione possono riguardare una condizione di disagio fisico, dovuto per esempio a un ambiente ostile, o per proteggersi da un minaccia percepita (Wilkowsky e Robinson, 2010). Altre volte, questa emozione può supportare l’attuazione di agiti diretti all’obiettivo, quando una circostanza nel mondo esterno impedisce il raggiungimento dell’obiettivo desiderato, causando frustrazione (Panksepp, 1998). La rabbia in questi casi ha una funzione adattiva. Si può parlare di una rabbia disadattiva, disfunzionale o patologica, quando essa crea sofferenza individuale oppure compromette le relazioni sociali spingendoci a compiere azioni dannose verso persone, cose o se stessi. In altri casi la rabbia, se incanalata in attività alternative o imparata a gestire, può essere intesa come strumento concepito per raggiungere determinati scopi prefissati.

La rabbia nello sport

La rabbia viene considerata come una reazione affettiva allo stress che si manifesta dopo la frustrazione, come uno stato emotivo che è conseguente all’eccitazione fisiologica vissuta e della sua interpretazione cognitiva. Pertanto, la rabbia come costrutto multidimensionale è associata a distorsioni cognitive (per es., valutazioni errate e attribuzioni di colpa), cambiamenti fisiologici (per es., ipertensione) e reazioni comportamentali (per es., espressioni facciali, strategie di espressione verbale/comportamentale della rabbia). La rabbia non è solo uno stato emotivo, che varia nel tempo, nella situazione e nell’intensità, ma puó anche essere uno stabile tratto di personalità che riflette la tendenza di una persona a provare rabbia frequentemente o intensamente (Spielberger et al., 1995).

Gli atleti coinvolti negli sport di contatto fisico, spesso percepiscono la loro rabbia agonistica come benefica per le prestazioni sportive (Robazza e Bortoli, 2007) e la considerano utile per stimolare un comportamento (Robazza et al., 2006). Al contrario, i giocatori di ping-pong (esempio di uno sport di contatto non fisico) considerano la rabbia continua e ricorrente come un fattore debilitante, poiché un surplus di energia risulta faticoso in termini di autocontrollo e può interferire con una prestazione ottimale (Martinent et  al., 2012). La rabbia può quindi diventare disfunzionale, specialmente negli sport che richiedono concentrazione, sforzo e attenzione prolungati per periodi di tempo più lunghi (Hanin, 2000).

Come può intervenire lo psicologo dello sport?

La letteratura scientifica suggerisce programmi di intervento cognitivo-comportamentale che possono risultare fruttuosi nell’aiutare gli atleti a comprendere e controllare la rabbia disfunzionale.

I programmi di trattamento della rabbia iniziano a tre potenziali livelli di cambiamento dell’esperienza e dell’espressione della rabbia:

  • Modifica dell’eccitazione fisiologica: include una desensibilizzazione sistematica e un trattamento di rilassamento inteso a ridurre l’eccitazione fisiologica associata alla rabbia e mirato a prevenire sentimenti spiacevoli e comportamenti sfavorevoli (Dahlen e Deffenbacher, 2001).
  • Modifica dei processi cognitivi: si basa su trattamenti cognitivi volti a modificare processi di pensiero come valutazioni e attribuzioni ostili e credenze irrazionali (Ellis e Dryden, 2007). Vengono sviluppate e provate cognizioni alternative e più funzionali. L’esperienza della rabbia sarà quindi ridotta in modo che l’intensità della rabbia rimanga a un livello che consenta un comportamento adattivo. Di conseguenza, cambierà anche l’espressione della rabbia.
  • Modifica del comportamento (interazione sociale): l’allenamento delle abilità sociali è un approccio comune al trattamento della rabbia e per organizzare in modo appropriato la comunicazione interpersonale. Le procedure in quest’area si basano sul presupposto che alcune persone possano avere deficit sociali. Quindi, i sentimenti di rabbia non possono essere espressi in modo socialmente appropriato: ad esempio, resistenza alle provocazioni o violazione di requisiti giustificati senza ferire i sentimenti degli altri (Deffenbacher et al., 2002). La formazione sulle abilità sociali insegna agli individui le abilità appropriate per gestire la rabbia nelle situazioni sociali. Vengono quindi utilizzati approcci multicomponenziali, in cui i cambiamenti sono intesi su ciascuno dei tre livelli di regolazione: processi psicofisiologici, processi cognitivi e processi di interazione sociale (Deffenbacher, 2011; Steffgen, 2014).
  • Uso della realtà virtuale: diversi studi hanno dimostrato l’efficacia della realtà virtuale nella gestione e nel trattamento della rabbia, soprattutto se usati in sinergia con trattamenti CBT. Gli ambienti di realtà virtuale (VR) possono infatti suscitare potenti reazioni e possono facilitare, in totale sicurezza e controllo, la manifestazione di stati affettivi di difficile gestione (Hye-Jeong Jo et al., 2022; Miyahira S.D et al., 2010).

