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Recensione del libro “Questa è la mia guerra” (2021) di Chiara Mansi

'Questa è la mia guerra' descrive in modo chiaro e tagliante l’escalation del disturbo alimentare che stava lentamente divorando la vita dell'autrice

Di Annamaria Nuzzo

Pubblicato il 21 Set. 2021

Aggiornato il 08 Feb. 2024 14:55

Questa è la mia guerra è un intimo diario autobiografico nel quale Chiara Mansi, ventenne di Viterbo, delinea uno spaccato crudo, sincero e realistico del suo malessere. La quarta di copertina tratteggia in poche parole il contenuto del libro – “storia di un adolescente e del suo disturbo alimentare” – ma è molto di più.

 

Inquadramento diagnostico

I disturbi dell’alimentazione rappresentano un campo di indagine e di intervento di notevole interesse per la psicologia.

Si tratta di disturbi collegabili all’azione del “mangiare” e del “nutrirsi”, un atto che possiede forti implicazioni “simboliche”, oltre che “caloriche”, e che quindi riguarda l’unità mente-corpo nella sua totalità, intesa come mezzo di relazione, di espressione e di comunicazione (Molinari, 2020).

L’anoressia nervosa è stato il primo disturbo alimentare descritto, diffuso in vari periodi storici e presente in tutte le culture. È caratterizzato da una restrizione dell’apporto calorico, da un’intensa paura di ingrassare e dall’alterata percezione del proprio corpo.

Il disturbo alimentare dell’anoressia nervosa ha un esordio tipico nel corso dell’adolescenza, è più diffusa tra le donne, con una prevalenza variabile, generalmente tra lo 0,3 e l’1% della popolazione, con un’incidenza  maggiore nei Paesi Occidentali rispetto a quelli Orientali, sebbene sia rintracciabile un aumento generalizzato del disturbo a partire dal 1990 sino ai giorni nostri (Qian et al., 2013); a questo proposito, interessanti ricerche  evidenziano l’incremento dell’anoressia mentale, quindi delle magrezze patologiche, nei Paesi in via di sviluppo in concomitanza con l’arrivo dei media (Becker et al., 2011; Terhoeven et al., 2020).

È proprio l’anoressia nervosa, tra gli altri disturbi alimentari, a presentare gli indici di mortalità più elevati; in base alla metanalisi condotta da Arcelus et al. (2011), su 12.808 soggetti, 639 hanno perso la vita (circa il 5,1% dei soggetti ogni 10 anni), dei quali 1/5 ha commesso suicidio (Arcelus et al., 2011).

Dati recenti rilevano come sia cruciale lavorare con il paziente anoressico tenendo conto di un quadro eziopatogenetico complesso (De Vos et al., 2014), in quanto i disturbi alimentari sono caratterizzati da una elevata comorbidità con altri sintomi psichici quali depressione, ansia, perfezionismo e tratti ossessivo-compulsivi (De Vos et al., 2014). Oltre a lavorare sulle variabili psicologiche e sugli aspetti emotivi (Abbate et al., 2011; Lombardo et al., 2014; Fox & Power, 2009), è necessario prendere in considerazione l’aspetto genetico e neuro-biologico nonché il contesto familiare-sociale, secondo un approccio sistemico e trigenerazionale (Palazzoli, Boscolo, Cecchin, & Prata, 2003).

La storia di Chiara

La storia di Chiara ha inizio il 15 marzo del 2013, nella data che soltanto un anno prima fu indicata come “Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla”, promossa dall’Associazione “Mi Nutro di Vita”, per sensibilizzare la popolazione alla tematica dei disturbi alimentari; in quel simbolico giorno, durante una cena in compagnia, Chiara decise “semplicemente di non mangiare”.

In modo chiaro e tagliente, descrive l’escalation di un disturbo che, tra pasti saltati e calorie ossessivamente calcolate, stava lentamente divorando la sua vita.

Le restrizioni alimentari diventavano sempre più insostenibili, i digiuni più forti, l’attività fisica più lunga. Il mio corpo si stava sgretolando, il mio umore era a frantumi e la mia vita si stava spegnendo come una lampadina.

Da lì, nel 2017, avvenne il ricovero presso il Policlinico Umberto I di Roma e l’inizio di una fase di degenza estremamente difficile e pesante nella sua monotonia, scandita da sveglie che ricordavano gli integratori da prendere, le terapie farmacologiche da seguire, e il cibo da assumere, e caratterizzata, ogni giorno, dalla misura del peso mattutino. Da quel piccolo numero sulla bilancia dipendeva l’intera giornata, l’approvazione o meno dei dottori, il numero di integratori da assumere, il senso di insoddisfazione o la felicità effimera.

