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Neurobiologia della lettura: nuove tracce da scoprire pagina dopo pagina

La lettura riflette un’abilità tipicamente umana, che richiede il funzionamento di numerose aree del cervello, confermando un significativo salto evolutivo

Di Cristi Marcì

Pubblicato il 17 Mar. 2022

A prescindere dalla trama che incontriamo pagina dopo pagina durante la lettura e dalla velocità con la quale divoriamo un racconto, si attiva a livello cerebrale un’area ben specifica chiamata in inglese Visual Word Form Area (VWFA).

 

A mio padre Giovanni, che mi ha sempre trasmesso l’amore per la lettura, il piacere per la curiosità e l’intraprendenza nell’immergermi in nuove pagine.

 

Leggere evidenzia non solo un insieme affascinante di processi insiti in ciascuno di noi, ma al contempo risulta un’attività pienamente terapeutica, con effetti a dir poco sorprendenti! In grado di coinvolgerci da capo a piedi, ripristinando spesso il nostro livello di stress e rafforzando i nostri assi e circuiti cerebrali.

In ciascuno di noi è presente, a livello della corteccia, una regione specializzata per la lettura, infatti questa abilità sembrerebbe essere il frutto non solo dell’evoluzione, bensì il risultato di complessi meccanismi neurobiologici.

La Word Form Area e il cablaggio neuronale

A prescindere infatti dalla trama che incontriamo pagina dopo pagina, dalla velocità con la quale divoriamo un racconto, si attiva a livello cerebrale un’area ben specifica chiamata in inglese Visual Word Form Area (VWFA). Oggetto di studi e ricerche, quest’ultima infatti la si può indagare chiedendo ad un lettore di visualizzare uno schermo ove scorrono alcune parole, oppure ancora di classificarle in base al loro significato (Saygin, Z, M., 2016). Una semplice richiesta a seguito della quale è possibile rintracciare correlati neuronali in grado di evidenziare sempre più substrati corticali.

Nello specifico, in tutti i lettori, il riconoscimento visivo delle parole attiva sempre una popolazione di neuroni, a prescindere dalla lingua in cui leggono, collocata nel solco occipito-temporale sinistro della corteccia visiva.

Più di uno studio ha infatti dimostrato che la VWFA occupa una posizione altamente riscontrabile da un lettore all’altro: le neuroscienze, qualora adoperassero le coordinate spaziali che definiscono la posizione di tale area nel cervello di un lettore, potrebbero prevedere dove si trova la stessa regione nel cervello di un’altra persona (Hargreaves, I, S., 2012).

Purché sappia leggere o si stia cimentando in questa magnifica scoperta.

Leggere riflette un’abilità tipicamente umana, che richiede il funzionamento di numerose aree del cervello, confermando altresì un salto evolutivo in grado di chiamare in causa il reclutamento di numerosi distretti cerebrali.

Tale concetto lo si può definire come l’insieme dei pattern di attivazione all’interno del cervello in un determinato momento (Siegel, J. D., 2001). Quasi come vi fosse una sincronia connotata dalla collaborazione di più centri nervosi uniti nel fornire una base o meglio ancora un supporto (Hebb, D. O., 1949). Infatti si vengono a evidenziare processi in sinergia tra loro e che risultano assemblati in uno stato di attività temporaneo, che consente di massimizzare la loro efficacia e la loro efficienza (Plaut, D., 2010, Thagard, P., 2002).

Mentre leggiamo, infatti, la concentrazione di ossigeno nel sangue (valevole indicatore dell’attività del cervello) aumenta in un gruppo di regioni dell’emisfero sinistro più che in tutte le atre regioni. L’area che principalmente risulta attiva è proprio la VWFA, in grado di confermare quanto la lettura risulti essere un procedimento complesso, ma in grado di lasciare un’impronta sul proprio corpo, fornendo oltremodo una nuova chiave di lettura!

Il riciclo neuronale e la potatura di nuove parole

Secondo il neurologo Laurent Choen e il neuroscienziato Stanislas Dehaene non è la corteccia umana ad essersi evoluta per leggere, ma i sistemi cerebrali correlati alle attività cognitive. Quest’ultime, infatti, secondo i due studiosi, non solo riflettono un background culturale ed esperienziale insito in ogni lettore, ma al contempo una rappresentazione corticale riproducibile tramite il riciclo neuronale (Deahene, S., 2009).

