La Mente depressa contiene un’attenta analisi di aspetti che spesso vengono trascurati, quali le risorse e i fattori che contribuiscono alla resilienza personale.
L’approccio cognitivista lavora da sempre per sviluppare trattamenti psicoterapeutici efficaci per la depressione, in quanto disturbo mentale più diffuso al mondo e con esiti molto gravi (tanto che gli autori definiscono la depressione come un’emergenza mondiale).
Ora, il depresso si sente triste e vuoto, si lamenta continuamente. Tutto è ridotto: interessi, desideri, attività, affetti. Un fortissimo meccanismo di rinforzo e mantenimento è il “problema secondario” ossia il fatto che il soggetto giudica inadeguata, indegna e colpevole la sua stessa reazione (essere depresso) e per questo si svaluta e si colpevolizza. Il volume prospetta un ottimo modello teorico della trappola depressiva, in cui si trova il paziente. Rainone e Mancini infatti analizzano molto dettagliatamente i fattori di mantenimento e la genesi del fenomeno depressivo, al fine di comprendere come l’individuo possa passare da un dolore naturale alla sofferenza patologica depressiva. Inoltre, dopo aver descritto il ruolo della ruminazione depressiva, propongono un modello esplicativo dei paradossi della depressione: qui, quelle che sembrano resistenze al cambiamento sono definite come scopi perseguiti e credenze disfunzionali. Infatti, i meccanismi responsabili dell’accettazione di eventi avversi (come perdite o fallimenti) sono compromessi nella depressione.
Negli ultimi anni sono stati proposti, nell’ambito della terapia cognitivo comportamentale, innumerevoli nuovi protocolli per il trattamento della depressione. All’interno del manuale oltre che la descrizione degli interventi standard della CBT (Terapia Cognitivo Comportamentale), viene proposto l’uso di altri procedimenti come la Schema Therapy, l’Acceptance and Commitment Therapy, la Compassion Focused Therapy e la Mindfulness.
La terapia cognitiva della depressione consta tipicamente di due fasi principali:
- ridurre i sintomi acuti e stabilire una buona alleanza terapeutica: si individuano i pensieri automatici, le convinzioni schematiche, gli stati emotivi, le sensazioni e i comportamenti del paziente, in quanto ottimi indicatori del funzionamento del problema riportato. Dopo si procede per cercare di interrompere i meccanismi che mantengono e contribuiscono all’aggravarsi della depressione (ovviamente il tutto bilanciato sulla gravità del quadro depressivo). Di fatto si prova a diminuire il livello di passività della persona, cercando di programmare delle attività che servono a farla riattivare a livello pratico e comportamentale, al fine di contrastare i sintomi. Talvolta si utilizza il diario settimanale delle attività, per monitorare e stabilire il livello di attività attuale e il programma delle attività con assegnazione graduale dei compiti a casa. Dal momento in cui la persona sta meglio, si comincia poi a lavorare più direttamente sui pensieri automatici negativi, sulle distorsioni di pensiero e sulle credenze alla base del disturbo.
- prevenzione delle ricadute: in questa fase, iniziabile solo dopo aver ridotto i sintomi acuti, si pone maggiore attenzione sull’origine e sullo sviluppo degli schemi, sulle difficoltà interpersonali e sugli esercizi esperienziali.
D’altra parte, La Mente depressa contiene anche un’attenta analisi di aspetti spesso trascurati quali le risorse e i fattori che contribuiscono alla resilienza personale. Questi vengono approfonditi attraverso la descrizione della Well-Being Therapy, utile per ridurre le ricadute depressive.
Il libro, infine, si conclude con un approfondimento della Terapia Interpersonale e delle sue similitudini con la Terapia Cognitivo Comportamentale. La psicoterapia ad orientamento interpersonale è una terapia nata negli anni ‘80 di dimostrata efficacia rivolta ai bisogni delle persone depresse. L’idea fondamentale è che la depressione sia determinata, oltre che da fattori biologici costituzionali, anche e soprattutto da difficoltà nella costruzione delle relazioni interpersonali (messe in primo piano dall’approccio terapeutico in questione). Oltre che per la depressione, la terapia interpersonale si è rivelata efficace anche per molti altri disturbi che comprendono delle difficoltà relazionali (come il disturbo bipolare, DBP, la distimia, la tossicodipendenza, la bulimia, la fobia sociale, gli attacchi di panico). Comunque, relativamente alla cura della depressione, lo scopo iniziale, come nella terapia cognitiva, è la riduzione dei sintomi depressivi, ma lo scopo più generale è quello di migliorare le relazioni interpersonali e il funzionamento sociale del paziente. Quindi, l’IPT si pone di: aiutare il paziente a conquistare un senso di padronanza, lottare contro l’isolamento sociale, ripristinare un senso di appartenenza al gruppo, dare un significato alla propria vita. In altre parole, l’IPT si propone di cambiare il modo in cui il paziente pensa, sente e agisce in relazioni interpersonali problematiche.
Anche l’IPT, come la terapia cognitivo-comportamentale, si occupa dei pensieri disfunzionali del paziente a proposito di sé e degli altri, e delle proprie possibilità di scelta; ma, a differenza di essa, l’IPT non si propone di individuare sistematicamente i pensieri disfunzionali e non tenta di aiutare il paziente a formarsi modelli alternativi di pensiero mediante la prescrizione di una pratica o l’uso di “compiti a casa”, prassi della terapia cognitiva.
Concludendo, il manuale, oltre a distinguersi per un elevato valore scientifico, si presta in maniera versatile a diversi usi e soddisfa diversi bisogni formativi: da un lato è un ottimo manuale di riferimento nella sua globalità, pur soddisfacendo anche interessi più circoscritti se vengono considerati i capitoli indipendentemente; dall’altro è fruibile anche a coloro che si approcciano per la prima volta al tema della depressione e intendono approfondirlo.