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I tic e la Sindrome di Tourette (2021) di Termine, Cavanna e Selvini – Recensione

Un’opera che si rivolge con lucidità e chiarezza non soltanto ai professionisti del settore, ma anche ai soggetti direttamente coinvolti dalla patologia

Di Marta Rebecca Farsi

Pubblicato il 28 Set. 2021

I tic e la Sindrome di Tourette di Termine, Cavanna e Selvini offre un quadro clinico-epidemiologico di indubbia completezza sulla sindrome di Tourette, cui unisce una corposa descrizione degli aspetti socio-relazionali direttamente implicati nel disturbo.

 

Il risultato è un’opera che, pur tenendo fede ad un inquadramento scientifico rigoroso, si rivolge con lucidità e chiarezza espositiva non soltanto ai professionisti del settore, ma anche ai soggetti direttamente coinvolti dalla patologia, offrendo prospettive di analisi variegate e multiformi.

In apertura ampio spazio viene dedicato alla descrizione di quello che costituisce il focus patologico della sindrome di Tourette, ovvero l’emissione incoercibile e iterativa di tic motori o vocali; nello specifico il tic si presenta come un agito intrusivo e incontrollabile che, allo stesso modo di una compulsione, espone al rischio di un agito inadeguato al contesto, con profonde ricadute in ambito relazionale.

Il paziente agisce il tic ogni volta che ne avverte la necessità, non riuscendo a controllarsi neppure nei casi in cui la condotta ticcosa si esprima a mezzo di ecolalie, ecoprassie o, ancor peggio, di coprolalie.

Nella sintomatologia aspecifica è riscontrabile un deficit delle funzioni esecutive, invalidate da incapacità di organizzazione e integrazione della memoria di lavoro, impossibilità di mantenere un’attenzione selettiva e sostenuta su stimoli esterni e di maturare consapevolezza metacognitiva e controllo degli impulsi. Il richiamo all’ADHD è piuttosto immediato, tanto da richiedere lo stabilimento di criteri diagnostici specifici per effettuare le opportune diagnosi differenziali in riferimento a sindromi che, oltretutto, si presentano spesso in comorbilità.

La sindrome di Tourette mostra significative affinità – sintomatologiche e neurobiologiche- anche con i disturbi dello spettro ossessivo, specie con il DOC: studi di brain imaging hanno messo in evidenzia una disfunzionalità dei gangli della base e della corteccia fronto-striatale in entrambe le patologie, mentre la somiglianza neurobiologica con l’ADHD, altresì presente, è relativa ad un anomalo livello di dopamina e glutammato e ad una perdita dell’asimmetria del globus pallidus.

Attualmente la terapia d’elezione è considerata quella farmacologica, effettuata tramite l’assunzione di antidopaminergici, neurolettici e antipsicotici atipici, utili soprattutto per la remissione dei tic. La prescrizione dei farmaci, destinata ad una categoria di pazienti perlopiù giovane o addirittura in età pediatrica, viene spesso sostituita o integrata con l’utilizzo di programmi rieducativi di matrice cognitivo-comportamentale, aventi la finalità precipua di limitare l’incoercibilità della condotta e il contenimento della pratica massiva. Il riferimento va all’Habit Reversal Training, finalizzato a conferire al paziente una maggiore consapevolezza circa le sensazioni premonitrici del tic, all’ERP, esposizione allo stimolo con prevenzione della risposta, già utilizzato con successo nel DOC, a programmi con approccio di reward system, training di rilassamento, tecniche psicoeducative. Tutti descritti nel testo.

Non manca un riferimento all’impatto sociale della sindrome, di cui vengono messe in evidenza le ricadute, sostanzialmente negative, nei diversi contesti relazionali: l’ansia, la scarsa capacità di autoregolazione, le condotte agite e stereotipate, l’inflessibilità di condotta e l’incapacità adattativa espongono il paziente a vissuti di isolamento, esclusione e rifiuto da parte dei pari.

