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L’influenza delle esperienze avverse infantili sull’adozione di comportamenti devianti e la mancanza di comportamenti altruistici

L'identificazione precoce di esperienze infantili avverse aiuta a prevenire comportamenti devianti e favorire l'altruismo, prevenendo esiti negativi

Di Lorenza Paponetti

Pubblicato il 11 Gen. 2022

Aggiornato il 14 Gen. 2022 11:58

Uno studio recente (Gomis Pomares & Villanueva, 2020) ha esplorato l’effetto delle esperienze avverse avvenute nell’infanzia sull’adozione di strategie di rischio (comportamenti devianti), e sulla mancanza di strategie positive (comportamenti altruistici), tra giovani adulti.

 

Per esperienze avverse dell’infanzia (Adverse Childhood Experiences – ACE) si intendono tutte quelle esperienze traumatiche come abusi sessuali, fisici o emotivi o negligenza emotiva e fisica, nonché circostanze familiari avverse che si sono verificate durante l’infanzia o l’adolescenza.

La letteratura sottolinea che le esperienze avverse sono più comuni tra i bambini di età inferiore ai 6 anni (Thompson et al., 2015) e che, una volta verificatosi un evento avverso nella vita di un bambino, la probabilità che egli ne viva altri aumenta in modo significativo, motivo per cui si apre una catena di rischi precoci. Per questo motivo, vari studi hanno sottolineato sempre più l’importanza delle prime esperienze in età infantile per la salute delle persone lungo tutto il corso della vita (Hughes et al., 2017).

Esperienze traumatiche e comportamenti devianti

L’aver vissuto una o più esperienze traumatiche sembra comportare risultati negativi in ​​età avanzata come ad esempio comportamenti a rischio (Felitti & Anda, 2010), inoltre, la tipologia dell’esperienza avversa vissuta sembra essere un elemento importante dato che potrebbe comportare differenti esiti (Agnew, 2001; Sharp et al., 2012). Ad esempio, Agnew (2001) sostiene che alcune esperienze possono avere un forte impatto sui comportamenti devianti, mentre altri hanno un impatto minimo o nullo.

Per comportamento deviante si intende un comportamento che viola le norme e i valori sociali, inclusa una vasta gamma di atti come furto, menzogna e aggressione. La definizione include comportamenti antisociali che sono violazioni del diritto penale, solitamente indicati come reati o crimini, nonché atti che non sono soggetti a sanzioni da parte del sistema di giustizia penale, come comportamenti esternalizzanti o distruttivi (Braga et al., 2017).

Riassumendo, quindi, i risultati ottenuti in questo campo portano al presupposto teorico che le avversità infantili siano fortemente legate al deterioramento sociale, emotivo e cognitivo e all’adozione di comportamenti a rischio per la salute che promuovono un’ampia gamma di esiti negativi: malattia precoce, disabilità, problemi sociali fino ad arrivare alla morte prematura (Felitti et al., 1998; Hughes et al., 2017).

Alla luce dei dati riportati, un’identificazione precoce delle esperienze infantili avverse è fondamentale per prevenire comportamenti devianti e favorire comportamenti altruistici, prevenendo così esiti negativi a lungo termine.

Esperienze avverse e comportamenti devianti: uno studio

Uno studio recente (Gomis Pomares & Villanueva, 2020) ha avuto come scopo quello di esplorare l’effetto complessivo e differenziale delle esperienze avverse avvenute nell’infanzia sull’adozione di strategie di rischio (comportamenti devianti), e sulla possibile mancanza di strategie positive (comportamenti altruistici), in una popolazione di giovani adulti spagnoli.

Come ci si aspettava, i risultati ci mostrano che l’aver sperimentato un’esperienza avversa durante l’infanzia sembra essere un predittore di comportamenti devianti, supportando così studi precedenti (ad es. Craig, 2019), e che l’aver vissuto quattro o più esperienze avverse in età infantile ha aumentato in modo considerevole la probabilità di presentare comportamenti devianti nella giovane età adulta.

Analizzando nello specifico il contributo dei diversi sottotipi di esperienze avverse, coerentemente con studi precedenti (ad es. Braga et al., 2018), si è scoperto che l’abuso fisico era il principale predittore dei comportamenti devianti. Ciò non sorprende, dato che i bambini che hanno subito abusi fisici hanno più problemi di esternalizzazione nell’infanzia rispetto ai bambini trascurati, inclusa una maggiore inadempienza e aggressività nei confronti degli adulti e degli altri bambini (Hildyard & Wolfe, 2002). Ciò potrebbe essere dovuto a meccanismi di apprendimento che spingono bambini vittime di violenza ad imitare questo comportamento, soprattutto quando percepiscono che tale violenza si traduce in ricompense (Braga et al., 2017). Oltre all’abuso fisico, anche l’abuso di sostanze nell’ambiente domestico si è mostrato un predittore significativo di comportamenti devianti nella giovane età adulta.

Per quanto concerne le strategie positive, l’abbandono emotivo era l’unico evento avverso che prevedeva la mancanza di altruismo. Questo risultato può essere dovuto al fatto che i bambini che non sono mai stati amati dalle figure significative durante l’infanzia, che non si sono mai sentiti speciali o importanti nell’ambiente familiare, non sono riusciti ad apprendere la capacità di amare o preoccuparsi degli altri. Ciò sembra essere in linea con la Teoria cognitiva integrata del potenziale antisociale, che prevede che l’esposizione a situazioni avverse durante l’infanzia o l’adolescenza può indebolire il legame sociale che dovrebbe essere stabilito in condizioni normali (Farrington, 2017). Allo stesso modo, alcuni autori considerano anche queste esperienze di abbandono come una minaccia allo sviluppo complessivo del sé dei bambini, in quanto, non ricevendo alcuna attenzione o cura, non ricevono nessun contributo prezioso al processo di auto-costruzione. Ciò sembra coerente con altri risultati della letteratura che indicano che i bambini trascurati presentano più ritiro sociale e interazioni limitate con i coetanei e più problemi di interiorizzazione rispetto ai bambini abusati fisicamente (Hildyard & Wolfe, 2002).

Tenendo in considerazione il genere, i risultati mostrano che le esperienze avverse infantili sono più predominanti nelle donne che negli uomini, supportando studi precedenti (Basto-Pereira et al., 2016). Inoltre, l’essere maschio ed aver subito esperienze avverse era predittivo di comportamenti devianti, mentre il solo essere di sesso femminile era un predittore di comportamenti altruistici. Questi risultati sono coerenti con ricerche precedenti che mostrano la più alta associazione del genere maschile a comportamenti esternalizzanti o distruttivi, nonché a violazioni del diritto penale (Godinet et al., 2014).

Conclusioni

In sintesi, possiamo presumere che diversi disturbi socio-emotivi e cognitivi abbiano luogo a causa di queste esperienze avverse. L’effetto cumulativo e alcune dimensioni specifiche di esperienze avverse avevano una relazione con il rischio di presentare comportamenti devianti e di inibire l’espressione di comportamenti altruistici. Nell’abuso fisico, la costruzione di uno schema mentale ostile (comportamento deviante) sembra essere il fattore chiave, mentre, nei bambini i cui bisogni sono stati sistematicamente ignorati, l’assenza di uno schema mentale dei bisogni degli altri è il punto centrale.

Si sottolinea l’importanza dell’implementare strategie affinché i bambini trascurati siano in grado di sviluppare abilità come l’empatia o la comprensione delle emozioni degli altri con il fine di promuovere comportamenti altruistici tra i bambini che non hanno imparato a farlo prima nella vita.

 

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