Nel caso infatti della VWFA riflette a pieno il processo con cui un ambito della conoscenza umana si appropria di una regione o di una struttura preesistente del cervello, rispettando peraltro i confini morfologici e funzionali relativi a quello specifico distretto cerebrale.

Collocata tra il lobo temporale e quello occipitale, la Visual Word Form Area sembra inoltre chiamata in causa per un’altra funzione specifica, necessaria per ogni buon lettore: la visione.

Quando siamo immersi in un racconto infatti i nostri occhi avanzano a piccoli passi, detti saccadi, da un frammento di parola a un altro, nondimeno ogni momento di sosta prende il nome di fissazione. A lavorare di più è l’emisfero cerebrale sinistro (Cachia, A., 2017).

Strutturalmente e funzionalmente il cablaggio neuronale coinvolge l’area di Broca, il lobo frontale medio sinistro, l’area per la forma visiva ed infine il giro angolare sinistro (Redish, J., 2010).

Rispettivamente si assiste al monitoraggio di più funzioni che simultaneamente consentono di comprendere, analizzare, riconoscere ed associare il contenuto di quanto la vista ci pone di fronte, determinando e valorizzando la plasticità cerebrale, tanto fisiologicamente quanto morfologicamente.

I contributi degli studi di RM, sia morfologici che funzionali, hanno infatti consentito di rilevare ed evidenziare le variazioni della plasticità cerebrale a livello di grande scala nei processi di riorganizzazione funzionale. La plasticità neuronale risulta sottesa ad un processo di neurogenesi in rapporto all’ambiente circostante (Cajal, S., 1913) in grado di fornire nuovi spunti sulle trame neurobiologiche correlate alla lettura.

La lettura come strumento terapeutico: farsi leggere pagina dopo pagina

Spesso un libro è in grado di cambiare la vita, di apportare nuovi consigli, ma ancor di più di trovare soluzioni circa problematiche personali verso le quali si pensava non esistessero vie di fuga.

Questo mondo fatto di carta, parole ed emozioni fatte di inchiostro ha il potere di entrare nella testa, nel cuore e nella vita di una persona, rivoluzionandone davvero il pensiero, la vita e il suo stato mentale.

 A sostegno di quanto appena accennato la psicologa canadese Gilda Katz sostiene che leggere rappresenti una forma di terapia vera e propria. Proponendo il termine Biblioterapia definisce questa metodologia uno strumento valido e parecchio impiegato all’estero (Katz, G., 2016). In Canada ad esempio un uso assai discreto è documentato dagli operatori sanitari; l’80% degli psicologi infatti ‘prescrive’ una lettura specifica al proprio paziente. Dalla fine degli anni novanta alcuni ricercatori hanno evidenziato come leggere aiuti a combattere una grande varietà di disturbi!

Tra questi possono essere annoverati l’ansia, l’alcolismo, l’insonnia e l’obesità, le quali nel loro insieme non riflettono un’etichetta, bensì una fase di vita rispetto alla quale poter trovare sollievo in un nuovo mondo fatto di carta e parole.

Tutti i tipi di narrativa possono infatti rappresentare una fonte di benefici, la narrazione può condurre il lettore a prendere coscienza di alcuni suoi problemi; se si pensa per esempio all’ambito della sessualità, la lettura di un romanzo erotico può stimolare non solo il desiderio, ma, cosa ancor più importante, l’immaginazione. Dunque un nuovo modo di percepirsi e percepire quello che viene definito ‘problema’ (Hubin, A., 2011).

A livello cerebrale inoltre la biblioterapia sembra lasciare una vera e propria traccia nel cervello, aumentando e rafforzando alcune connessioni neuronali.

