Sebbene ampiamente concepiti come condizioni cliniche distinte, il disturbo dello spettro autistico (ASD) ad alto funzionamento e il disturbo schizoide di personalità (DP schizoide) condividono una psicopatologia a tratti analoga e sovrapponibile.
Il presente estratto è, dunque, finalizzato ad approfondire la relazione tra le due categorie diagnostiche focalizzando l’attenzione su relativi punti di congiunzione e criteri di demarcazione (Cook, Zhang & Constantino, 2020). L’isolamento sociale e il distacco emotivo sono i sintomi cardine che costituiscono una diagnosi di disturbo schizoide di personalità, originariamente derivato dai criteri diagnostici per la schizofrenia (Michels et al., 1989). Il disturbo schizoide di personalità colpisce circa il 3-5% della popolazione, sebbene comune nell’età adulta, viene raramente diagnosticato nell’infanzia (American Psychiatric Association, 2013). Il disturbo dello spettro autistico mostra, invece, un modello di prevalenza quasi opposto, in cui la diagnosi è sempre più prevalente nell’infanzia, ma tradizionalmente rara nell’età adulta; specialmente per coorti di adulti nati prima dell’aumento esponenziale della prevalenza del disturbo tra gli anni ’90 e il 2000 (Zablotsky et al., 2015). A seguito della concettualizzazione dimensionale del disturbo autistico, concepito in termini di spettro, l’accresciuto riconoscimento dei casi di disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento ha permesso di formulare delle ipotesi in merito all’ipotetico ruolo predittivo dei tratti autistici nel concorrere ad una diagnosi di disturbo schizoide di personalità in età adulta (Cook, Zhang &Constantino, 2020).
La sovrapposizione dei rispettivi quadri sintomatologici del disturbo schizoide di personalità e dello spettro autistico in età adulta è stata ampiamente riconosciuta, infatti, la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) evidenzia la complessità della diagnosi differenziale in maniera esplicita (APA, 2013). Un recente studio con ampia numerosità campionaria ha mostrato, tuttavia, che questi costrutti sono per natura altamente correlati, non solo nella popolazione clinica conclamata, ma anche in termini di tratti subclinici nella popolazione generale (Frazier et al., 2014). Verranno di seguito riportati i risultati del primo studio prospettico longitudinale che ha impiegato metodi quantitativi per esaminare esplicitamente la relazione tra una diagnosi infantile di ASD e una diagnosi adolescenziale di disturbo schizoide, in cui sono stati esaminati tratti schizoidi in adolescenti con e senza disturbo dello spettro autistico durante la loro transizione all’età adulta (Cook, Zhang &Constantino, 2020).
In questo campione è emerso che la condizione di disturbo dello spettro autistico è fortemente associata a un distinto aumento dei sintomi tipici del disturbo schizoide nell’adolescenza, mostrando, dunque, un ruolo sostanziale della sintomatologia ASD nell’amplificare i tratti schizoidi. La stabilità dei tratti autistici in questo campione riflette pienamente la loro marcata cronicità, che è stata osservata a lungo nella letteratura precedente sul tema (Wagner et al., 2019). I risultati suggeriscono una sovrapposizione causale e/o una continuità evolutiva tra lo spettro autistico e il disturbo schizoide nell’adolescenza: il livello di compromissione dettato dal disturbo dello spettro autistico nell’infanzia è direttamente proporzionale a quello della sintomatologia schizoide nell’adolescenza (Cook, Zhang &Constantino, 2020). Di seguito vengono riportati i criteri di demarcazione tra disturbo dello spettro autistico e disturbo schizoide di personalità emersi dallo studio, utili ai fini di una diagnosi differenziale: (i) i bambini con disturbo dello spettro autistico sono inibiti nell’instaurare legami significativi non perché non li desiderino, ma piuttosto perché riscontrano difficoltà a formarli (Petrina et al., 2017); (ii) l’assenza di interesse sessuale, allo stesso modo, è stata riportata solo da una minoranza di soggetti con disturbo dello spettro autistico, a differenza del disturbo schizoide di personalità in cui è stata riportata dalla totalità (Cheak-Zamora et al., 2019). Comprendere, dunque, la differenza tra la motivazione a perseguire una connessione sociale e la capacità di attuarla può essere fondamentale nel differenziare le traiettorie del disturbo dello spettro autistico rispetto al disturbo schizoide di personalità, specialmente ai fini della pianificazione del trattamento, per massimizzare un funzionamento psicosociale adattivo (Cook, Zhang &Constantino, 2020).
È concepibile che gli interventi clinici erogati a bambini e adolescenti con ASD ad alto funzionamento nell’era contemporanea abbiano operato al fine di evitare il rischio della piena manifestazione del disturbo schizoide di personalità in età adulta (Cook, Zhang &Constantino, 2020). I trattamenti/interventi che hanno costantemente dimostrato la loro efficacia per adolescenti con autismo includono: la formazione sulle abilità sociali (Lordo et al., 2016), la terapia cognitivo- comportamentale (Sukhodolsky et al., 2013) e gli approcci psicofarmacologici per mediare irritabilità e aggressività (Parikh et al., 2008). Questi interventi terapeutici rappresentano potenziali opportunità per affrontare la menomazione sociale nel disturbo schizoide di personalità, intervenendo precocemente quando i tratti autistici vengono identificati nell’adolescenza. L’aumento esponenziale della prevalenza dell’autismo è stato accompagnato da dati che confermano la natura cronica della condizione (Wagner et al., 2019). Storicamente, la prevalenza del disturbo dello spettro autistico è stata ritenuta molto più bassa di quella del disturbo schizoide di personalità, ma la coorte di bambini diagnosticati negli ultimi vent’anni, e che potrebbero non essere stati diagnosticati durante l’infanzia, si sta ora avvicinando all’età adulta. Molti di questi individui mostrano la sintomatologia tipica del disturbo schizoide di personalità e possono spiegare i casi di disturbo schizoide di cui storicamente si presumeva un esordio nell’età adulta. Questi dati supportano la possibile continuità evolutiva tra le due condizioni e possono aiutare a riconciliare i contrasti storici nella loro rispettiva prevalenza life-time (Cook, Zhang &Constantino, 2020).