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Uno psicoanalista sul cammino di Santiago (2021) di Carlo Arrigone – Recensione del libro

'Uno psicoanalista sul cammino di Santiago' è il racconto, intenso e commovente, del resposabile di una comunità per ragazze con Disturbo Borderline

Di Giuseppina Ferrer

Pubblicato il 17 Gen. 2022

Nel libro Uno psicoanalista sul cammino di Santiago, per il dilagante vissuto depressivo che sembrava aver attanagliato l’intera comunità dopo il suicidio di Stella, Carlo decide di partire per il Cammino di Santiago di Compostela.

 

Il dolore deve essere liberato, la tristezza deve trovare le sue lacrime, la paura deve trovare una sicurezza, la solitudine deve trovare un conforto, la colpa deve trovare un perdono e la rabbia deve trovare una riconciliazione.

Un giorno di una rovente estate una telefonata irrompe nella quotidianità di Carlo, psicoanalista responsabile di una comunità che ospita ragazze adolescenti affette dal Disturbo Borderline di Personalità. In un attimo lo sgomento prende il sopravvento: Stella ha deciso di suicidarsi, buttandosi sui binari della metropolitana, proprio dopo aver chiesto di essere dimessa.

È a partire da questo tragico evento che prende le mosse il cammino di Carlo, come professionista, ma soprattutto come uomo, con tutto il suo carico di fragilità, di domande e di emozioni contrastanti.

Il suicidio di Stella sconvolge tutti, gli operatori e le altre ragazze ospiti, al punto che diventa impossibile poterne parlare, impossibile condividere il dolore. Il cammino di Stella era stato interrotto e tutti attorno a lei sembravano assecondare questa frattura che Stella aveva deciso per la sua vita. Non parlarne più, non poter esprimere la sofferenza, equivaleva però a non poter elaborare ciò che era accaduto e quindi non poter accettare e andar avanti, proseguire nel proprio cammino.

Ed è proprio per il dilagante vissuto depressivo che sembrava aver attanagliato l’intera comunità, dopo il suicidio di Stella, che Carlo decide di partire per il Cammino di Santiago di Compostela. Un gesto forte, a tratti folle: lui stesso in più occasioni riconosce che lasciare le ragazze e le operatrici in quel momento poteva essere rischioso, ma un gesto che si rivelerà indispensabile per poter elaborare, raccontare, liberamente soffrire e infine perdonarsi e perdonare.

Il suicidio di Stella aveva infatti insinuato, tra le ragazze ospiti della comunità, l’idea che per loro non vi fosse speranza alcuna, aveva confermato il profondo senso di indegnità che le attanagliava e che purtroppo caratterizza chi è affetto da un Disturbo Borderline di Personalità. Sentirsi indegni, non meritevoli di nulla di buono, e spesso senza speranze per il futuro rende il proprio cammino quotidiano un’esperienza drammaticamente estenuante, per chi lo vive come paziente, ma a volte anche per chi lo vive al loro fianco come operatore.

La mancanza di speranza e il senso di impotenza che da essa deriva sono estremamente contagiosi e non c’è nulla di peggio quando proprio chi dovrebbe infondere speranza per un cambiamento, chi tecnicamente è lì per aiutare e guidare, è invaso dallo stesso senso di impotenza. Carlo era quindi di fronte ad un bivio: provare ad andare avanti attanagliato dal dolore, con il rischio di rimanere inesorabilmente fermo, oppure partire per un cammino tanto intenso quanto emozionante che ridarà speranza, innanzitutto a Carlo come uomo, e poi a tutte le persone a lui care, ma soprattutto alle sue ‘guerriere’, come a lui piace chiamare le ragazze ospiti della comunità.

Camminerò perché c’è sempre una speranza, un domani, una redenzione che ci aspetta, una felicità che un giorno potremo abbracciare. Camminerò per tutte voi, per il vostro dolore, per il vostro coraggio, per le vostre battaglie di ogni giorno, per le paure, per gli errori, per le miserie, ma anche perché ciascuna di voi merita l’onore di essere riconosciuta come una grande anima coraggiosa, che lotta e cammina ogni giorno per tornare a vivere degnamente, per vivere con serenità.