È semplice cadere nel tranello di considerare un semplice nesso causale tra il disturbo alimentare e il cibo, ma non è esattamente così, in quanto non si tratta soltanto di un rapporto disfunzionale con il cibo. Di fronte a un comportamento alimentare scorretto, c’è da chiedersi che valore abbia il cibo per quella persona e, nel caso dell’anoressia, che cosa stia rifiutando veramente.

La stessa Chiara specifica:

un disturbo alimentare non riguarda il cibo. Riguarda il desiderio di annullarsi e riuscirci solo attraverso il corpo.

Il corpo – martoriato, ferito, dimenticato – costituisce, quindi, un canale privilegiato di comunicazione con l’esterno che trova nel cibo, dilazionato e rifiutato in ogni modo, il miglior mediatore.

Urlavo le mie sofferenze per far capire al mondo che esistevo, che avevo bisogno di aiuto, che avevo bisogno di protezione.

Simbolicamente, Chiara era una lunga pausa di silenzio in attesa di una parola giusta.

La patologizzazione della sofferenza e la fine della “guerra”

Sebbene la diagnosi nosografica, fatta con sensibilità e adeguato addestramento, sia estremamente utile nella pianificazione del trattamento e nella prognosi, vi è spesso una tendenza a etichettare il paziente e reificarne il disagio, attribuendo doppie o triple diagnosi e alimentando una differenziazione astratta che non riesce a orientare davvero l’intervento di cura.

Di questa pericolosa quanto frequente patologizzazione della sofferenza, ci racconta, tra le righe, Chiara:

Ero quasi affascinata dai copioni che ogni volta riuscivo a proporre. Sono entrata in ricovero nascosta da diagnosi. In un certo periodo della mia vita ero anoressica e bulimica. Borderline e bipolare. Ansiosa e depressa. Mi nascondevo nelle diagnosi.

L’etichetta diagnostica che puntualmente le veniva assegnata – o che lei stessa si conferiva – era diventata un muro dietro cui trincerarsi, una gabbia dentro cui rinchiudersi.

Se ho una diagnosi e sono malata, nessuno può aspettarsi altro da me, posso permettermi il lusso di fare quello che voglio.

Uscendo, a piccoli passi, da questo copione, Chiara è riuscita gradualmente a riconoscere quanto dei suoi bisogni insoddisfatti ci fosse dietro il suo disfunzionale rapporto col cibo:

Anche il mio disturbo alimentare non è altro che un’eterna fame d’amore che, razionalmente, non posso continuare a ricercare in cose e persone sbagliate.

A conclusione del suo ricovero di circa 7 mesi, gli obiettivi del trattamento sono stati raggiunti: il ripristino di un BMI normopeso, la riduzione dei rischi di mortalità e di gravi complicazioni fisiche (amenorrea, caduta dei capelli), l’introduzione e il mantenimento di un sano piano alimentare, il miglioramento dell’autostima e della percezione dell’immagine corporea (Bruch,1973; Guidano, 1991; Hudson et al., 2007; Selvini, 1988; Ugazio, 1998)

Così, quella che lei definiva la “guerra contro il cibo”, un conflitto intorno al quale la sua vita si è sviluppata per anni, ha lasciato spazio alla “guerra contro la malattia”, una lotta faticosamente vinta, con il premio finale più bello: la possibilità di “abbuffarsi di vita”.

– E la felicità, Chiara, cosa significa?
– La guerra è finita.

 

 

 


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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Arcelus J., Mitchell A.J., Wales J., Nielsen S., (2011). Mortality rates in patientswith  anorexia  nervosa  and  other  eating  disorders.  Archives  of  General Psychiatry, 68, 724-731.
  • Abbate Daga G., Quaranta M., Notaro G., Urani C., Amianto F., Fassino S.,(2011). Terapia familiare e disturbi del comportamento alimentare nelle giovanipazienti: stato dell’arte. Giornale Italiano di Psicopatologia 17, 40-47
  • Black, D. W., & Grant, J. E. (2014). DSM-5® guidebook: the essential companion to the diagnostic and statistical manual of mental disorders. American Psychiatric Pub.
  • Mansi, C. (2021). Questa è la mia guerra.
  • Molinari, E. (2020). La clinica dei disturbi del comportamento alimentare: l’intervento psicologico°. Istituto Lombardo-Accademia di Scienze e Lettere-Incontri di Studio.
  • Palazzoli, M. S ., Boscolo, L., Cecchin, G., & Prata, G., (2003). Paradosso e con-troparadosso. Raffaello Cortina
  • Qian J., Hu Q., Wan Y, Li T., Wu M., Ren Z., Yu D., (2013). Prevalence of eating disorders in the general population: a systematic review. Shangai Archives of Psychiatry, 25, 212-223
  • Vos J., Houtzager L., Katsaragaki G., Van de Berg E., Cuijpers P., Dekker J.,(2014). Meta analysis on the efficacy of pharmacotherapy versus placebo on ano-rexia nervosa. Journal o Eating Disorder, 2-27
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