Esiste una correlazione o una differenza tra rabbia e aggressività?

La rabbia è uno stato emotivo interno all’individuo, mentre l’aggressività si riferisce al comportamento messo in atto al di fuori. L’aggressività coincide con l’attacco fisico e/o verbale, mentre la rabbia, esperita soggettivamente, la si può osservare attraverso espressioni tipiche della mimica facciale (Barrett et al., 2019).

 La rabbia non causa spontaneamente e necessariamente aggressività, la conversione richiede altri fattori, tra cui l’attivazione, l’intensificazione e l’orientamento della rabbia, che può essere direzionata all’interno o all’esterno di sé. Se l’individuo si conosce come il responsabile della frustrazione e del fallimento, la sua rabbia si rivolge all’interno, contro se stesso, e si intensifica (Berkowitz, 1989; Kimble et al., 2010). Tuttavia, quando l’individuo riconosce le altre persone come responsabili della frustrazione e del fallimento, la rabbia si rivolge all’esterno, contro gli altri, e si intensifica. Il risultato di questa valutazione non è totalmente rivolto all’interno o all’esterno, può avvenire un graduale orientamento o attivazione.

Un altro meccanismo che porta la rabbia al punto di essere espressa in comportamento aggressivo è il predominio delle emozioni negative. Berkowitz (1983) spiega come la presenza e la serie di emozioni negative (esperienze di frustrazione, di opposizione, di aggressività e di stimolazione), specialmente nelle situazioni di emergenza delle competizioni sportive, preparano l’individuo all’aggressività. Sulla base di questa spiegazione, l’attivazione della rabbia originata dall’interno o dall’esterno per mezzo del predominio delle emozioni negative mette in relazione questa struttura psicologica con l’aggressività. Diverse forme di espressione di rabbia tra cui l’aggressività fisica, verbale e indiretta (Buss e Warren, 2000; Maxwell, 2008; Maxwell et al., 2007), che corrispondono a vari aspetti della rabbia in entrata e in uscita, confermano questa spiegazione.

Infine, l’aggressività è associata all’attivazione della rabbia tramite l’indebolimento del suo controllo e del suo potere di gestione. Quando la rabbia diventa attiva a causa di un fattore effettivo (interno o esterno), le emozioni negative che subentrano offuscano la lucidità dell’individuo. Nello sportivo questo si traduce con l’interruzione di aspetti quali la concentrazione o la precisione del gesto atletico. Inoltre, la probabilità di comportamenti aggressivi in ​​queste situazioni è molto alta.

L’identificazione di questa struttura psicologica negli atleti può essere considerata il primo passo per prevenire gli esiti negativi nelle competizioni sportive.

L’influenza della componente rimuginativa nello sport

Rimuginare sulle provocazioni e sulla rabbia associata può portare a un rischio maggiore di ritorsioni rispetto a quando la ruminazione non è presente. L’idea che la ruminazione sia un fenomeno cognitivo caratterizzato da modelli di attribuzione negativi fornisce un incoraggiamento per insegnare cognizioni più appropriate in risposta alla provocazione. Il modus operandi ruminativo può essere interrotto attraverso l’uso di diverse tecniche come l’arresto del pensiero e il cambio di pensiero. Fermare il pensiero implica riconoscere un pensiero inappropriato e urlare (silenziosamente) “STOP”, quindi respirare profondamente ed espirare lentamente mentre si conta a ritroso oppure concentrarsi su un comportamento non aggressivo/immagine neutra. Questa tecnica si è rivelata efficace nel trattamento di varie forme di ruminazione (Martin, 1982; Parenteau e Lamontagne, 1981) e può anche essere appropriata per combattere la rabbia ruminante negli atleti aggressivi. Il cambio di pensiero implica la sostituzione dei pensieri negativi con quelli positivi, come aumentare il desiderio di vincere piuttosto che vendicarsi. Entrambi i metodi dovrebbero dimostrarsi in grado di ridurre la ruminazione e, di conseguenza, aiutare a combattere la materializzazione di aggressioni indesiderate nello sport.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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