Con un trattamento unificato come la CBT-E, i pazienti possono essere traslati tra i diversi livelli di cura senza complicanze e senza mutare la natura della terapia stessa.
In alcune nazioni, i servizi clinici per adolescenti e adulti con disturbo alimentare (DA) sono distinti, al fine di offrire un trattamento specifico e tarato sul target di riferimento. Cambiamenti nella natura del trattamento si verificano spesso anche quando i pazienti devono passare da cure meno intensive (es. regime ambulatoriale) a un percorso intensivo (es. regime di day-hospital/ospedaliero) e viceversa. Queste transizioni possono creare discontinuità nel percorso di cura e disorientare i pazienti e i loro caregiver sulle strategie e procedure utilizzate per affrontare la problematica alimentare (Dalle Grave et al., 2020). Oggigiorno sono disponibili diverse psicoterapie individuali per adulti con disturbi alimentari supportate empiricamente, tra queste la Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata (Enhanced Cognitive BehaviouralTherapy; CBT-E) risulta essere adatta a tutte le sotto-categorie del DA (Fairburn et al., 2015). Questo dato non è stato raggiunto da nessun altro trattamento.
A tal proposito l’evidenza scientifica suggerisce che due terzi dei pazienti con bulimia nervosa (BN) mostrano una totale remissione a seguito del trattamento CBT-E, con il restante terzo che manifesta comunque un miglioramento significativo, seppur in misura minore (Fairburn et al., 2015). In merito al confronto tra CBT-E e altri trattamenti psicoterapici sui DA, dalla letteratura è emerso che: (a) la CBT-E si è dimostrata più potente nel confronto diretto con una psicoterapia dominante per adulti con BN, ovvero la psicoterapia interpersonale (IPT); (b) 20 sessioni di CBT-E sono risultate essere più efficaci in BN rispetto a 100 sessioni di psicoterapia psicoanalitica erogata per oltre 2 anni (Poulsen et al., 2014). In merito all’anoressia nervosa (AN), in un trial clinico randomizzato (RCT) che paragona la rispettiva efficacia della CBT-E con il modello Maudsley (MANTRA) e lo Specialist Supportive Clinical Management (SSCM), non è emersa alcuna differenza significativa tra i 3 trattamenti in termini di effetti sull’Indice di Massa Corporea (IMC), psicopatologia e compromissione della qualità di vita, a 1 anno di follow-up, nonostante la CBT-E abbia garantito una maggiore percentuale di recupero ponderale in minor tempo (Byrne, Wade, Hay et al., 2017).
In merito, invece, al target d’età adolescenziale, una tipologia specifica di terapia familiare, chiamato trattamento basato sulla famiglia (Family Based Treatment, FBT), risulta essere l’intervento più empiricamente supportato per adolescenti con disturbi alimentari (Lock & Le Grange, 2015). Nonostante ciò, anche gli adolescenti sembrano rispondere in maniera proficua alla CBT-E, il cui razionale transdiagnostico prevede l’efficacia su tutte le sotto-categorie diagnostiche del disturbo alimentare, sia su adulti, che adolescenti, in tutto lo spettro di cura. Infatti, nonostante alcune differenze fisiche e psicosociali distintive, adolescenti e adulti sembrano condividere il medesimo nucleo psicopatologico del disturbo alimentare (Fairburn et al., 2009). Inoltre, un trattamento unificato potrebbe potenzialmente trascendere molteplici limiti generati da servizi clinici generalmente frammentati per il trattamento dei DA. Invece, con un trattamento unificato come la CBT-E, i pazienti possono essere traslati tra i diversi livelli di cura senza complicanze e senza mutare la natura della terapia stessa (Dalle Grave et al., 2020).
Nonostante l’attuale disponibilità di trattamenti per i DA basati sull’evidenza scientifica, sia per gli adolescenti, che per gli adulti, permangono molteplici frontiere cliniche da affrontare. In particolare, poiché molteplici servizi clinici ancora non forniscono ai pazienti trattamenti psicologici basati sull’evidenza, o si affidano a terapeuti che si discostano dai protocolli evidence-based, persiste un urgente bisogno di promuovere la diffusione della CBT-E, della FBT e di altri modelli clinici basati sull’evidenza. A tal fine, l’erogazione di programmi di formazione progettati per formare terapeuti su ampia scala, in diversi paesi contemporaneamente, potrebbe essere una potenziale soluzione. Infine, la ricerca dovrebbe continuamente cimentarsi nella scoperta e nell’implementazione di strategie e procedure di trattamento efficaci. A tal proposito, anche con il più efficace dei trattamenti disponibili fino ad oggi, solo il 50% dei pazienti raggiunge una remissione completa e duratura, e in una porzione di pazienti persiste una cronicità del disturbo per gran parte della vita e nei casi più estremi alcuni, purtroppo, muoiono prematuramente. Questi dati stimolano ricercatori e clinici a proseguire la ricerca nella direzione di individuare e garantire strategie e procedure terapeutiche sempre più efficaci e tarate sulle caratteristiche ed esigenze del singolo paziente (Dalle Grave et al., 2020).