Ma anche la famiglia può mostrare incapacità di gestione della sindrome e vissuti stressogeni circa la tolleranza della sintomatologia. In particolare l’elevato grado di frequenza e la stereotipia con cui viene agito il tic può rendere difficile l’interazione con il paziente, contribuendo a dar vita ad un circolo vizioso capace soltanto di accrescere il reciproco disagio; questo soprattutto ove si consideri che l’emissione dei tic risulta aggravata da una condizione stressogena che il paziente, proprio attraverso la condotta ticcosa, cerca di controllare.

A tal proposito si sottolinea l’importanza di una genitorialità empatica e affettiva, che sia in grado di limitare l’impatto con la sindrome: aspetti come lo stress, le aspettative disilluse, l’incapacità di spezzare definitivamente il legame idealizzato con il bambino nella mente, per il quale si prospettavano progetti resi irrealizzabili dalla malattia, devono essere piuttosto rielaborate in una direzione assertiva, volta alla costruzione di un vissuto relazionale realistico ed accettante.

In egual modo, in ambito scolastico è richiesta al docente la tenuta di uno stile relazionale-comunicativo equilibrato ed assertivo, in grado di costruire una didattica strutturata con cui trasmettere all’allievo una maggiore consapevolezza del Sé e degli obiettivi da raggiungere. Il tutto, unito all’adozione di un PDP specifico, dovrebbe mostrarsi sufficiente a limitare le ricadute patologiche nel contesto classe e ad evitare “etichette diagnostiche” preclusive del benessere psico-fisico.

Gli autori non tralasciano di analizzare una potenziale rilevanza della malattia in ambito medico-legale, affermando come, in caso di non trattabilità del disturbo, di resistenza al trattamento o di peggioramento delle condizioni, il paziente possa ottenere un certificato di dichiarazione di handicap o di invalidità civile. Questo in una finalità indubbiamente garantista verso i soggetti colpiti, che si vedono così legittimati a ricevere una compensazione, anche patrimoniale, per il detrimento e la limitazione cui la patologia li costringe.

Il concetto di qualità della vita subisce un’innegabile limitazione dall’insorgenza della malattia dei “mille tic”: il testo prova a quantificarne l’entità tramite la somministrazione di una scala, riportata in appendice, e avente come oggetto proprio l’indagine psicometrica della qualità della vita del paziente a ridosso della diagnosi. Si tratta della C&A-GTS-QOL, Gilles de La Tourette Syndrome -Quality of Life Scale for Children and Adolescents, composta da 27 item in scala Likert 1-4, somministrabile in due versioni: una self-report per ragazzi dai 13 ai 18 anni e una etero -somministrata per bambini dai 6 ai 12 anni, entrambe inserite.

Del testo colpiscono la completezza, la versatilità espositiva e la capacità di passare dall’analisi rigorosa di dati scientifici e protocolli terapeutici alla descrizione empatica delle limitazioni socio-relazionali imposte dalla patologia. Il tutto in un linguaggio che, seppur costruito sulla base di una scientificità oggettiva, non manca di comprensibilità e accessibilità semantica.

All’interno di ogni capitolo è sempre la persona a risultare protagonista- si tratti dell’insegnante, del genitore, del paziente, è all’individuo che ci si rivolge principalmente; se ne origina un contesto di analisi soggettivizzante, in cui l’aspetto individuale della sindrome viene privilegiato rispetto a quello clinico-nosologico, pur presente e completo.

Agli autori va il merito di aver coniugato rigore scientifico e finalità empirica in un’opera agile e ampiamente fruibile, il cui fine principale risulta quello di fornire contenuti psicoeducativi attendibili su di una sindrome non ancora sufficientemente nota.

Il risultato è un vademecum completo e versatile, indubbiamente utile per la gestione clinica e relazionale delle varie limitazioni comportate dal disturbo. Nel tentativo, ben raggiunto ad avviso di chi scrive, di stemperarne l’impatto negativo, con un metodo che miri essenzialmente alla terapia e al recupero.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Termine, C., Cavanna, R., Selvini, A. (2021) I tic e la sindrome di Tourette. Dalla pratica clinica ala gestione quotidiana a scuola, Hogrefe, Firenze.
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