L’umorismo ha il suo ruolo all’interno della terapia: permette di ‘mettere le cose in prospettiva’, mettendo quella giusta distanza critica tra ciò che proviamo e percepiamo e ciò che il mondo realmente è.
L’humour è un eccellente antidoto allo stress. Poiché le relazioni umane amorevoli sono cosi salutari per la mente, vale la pena sviluppare un lato umoristico. Ho raggiunto la conclusione che l’umorismo sia vitale per sanare i problemi dei singoli, delle comunità e delle società. Patch Adams
Negli ultimi anni, alcuni studi hanno scoperto che l’umorismo può essere utile come strategia, insieme ad altre, nel trattamento di un gran numero di disturbi, come l’ansia, il disturbo ossessivo compulsivo, la depressione ma anche nel trattamento di gravi disturbi come schizofrenia e psicosi.
L’umorismo serve come una potente fonte di intense emozioni positive, come divertimento, euforia o allegria e quindi ha il potenziale per annullare gli affetti negativi persistenti con le loro conseguenze fisiologiche.
Un meccanismo rilevante è quello di distrarre dal significato negativo di situazioni angoscianti.
L’umorismo cambia drasticamente il significato di una situazione negativa in una meno grave e meno minacciosa (Lefcourt et al., 1995 ). Si ritiene che ciò implichi cambiamenti cognitivi radicali e corrispondenti modificazioni nella risposta emotiva, tipicamente descritti come un cambiamento cognitivo-affettivo (Lefcourt, 2001). Di conseguenza, un individuo può prendere con successo le distanze da una situazione negativa e valutarne il significato da un punto di vista meno angosciante. L’effetto adattivo della distanza basata sull’umorismo è stato evidenziato, tra l’altro, in una ricerca sperimentale sul paradigma dell’auto-minaccia, in cui è stato dimostrato che l’umorismo ha portato alla valutazione delle avversità in un modo meno inquietante, dannoso e accettabile.
Sebbene l’umorismo sia spesso considerato un modalità adattiva di affrontare le avversità, è stato sottolineato che esistono molti tipi o forme di umorismo e ognuno ha le proprie conseguenze sulla salute mentale (vedi Martin, 2007 ). Alcune di queste forme, specialmente quelle legate a una visione allegra della vita o al ridere in modo costruttivo delle avversità, sono considerate potenti strategie per affrontare le esperienze negative, mentre altre forme di umorismo, come il sarcasmo, il ridicolo, sono tradizionalmente interpretati come disfunzionali (Vaillant, 2000 ). Ci sono stati studi considerevoli sulle differenze individuali nell’uso dell’umorismo, dimostrando che ci sono quattro distinti stili umoristici: due adattivi e due disadattivi (vedi Martin, Puhlik-Doris, Larsen, Gray e Weir,2003 ). Esistono numerose prove, per lo più correlazionali, che gli stili di umorismo adattivo (affiliativo e auto-migliorante), rispetto a quelli disadattivi (aggressivo e autolesionista), siano positivamente correlati a varie componenti della salute mentale, come l’autostima, l’ottimismo /pessimismo, sintomi depressivi o ansiosi (es. Martin, 2007 ). Ad esempio, Rnic, Dozois e Martin (2016) hanno evidenziato che stili umoristici disadattivi diminuiti e aumentati sono associati a maggiori distorsioni cognitive depressogene.
L’umorismo in psicoterapia
Nel tradizionale cognitivismo, Ellis (1998) usava l’umorismo e il paradosso come pensiero critico per mettere in discussione idee irrazionali con lo scopo di trasformare emozioni e sentimenti negativi. Questa tradizione di prima ondata ha guadagnato un maggiore slancio grazie agli ultimi sviluppi che promuovono un trattamento basato sul distanziamento. Approcci di terza generazione si basano proprio su tale obiettivo.
L’umorismo ha quindi il suo ruolo anche all’interno della terapia: permette di ‘mettere le cose in prospettiva’, guardandole dall’esterno attraverso la lente dell’ironia e mettendo quella giusta distanza critica tra ciò che proviamo e percepiamo e ciò che il mondo realmente è.
Un importante mediatore tra l’uso dell’umorismo e il miglioramento emotivo è proprio il distanziamento, parliamo di tipi di umorismo che creano una visione distante di eventi angoscianti, come l’umorismo che assume una prospettiva (Lefcourt, 2001) o il ridere di se stessi (Beermann & Ruch, 2011).
Trovare umorismo in situazioni negative può sembrare incongruo o inappropriato per i pazienti che vivono uno stato di sofferenza, determinando così la loro riluttanza. Se è così, una forma più semplice di umorismo che non è correlata a una situazione negativa, potrebbe essere più accessibile e, inoltre, può avere effetti più forti, in quanto consente di isolarsi dai materiali negativi e deviare tutta l’attenzione verso stimoli divertenti. Sebbene questa forma distaccata di umorismo non fornisca un modo per rivalutare la situazione negativa e quindi non attiverebbe il meccanismo di allontanamento, la sua estraneità allo stress e il suo contenuto puramente positivo potrebbero evocare emozioni positive più intense e fornire una distrazione molto più forte da un umore negativo.
Come utilizzare l’umorismo come strumento terapeutico?
Dalla clownterapia, alla terapia della risata sono vari gli approcci che si occupano dell’uso dell’umorismo come forma di cura o di promozione del benessere.
Sia in terapia individuale che in interventi di gruppo risulta, per molti, fondamentale stimolare i pazienti ad una prospettiva umoristica. La ricerca dimostra che per ottenere risultati a lungo termine è necessaria tanta pratica al fine di stimolare una visione più funzionale di se stessi, degli altri e del mondo. In particolare, si sono rivelati molto utili training psicoeducativi incentrati sull’umorismo in programmi da 8 a 10 incontri. L’uso di filmati, storie, video-clips, esercizi esperienziali, strumenti come l’autocaratterizzazione di Kelly, l’ABC di Ellis e la conseguente ristrutturazione in termini umoristici, hanno permesso di stimolare una maggiore consapevolezza di sé e determinato benefici anche nella sfera socio-relazionale.
L’incremento dell’uso dell’umorismo, nei vari contesti clinici conferma effetti positivi all’organismo e pare sia addirittura un buon antidoto per la regolazione emotiva e per il miglioramento di alcune abilità metacognitive.