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La mente autistica. Le risposte della ricerca scientifica all’enigma dell’autismo (2021) di Giacomo Vivanti – Recensione

Punto di forza di 'La mente autistica' è la capacità descrittiva in un susseguirsi ordinato di eventi che fanno comprendere il sistema chiuso dell’autismo

Di Claudio Lombardo

Pubblicato il 12 Gen. 2022

Nel volume La mente autistica l’autore delinea un quadro molto ampio su una delle condizioni più studiate al mondo: l’autismo.

 

La realtà è una massa confusa di eventi, persone, luoghi, suoni e cose, non ci sono confini tra le cose, non c’è un ordine, non c’è un significato. Consumo la maggior parte delle mie energie per cercare di capire il senso dietro questo caos (Jolliffe, Lansdown e Robinson, 1992)

Introduzione

Esiste un effetto corrosivo sulla placida meditazione del senso comune così come in chi, dall’altro lato del continuum, osanna le capacità non comuni di soggetti che appaiono diversi. È il caso dell’autismo. Si tratta di un discostamento dalla normalità vissuta nella pelle di chi deve fare i conti con un mondo ‘non a propria immagine e somiglianza’ e, per questo, un mondo che non rispecchia i propri stati mentali.

Se nello sviluppo tipico si guadagna l’interazione sociale con una certa facilità, nei soggetti autistici è l’uso del verbo al futuro (‘guadagnerai’). Lontana è la capacità della interazione come molti la conoscono, lontano è l’Eden sociale. L’autismo viene concepito come conflittualità di fondo, trattenuto ‘al di qua’ di una certa soglia stabilita per criterio statistico.

Autismo tra pregiudizi e nuovi modelli di intervento

In questo volume l’autore delinea un quadro molto ampio su una delle condizioni più studiate al mondo: l’autismo, esistito in tutte le epoche e in tutte le parti del mondo, anche se solo nel ventesimo secolo viene avanzato il concetto di autismo come categoria diagnostica. Questo interesse, di progressivo approfondimento, consolidatosi negli ultimi due decenni, ha portato i suoi frutti: sono stati spazzati via i pregiudizi degli anni cinquanta e sessanta, sono nati modelli di intervento di documentata efficacia e si sono raccolti dati in grado di illuminare molti aspetti della sindrome. Ciononostante, l’incremento della qualità e quantità nella ricerca scientifica sull’autismo sembra generare più domande che risposte.

In questo libro ampio di contenuti si tenta – da un lato mediante una ‘collezione’ di ricerche di largo rilievo, dall’altro con fine logica investigativa – di fornire al lettore una visione d’insieme sull’universo autistico.

Il suo punto di forza è certamente la capacità descrittiva in un susseguirsi ordinato di eventi che fanno comprendere il sistema chiuso dell’autismo antistante al sistema aperto del mondo sociale caratterizzato da un flusso continuo di novità e variazioni, ‘tipiche’.

Comportamenti come ‘giocare con i coetanei in cortile’ o ‘fare una conversazione con la persona seduta di fronte a me in mensa’ non si manifestano mai allo stesso modo, e le circostanze particolari in cui ci veniamo a trovare modellano infinite ‘eccezioni alla regola’ nelle norme del comportamento sociale. Invece, la meccanica dei movimenti di un treno sulle rotaie o la fisica dello spostamento di liquidi in un sistema idraulico obbediscono a regole immutabili e infallibili – costituendo un mondo più prevedibile e concreto in cui le persone con autismo riescono a destreggiarsi meglio.

Tuttavia, non è solo la questione sociale ad essere differente nei soggetti con autismo: anomalie nell’orientamento sociale e nella sintonizzazione verso l’input verbale fornito dai caregiver, ridotta partecipazione ad episodi di attenzione congiunta e, di conseguenza, ad episodi di apprendimento che facilitano l’acquisizione del linguaggio, difficoltà nell’elaborazione parallela e nell’integrazione di informazioni, difficoltà nell’utilizzo di simboli astratti, reclutamento di modalità di elaborazione visiva nella comprensione verbale e anomalie nella connettività tra diverse aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione di stimoli linguistici e sociali. Questi processi interagiscono tra loro secondo complesse dinamiche non lineari nel cervello in via di sviluppo, dando luogo a un’espressione sintomatologica eterogenea.

Lo ‘spettro’ autistico e la prospettiva storica

Si afferma l’idea che l’autismo sia uno spettro di manifestazioni dai confini sfumati che si collocano lungo un continuum di gravità. Agli estremi del continuum ci sono da un lato bambini che non parlano, non manifestano alcun interesse per il mondo sociale e la cui unica occupazione sono comportamenti ripetitivi e stereotipati (come far roteare oggetti agitando le braccia), e dall’altro bambini quasi indistinguibili dai coetanei senza autismo.

Tra i due estremi vi sono mille sfumature, sia nella dimensione della comunicazione sociale che in quella della rigidità e ripetitività comportamentale nonché di interessi ristretti.

Particolarmente apprezzata è la descrizione storica in cui, di contro, L. Kanner considerava l’autismo come una condizione rara e ‘monolitica’ (ovvero presente o assente, senza vie di mezzo), mentre Asperger vede nell’autismo un continuum che confina con la ‘normalità’. Inoltre, la relazione di Kanner è incentrata su deficit e difficoltà, mentre Asperger nota che alcuni sintomi di questa condizione, come la tendenza a focalizzarsi su interessi ristretti senza farsi ‘distrarre’ dal mondo sociale, possono costituire un punto di forza (oggi diremmo un ‘asset’). E questa enfasi può riflettere una rappresentazione sociale dell’autismo focalizzata sui punti di forza anziché sui deficit, in modo che le persone con autismo non introiettino un senso di inferiorità, ma si identifichino con orgoglio nel concetto di autismo come minoranza culturale caratterizzata da connotazioni positive.

Una possibile ipotesi del caso del piccolo Victor

Un caso storico che mi ha colpito maggiormente è l’interpretazione sul – rarissimo – caso del piccolo Victor dell’Aveyron, vissuto nei boschi della Francia in solitudine – e privo della capacità di linguaggio – che, preso in carico dal pedagogista G. Itard, venne rieducato (o almeno si tentò) con scarsi risultati. Per chi non lo sapesse, sussiste la realistica possibilità (come riferito nel libro citando Frith, 1989) che egli fosse autistico, anche se i suoi contemporanei credevano che non parlasse e non socializzasse perché cresciuto nella foresta come un lupo, lontano dalla società e, quindi, non si fosse evoluto a causa della condizione vissuta. Questo aspetto cambia molto la valenza psicologica che si può dare a questo caso. Prendendo per vera questa ipotesi, la domanda che emerge di primo acchito è: «E se non fosse stato autistico?».

Il libro continua con un’analisi interessante basata su molteplici aspetti: intersoggettività, cognizione e percezione, apprendimento, comunicazione, linguaggio, etc. al fine di comprendere meglio la ‘mente autistica‘ e capire il come, quando e perché mettere o non mettere in atto determinate strategie di intervento e come facilitare, nelle persone con autismo, l’accesso alle stesse opportunità di autorealizzazione che hanno le persone senza autismo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Vivanti, G. (2021). La mente autistica le risposte della ricerca scientifica all’enigma dell’autismo. Ed. Hogrefe.
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