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Chi sono e chi vorrei essere: differenze tra sé reale e sé ideale

Cosa succede quando c’è troppa incongruenza tra Sé Reale e Sé ideale? Alcuni hanno progetti di vita irreali, altri un’immagine troppo scarsa del proprio sé

Di Miriam Cassandra

Pubblicato il 04 Ott. 2021

Il concetto di Sé Reale e Sé Ideale è stato introdotto dallo psicologo statunitense Carl Rogers (Rogers, 1951). Secondo Carl Rogers, l’immagine di sé e il sé ideale possono essere congruenti o incongruenti. Quando c’è congruenza vuol dire che tra l’immagine di sé e il sé ideale c’è una discreta quantità di sovrapposizione e ciò porta alla sensazione di autorealizzazione, cioè a sentirsi appagati da ciò che si fa.

 

“Cosa mi aspetto dal domani?” dicevano i Lunapop. Questa è una domanda che un po’ tutti ci facciamo ad un certo tratto della nostra vita. Vi svelo un segreto, per quanto mi riguarda in qualità di professionista, una cosa è certa, il lavoro che farò sarà sempre volto non alla cura, ma al prendersi cura dell’altro.

Vi ricordate quando da piccoli ci chiedevano: “Cosa vuoi fare da grande?”, difficilmente qualcuno di noi rispondeva il centralinista o l’imbianchino, io di solito ho sempre risposto la rock star e molti dei miei compagni di classe ambivano ad essere dei supereroi come Zorro o Superman. Che significa questo? Che quando siamo piccoli abbiamo una grande immaginazione e una scarsa consapevolezza delle risorse a disposizione, del contesto in cui viviamo, degli ostacoli che possiamo incontrare, delle nostre capacità.

Secondo lo psicologo sovietico Vygotskij (Vygotskij, 1925) l’immaginazione è strettamente interconnessa con l’esperienza pertanto, quanto più un bambino avrà accesso a esperienze di vita significative, tanto più sarà prolifera la sua immaginazione, viceversa un bambino che vive in un contesto culturale con pochi stimoli avrà una capacità più ristretta di andare oltre il dato concreto.

Grazie a quel lato incosciente che ci permette di andare oltre, abbiamo la possibilità di provare a metterci alla prova in qualcosa che non siamo e che mai nessuno ci ha detto che potremmo diventare. Pian piano che cresciamo l’immaginazione diminuisce e aumenta la consapevolezza, si arriva a un momento in cui aspettativa e realtà iniziano a combaciare. Ci succede che siamo costretti a scontrarci con le difficoltà economiche, con un sistema spesso poco meritocratico, che fa sì che finiamo spesso per accettare un lavoro che non ci appaga. L’importante è portare lo stipendio a casa, ci hanno insegnato i nostri nonni, portare il pane, saziare i nostri figli e riuscire a campare.

L’ambizione, invece, guardare oltre gli orizzonti, è qualcosa che non deve abbandonarci mai, il Sé Ideale (ciò che vogliamo essere) è la nostra guida, il nostro motore a dare sempre di più.

Il concetto di Sé Reale e Sé Ideale è stato introdotto dallo psicologo statunitense Carl Rogers (Rogers, 1951). Per Sé Reale intendiamo tutto ciò che sentiamo di rappresentare, di aver raggiunto grazie alle nostre forze e di poter raggiungere concretamente, mentre per Sé Ideale intendiamo tutto ciò a cui tendiamo, ciò che vorremmo realizzare ma che non siamo sicuri di riuscire a fare. Secondo Carl Rogers, l’immagine di sé e il sé ideale possono essere congruenti o incongruenti. Quando c’è congruenza vuol dire che tra l’immagine di sé e il sé ideale c’è una discreta quantità di sovrapposizione e ciò porta alla sensazione di autorealizzazione, cioè a sentirsi appagati da ciò che si fa.

Ma cosa succede quando, invece, c’è troppa discrasia (incongruenza) tra Sé Reale e Sé ideale?L’incongruenza può avvenire in positivo o in negativo. Alcuni soggetti possono avere progetti di vita irreali e non corrispondenti alla realtà, avere quindi un Sé Ideale troppo “gonfiato”, o, viceversa, altri possono avere un’immagine troppo scarsa del proprio sé, che li porta a essere poco ambiziosi. Quando il soggetto non riesce a realizzare i propri sogni inizia ad avere momenti di conflitto interiore, a vivere stati di tristezza per non riuscire a raggiungere i propri scopi. Sentimenti come ansia e depressione diventano sempre più incombenti, il che può portare ad abbandonare i propri progetti, impigrirsi e rimanere in uno stato di stallo emotivo e lavorativo dal quale poi è difficile uscire, i giorni passano e non ce ne accorgiamo e ogni giorno ci affossiamo in un baratro dal quale poi risalire diventa quasi impossibile.

Per avere un Sé Ideale sempre al passo, mai addormentato e nemmeno troppo vispo, vi è uno slogan che dovrebbe essere sempre il faro del nostro cammino, sto parlando del CO.CO.MI (Robbins, 1992), un acronimo che sta per: CONTINUO, COSTANTE MIGLIORAMENTO. Secondo Robbins, ognuno di noi trova la sua felicità nella ricerca del miglioramento costante e nel percorso che segue nel raggiungere nuovi obiettivi personali; il che significa che ognuno di noi dovrebbe cambiare prospettiva, ovvero dovremmo iniziare ad avere un modo diverso di vedere la nostra crescita emotiva e personale: la vita dev’essere vissuta come un processo in continuo divenire, un approccio continuo da mettere in atto ogni giorno a lavoro e nelle relazioni sociali, ma che, a poco a poco, al contempo, si armonizzerà a pieno con la nostra quotidianità.

La nostra ottica di vita può così essere basata sull’assunto che “non si smette mai di imparare”, bisogna essere in costante formazione, per poter dare il meglio di sé, non bisogna mai sentirsi arrivati, bisogna avere sempre lo stimolo a fare un passettino in più rispetto a quello che già sappiamo. Per formazione non si intende la mera formazione didattica, ma formazione personale, culturale, emotiva, che ci dia la possibilità di: Sapere, Saper Fare e Saper Essere.

Mi piace il futuro perché lì possiamo essere forti e delicati e pieni di sogni e di vento in faccia.
E ci sono strade mai viste e fiori colorati e stagioni che soffiano giorni nuovi e polvere di stelle che si deposita sulle mani. (Fabrizio Caramagna)

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Robbins, A. (1992). Awaken the Giant Within. Pocket Books.
  • Rogers, C. (1951). La terapia centrata sul cliente. Londra.
  • Vygotskij, L. S. (1925). Lo Sviluppo psichico del bambino.
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