La maggiore attenzione su disforia di genere, sessualità e autismo potrebbe essere spiegata dai modelli osservati nella popolazione generale, dove i cambiamenti negli atteggiamenti sessuali sono stati massicci negli ultimi decenni.
Disforia di genere (DG), come termine descrittivo generale, si riferisce al disagio affettivo/cognitivo in relazione alla differenza tra il genere con cui si identifica la persona ed il genere assegnato biologicamente e/o socialmente. La disforia di genere può essere fonte di grande sofferenza e di confusione di identità, così come di vergogna e di stigmatizzazione.
All’interno dei servizi clinici, c’è stato un numero crescente di persone trans con disturbo dello spettro autistico (ASD), che è stato di grande interesse clinico perché ha implicazioni per la diagnosi e il trattamento (De Vries et al, 2010; Jacobs et al, 2014). Il Disturbo dello Spettro Autistico è un disturbo neurobiologico della traiettoria evolutiva di sviluppo (Grayson et al, 2016). I criteri diagnostici individuati dal DSM-5 (2013) sono cinque e vanno principalmente a sottolineare le difficoltà in ambito comunicativo, nelle interazioni sociali, nella ristrettezza delle aree di interesse, nell’emissione di pattern di comportamento ricorsivi e presenza di idiosincrasie sensoriali più o meno marcate.
La percentuale delle persone con disturbo dello spettro autistico tra le persone transgender è tra il 7,8% e il 23,1% (Shumer et al., 2016; de Vries et al., 2010).
Come detto in precedenza, la prevalenza di Disforia di Genere e la prevalenza disturbo dello spettro autistico sono entrambe in aumento (Arcelus et al. 2015; Lai et al. 2014). Tuttavia, non è chiaro se ciò sia dovuto a un vero aumento o piuttosto a una maggiore visibilità e tolleranza nei confronti delle persone transgender, e l’ampliamento dei criteri diagnostici e il miglioramento dei metodi di rilevamento del disturbo dello spettro autistico (van der Miesen et al. 2016). Inoltre, entrambi i disturbi sono più prevalenti nei maschi rispetto alle femmine [rapporto maschi-femmine 3-5:1 in ASD (Lai et al. 2014)] e MtF rispetto a FtM [2.6:1 in DG (Arcelus et al. 2015)]. Sebbene i rapporti tra i sessi varino tra gli studi e tendano a convergere, Aitken et al. (2014) hanno mostrato che negli adolescenti con DG, il rapporto tra i sessi è cambiato a favore di FtM negli ultimi anni.
Gli ultimi anni mostrano un notevole aumento degli studi pubblicati su riviste scientifiche (Glidden et al., 2016). La maggiore attenzione su Disforia di Genere, sessualità e disturbo dello spettro autistico potrebbe essere spiegata dai modelli osservati nella popolazione generale, dove i cambiamenti negli atteggiamenti sessuali sono stati massicci negli ultimi decenni. È plausibile che Internet e la rivoluzione tecnologica, in particolare i social media, abbiano consentito uno scambio più naturale di esperienze vissute per quelle minoranze con diverse sessualità, sofferenze legate al genere e anche per quelle con disturbi dello spettro autistico concomitanti. Ciò ha portato a meno tabù, stigmatizzazione e maggiore emancipazione di queste minoranze, di cui il movimento LGBTQIA+ è un buon esempio. È necessario inoltre considerare il fatto che questi studi sono stati svolti per lo più su campioni provenienti dalla società occidentale. Oltre a fattori come le risorse, la ragione della sovra rappresentanza degli studi del mondo occidentale è dovuta alle diverse credenze culturali e religiose, e ci vorrà del tempo prima di vedere studi su Disforia di Genere e disturbo dello spettro autistico da paesi e regioni più conservatori in cui la religione è forte (Glidden et al., 2016).
La valutazione della disforia di genere negli individui con disturbo dello spettro autistico può diventare più complessa a causa di alcune delle difficoltà che si possono incontrare all’interno dell’autismo (Ahmad et al., 2013). Questi potrebbero includere difficoltà nella comunicazione, la diminuzione o la mancanza della Teoria della Mente e la conseguente potenziale mancanza di riconoscimento di genere bidirezionale (il pensiero interno di una persona, l’esperienza di genere e il riconoscimento di come gli altri percepiscono l’espressione del genere di quella persona) e difficoltà nella costruzione di una relazione terapeutica tra il paziente e il clinico (Drescher et al., 2012). La transizione del ruolo sociale e le componenti funzionali spesso richieste prima di iniziare un eventuale trattamento ormonale, come avere una funzione sociale o lavorativa, possono rendere più difficile la navigazione nel percorso di trattamento.
Queste difficoltà si aggravano ulteriormente se il clinico ha poca esperienza di lavoro con persone con disturbo dello spettro autistico. Tutto ciò può lasciare i medici esperti e qualificati meno sicuri della loro valutazione e trattamento. Ciò avrà implicazioni per il trattamento di persone con disforia di genere e disturbo dello spettro autistico, che vanno da una valutazione incompleta all’incertezza sull’opportunità di iniziare un trattamento potenzialmente irreversibile con terapie ormonalei e procedure chirurgiche di riassegnazione. A sua volta, questo potrebbe far sentire il paziente incompreso e sotto-supportato (Ahmad et al., 2013). Un’ulteriore esperienza nella valutazione e nel trattamento della disforia di genere dei soggetti con disturbo dello spettro autistico potrebbe iniziare ad alleviare gran parte di queste difficoltà. Tuttavia, solo una buona ricerca sulle procedure di valutazione, eventuali adattamenti al percorso di trattamento richiesto e una solida valutazione dell’esito del trattamento miglioreranno la situazione (Zucker et al., 2009). Nel complesso, permangono lacune significative nella comprensione dell’eziologia della potenziale co-occorrenza di disforia di genere e disturbo dello spettro autistico, valutazione e trattamento appropriati e esito del trattamento delle persone transgender con autismo (Glidden et al., 2016).
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La rubrica fluIDsex è un progetto della Sigmund Freud University Milano.