Nel 2013 Gregory Berns dell’università di Atlanta ha dimostrato come la lettura di un romanzo aumenti le suddette connessioni; nello specifico la lettura di testi letterari rinforza da una parte la potenza curativa del linguaggio, dall’altro le sensazioni tattili e le simulazioni motorie interne al nostro stesso cervello (Gregory, B., 2013). Leggendo entriamo dunque nei panni di un personaggio e ne percepiamo le emozioni, il tatto e la motricità, peraltro già incarnate nei nostri modelli di realtà interiori. A livello psicosomatico significa che corpo e mente viaggiano all’unisono, accogliendo nel proprio corpo sensazioni talmente intense da essere accompagnate dall’immaginario. Leggere dunque risveglia in noi precisi ‘marcatori somatici’, i quali, secondo il neurologo Antonio Damasio, riflettono reazioni fisiologiche associate ad eventi realmente vissuti.

Sottolineando come la biblioterapia debba essere accompagnata da un approccio psicologico e/o psicoterapico, essa può promuovere la nascita di un nuovo percorso, entro cui il lettore, incontrando personaggi, debolezze e colpi di scena, rafforza l’unione tra la dimensione emotiva e quella cognitiva, scoprendo così un nuovo modo di stare al mondo (Damasio, A., 2016).

Lasciarsi leggere dal libro: un rischio che apre le porte all’incontro con se stessi

Leggere un libro è più di un semplice coinvolgimento di più parti, rappresenta un vero e proprio incontro. Durante la lettura non ci si limita a farsi assorbire cognitivamente dal contenuto, ma si incontra un qualcosa di sconosciuto dal quale ci si lascia leggere (Recalcati, M., 2018).

È un evento in cui i piani dell’attività e della passività si ribaltano e si confondono: ‘non sono più io che leggo il libro, ma è il libro che mi legge’. Ciò significa che nell’incontro con un libro si incontra sempre una parte di sé stessi, un punto in cui l’enigma più singolare e indecifrabile della propria esistenza viene gradualmente svelato, quasi come la parte più intima dell’individuo emergesse in superficie, pronta ad acquisire un nuovo dono.

Una nuova chiave di lettura.

 

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Cristi Marcì
Cristi Marcì

Psicologo, Specializzando in Psicoterapia

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cachia, A., 2017. How Interindividual Differences in Brain Anatomy Shape Reading Accuracy. Brain Structure and Function.
  • Cajal, S., 1913. Degeneracion y regeneracion del sistema nervoso. Imprenta de Hjigos de Nicolas Moya, Madrid.
  • Damasio, A., 2016. In Mente e Cervello, n. 135, p. 95.
  • Deahene, S., 2009. I neuroni della lettura. Raffaello Cortine editore.
  • Gibson, E., 2005. Reading Relative Clauses in English. Cognitive Linguistics, Vol. 16, pp. 313-353.
  • Gregory, B., 2013. Short and long Term Effects of a Novel on Connectivity in The Brain. Brain Connection, Vol.3, p. 590.
  • Hargreaves, I, S., 2012. How a hobby Can Shape Cognition: Visual Word Recognition in Competitive Scrabble Players. Memory & Cognition, Vol. 40, pp. 1-7.
  • Hebb, D. O., 1949. The organization of BeBehavior. In New York, John Wiley and Sons.
  • Hubin, A., 2011. Bibliotherapy: An effective therapeutic tool for female sexual disfunction? European Journal of Sexology and Sexual Health, Vol. 20, pp. 88-93, 2011.
  • Katz, G., 2016. In Mente e Cervello n. 135, p. 95.
  • Recalcati, M., 2018. A libro aperto, una vita è i suoi libri. Feltrinelli Editore Milano.
  • Redish, J., 2010. Plain Language Makes a Difference when People Vote. Journal of Usability Studies, Vol. 5, pp. 81-103.
  • Saygin, Z, M., 2016. Connectivity Precedes Function in The Development of The Visual Word Form Area. Nature Neuroscience, Vol. 19, n. 9, pp. 1250-1255.
  • Siegel, J. D. (2001). La mente relazionale. Raffaello Cortina Editore, Milano 2013, p.18
  • Thagard, P. (2002). Coherence in Tought and Action. MIT Press, Cambridge.
  • William, C., 2013. Guided Self-Help Cognitive Behavioural Therapy for depression in Primary Care: A Randomised Controlled Trial. PLoS One, Vol. 8, n. 9.
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