Ridare dignità al dolore, dare dignità a delle vite distrutte da vicende ai limiti dell’umana sopportazione. Le guerriere di Carlo sono delle sopravvissute al trauma, e come tutti i sopravvissuti portano sul corpo e nell’anima ferite profondissime, che rendono la loro vita spesso uno strazio, tra esplosioni di rabbia, comportamenti aggressivi e autolesivi. Non aver paura del dolore, non spaventarsi di fronte alla rabbia accecante, accoglierle anche se sembra non vogliano essere accolte, guardare oltre la maschera rabbiosa e vedere le bambine fragili e desiderose d’amore e attenzioni, che si celano dietro quelle maschere. Questo è il compito che Carlo e le sue operatrici cercano, faticosamente, di svolgere ogni giorno. Una sfida estremamente complessa e ambiziosa quella di ridare speranza a chi non ne ha più: fornire un ponte che traghetti dalla disperazione ad una possibilità di vita degna di essere vissuta. Carlo e le sue operatrici ci provano e come tutte le sfide ambiziose, a volte falliscono.

Carlo parte con il suo zaino rosso fuoco in spalla, con un’unica accompagnatrice: Stella. ‘Cammino per Stella’ sarà il messaggio che Carlo porterà con sé sul suo zaino, assieme ad una foto di Stella, bella e sorridente. Nello zaino porterà gli oggetti che gli hanno affidato le ragazze, in segno di speranza. Durante il suo cammino, Carlo si troverà a dover raccontare più e più volte la sua storia, a dover rispondere alla fatidica domanda: ‘Stella è morta? Era tua figlia?’, fino al momento più commovente, quando sente che è arrivato il momento di lasciar andare Stella, affidandola a qualcun altro che possa accompagnarla degnamente nel suo cammino. Arrivato al santuario di O Cabreiro sente che è quello il luogo giusto per Stella

dopo tanto piangere e ricordare è arrivato il momento. Non mi sento pronto, ma non sarò mai pronto, devo farlo, è difficile…rimango ancora a guardare la chiesa, ma adesso sorrido e sono sollevato, mi sento avvolto da una nuova leggerezza e uno stato di pace.

Un racconto intenso, a tratti commovente, in cui l’autore non si esime dal mostrarsi in tutta la propria autenticità di uomo, a volte fragile, a volte presuntuoso, ma sempre mosso da un profondo desiderio di amore e vicinanza, per le ragazze, per la propria famiglia, per le operatrici e per tutte le persone che incontrerà sul suo cammino, di cui sentirà il calore e la profonda empatia, nonostante le lingue diverse, ma grazie ‘a quella lingua universale che sono le emozioni‘.

Nel lungo cammino, che è innanzitutto un cammino di introspezione ed elaborazione, Carlo riguarda una ferita in fondo mai rimarginata: Luca, quel figlio che in fondo non si è sentito abbastanza degno da avere una famiglia che lo amasse e che ora vive per strada.

Perché la libertà è anche questa: libertà di accogliere una speranza di vita migliore, libertà di rifiutare la propria stessa vita, qualunque essa sia.

La vera scoperta a cui Carlo giunge, anche grazie al prezioso contributo di una sua collaboratrice, nonché ex paziente, è proprio questa:

Stella ha solo fatto qualcosa che non capisco e non potrò capire…è una scelta, è la libertà…Stella è libera…è come una storia d’amore, l’altro può anche decidere di non amarti più. Stella è libera anche di scegliere di non starci.

Quella del suicidio è una scelta che Carlo non ha compreso, né tantomeno condiviso, ma accettarla ha restituito dignità a Stella, e alla sua libertà di scegliere e autodeterminarsi.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Arrigone, C. (2021). Uno psicoanalista sul cammino di Santiago. Casa Editrice Odon.
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