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La soppressione del peso e le sue implicazioni

La regolazione del peso corporeo è un meccanismo complesso che ha come obiettivo l’omeostasi, cioè mantenere il peso percepito come sano dall’organismo

Di Claudia Rossi

Pubblicato il 30 Giu. 2022

Aggiornato il 08 Feb. 2024 14:49

Per un breve periodo è possibile introdurre un controllo esogeno sul proprio peso (una dieta, regole alimentari…) ottenendo un cambiamento, ma, a lungo andare, questi meccanismi sono alla base di quello che viene definito recupero del peso.

 

La variazione del peso

La massima altezza a cui possiamo arrivare è “scritta” nel nostro DNA. È così per la forma e la lunghezza del naso, delle ciglia, delle dita della mano; per la misura del piede; per il colore dei capelli e degli occhi… ma per il peso?

Siamo abituati a pensare di poter modificare il nostro peso corporeo a piacimento, semplicemente mangiando di più se desideriamo che aumenti e di meno se, al contrario, desideriamo che diminuisca. Ma allora perché, una volta interrotti questi comportamenti atti alla sua modificazione, il peso tende a tornare al livello iniziale? Perché non è possibile cambiarlo in maniera “definitiva”?

La regolazione del peso corporeo è un meccanismo complesso che ha come obiettivo l’omeostasi, ovvero la tendenza biologica a conservare invariate le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne: in questo caso particolare, il peso percepito come sano dall’organismo.

Questo sistema di autoregolazione coinvolge diverse molecole che agiscono prevalentemente sull’ipotalamo e modificano tanto l’assetto metabolico quanto il comportamento dell’individuo proprio per garantire il mantenimento di questo status quo.

Possiamo dividere i segnali biologici in due categorie:

  • Segnali anoressizanti, ovvero in grado di ridurre la fame, sono prodotti in risposta ad un aumento del peso e del numero e/o volume degli adipociti. Tra essi troviamo l’ormone leptina, prodotto dal tessuto adiposo, il quale ha la funzione di ridurre l’appetito, stimolando la lipolisi e la termogenesi, e inducendo così sia una riduzione della fame sia l’aumento dei consumi energetici. Anche l’insulina, ormone prodotto dalle cellule beta del pancreas in risposta all’ingestione di cibo, è in grado di ridurre l’appetito;
  • Segnali oressizzanti, il cui scopo è quello di aumentare l’appetito, vengono prodotti quando il peso corporeo scende e quando numero e/o volume degli adipociti si riduce. Fanno parte di questa categoria il neuropeptide Y, sintetizzato a livello ipotalamico in risposta anche al digiuno, e la grelina, ormone prodotto dalle cellule dello stomaco per stimolare l’appetito.

Per un breve periodo, è possibile “silenziare” questi messaggi biologici introducendo un controllo esogeno (una dieta, regole alimentari…) e appellandosi alla volontà, ed ottenere in questo modo una modifica del peso ma, a lungo andare, questi meccanismi sono alla base di quello che viene definito weight regain – recupero del peso – così come anche della difficoltà nell’aumento ponderale degli individui con un peso biologicamente basso.

In entrambi i casi, il ritorno del peso allo status iniziale viene spesso attribuito erroneamente ad una mancanza di forza di volontà e può creare nell’individuo un grande senso di frustrazione.

Quanto maggiore è la differenza tra il peso per così dire biologico e quello raggiunto, tanto più importanti saranno le risposte dell’organismo per ristabilire lo stato di omeostasi e, di conseguenza, gli sforzi che l’individuo dovrà fare per mantenere il nuovo peso.

I meccanismi di regolazione del peso andrebbero sempre presi in considerazione da dietologi, dietisti e nutrizionisti che affiancano una persona che desidera dimagrire o aumentare in peso: ignorare la spinta biologica al ripristino dello status quo, infatti, significherebbe abbandonare il paziente a se stesso nel momento più difficile del percorso, ovvero il mantenimento dei risultati raggiunti.

Peso e obesità

In particolare, nel caso di pazienti affetti da obesità, occorre ricercare una perdita di peso che sia tollerabile per l’organismo ma, allo stesso tempo, sufficiente affinché si possa ottenere un miglioramento dello stato di salute.
Diversi studi hanno dimostrato che una perdita di circa il 5-10% del peso, sebbene spesso non permetta di rientrare in una classificazione di normopeso, determini significativi miglioramenti delle condizioni di salute e delle complicanze mediche associate all’obesità (Dalle Grave – “Il primo passo per perdere peso”) ed è perciò questo un peso ragionevole a cui puntare.

Il modo migliore per ottenerlo è sicuramente una terapia che punti alla modificazione dello stile di vita e che implichi un cambiamento a lungo termine di:

  • Alimentazione, attraverso l’introduzione di una dieta moderatamente ipocalorica, che consenta la perdita di circa 0,5-1 kg a settimana prima e il mantenimento poi;
  • Attività fisica, con la riduzione della sedentarietà e la creazione di abitudini più attive, da mantenere nel tempo;
  • Fattori di mantenimento, ovvero meccanismi psicologici e comportamentali che favoriscono il mantenimento della condizione di obesità.

Peso e anoressia nervosa

Un’altra situazione in cui il meccanismo del weight regain costituisce un problema da non ignorare è quello dell’anoressia nervosa: nel caso di questo disturbo del comportamento alimentare, il peso soppresso può essere di così tanti kg da spingere il corpo a meccanismi estremi per il recupero e l’autoconservazione.

Molti pazienti, infatti, dopo un periodo di restrizione e dimagrimento iniziano a sperimentare momenti di perdita di controllo sul cibo, fino ad avere in alcuni casi vere e proprie abbuffate.

Lo scopo di questi comportamenti è, metabolicamente parlando, proprio quello di evitare la morte per fame e permettere all’organismo di riottenere il peso di partenza.

Visti come comportamenti egodistonici, le perdite di controllo portano ad un aumento delle preoccupazioni e ad un senso di colpa tali che il paziente spesso arriva ad amplificare ulteriormente la propria restrizione alimentare e talvolta mettere in atto strategie di compenso (vomito autoindotto, esercizio fisico eccessivo, abuso di lassativi…).

Una corretta terapia per i disturbi alimentari dovrebbe dunque tenere conto della soppressione del peso e della necessità di un recupero di questo, proprio perché parte integrante dei fattori di mantenimento del problema. Educare a questi meccanismi e all’importanza di ottenere un peso salutare, ovvero quello che può essere mantenuto con uno stile di vita sano ed un’alimentazione varia e flessibile, può essere un passo importante per una buona compliance e la prevenzione delle ricadute.

 

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