Ricordi intrusivi e trauma: a seguito di un evento traumatico, i ricordi sensoriali, sotto forma di immagini e suoni, possono riemergere in modo ricorrente e spontaneo (American Psychiatric Association, 2013), evocando forti emozioni, che dirottano l’attenzione ed interrompono le attività correnti.
I ricordi intrusivi sono un sintomo fondamentale nel disturbo da stress acuto e, se presenti nei giorni seguenti al trauma, si associano ad una diagnosi di PTSD a distanza di 1 anno (Creamer et al., 2004). Essi costituiscono un importante elemento transdiagnostico (Fairburn et al., 2003), essendo presenti anche nella depressione (Birrer et al., 2007) e nel lutto complicato (Bryant et al., 2014).
Ricordi intrusivi e trauma: quando intervenire?
Secondo la teoria del consolidamento della memoria, esiste una finestra temporale di diverse ore a seguito del trauma, durante la quale la memoria relativa dell’evento diviene malleabile e vulnerabile ad essere modificata (McGaugh, 2000). Questo potrebbe rendere accessibile l’azione preventiva focale su un aspetto sintomatologico del PTSD, ovvero i ricordi intrusivi associati al trauma.
Secondo la letteratura attuale, compiti cognitivi con elevate richieste visuospaziali, possono interrompere selettivamente gli aspetti sensoriali (prevalentemente visivi) della memoria, ovvero quelli alla base dei pensieri intrusivi. Questo processo è possibile quando la memoria dell’evento è labile (ovvero durante la finestra temporale di consolidamento della memoria traumatica) e grazie ad una competizione di risorse cognitive (Kavanagh et al., 2001) che interferiscono con gli aspetti sensoriali dei ricordi intrusivi.
Alcuni studi hanno mostrano che i compiti visuospaziali eseguiti durante o immediatamente dopo l’evento, portano costantemente a una riduzione del numero di successivi ricordi intrusivi (Ad es. Deeprose et al., 2012; Holmes et al., 2004, 2010) mentre questo non si verifica per i compiti verbali, che possono addirittura aumentare tale sintomatologia, indicando possibili effetti dannosi (Holmes et al., 2004).
Ricordi intrusivi e compiti visuospaziali: lo studio
Nell’indagine di Iyadurai et al. (2018), 71 soggetti che avevano assistito ad un incidente automobilistico, sono stati assegnati in modo randomizzato a due condizioni di trattamento parallele. Mentre al gruppo sperimentale è stato chiesto di rievocare l’evento traumatico, giocando in seguito a Tetris su Nintendo DS XL per almeno 10/20 minuti; i partecipanti del gruppo di controllo hanno rievocato i momenti di permanenza in pronto soccorso dopo l’incidente, focalizzandosi per almeno 20 minuti sulle attività svolte.
Oltre a raccogliere dettagliatamente aspetti dell’evento traumatico, è stata valutata la gravità della lesione fisica (Abbreviated Injury Scale; Lopes & Whitaker, 2014), la minaccia percepita alla vita (Blanchard et al., 1995), i sintomi dissociativi (Peritraumatic Dissociative Experiences Questionnaire-Self Report; Marmar et al., 2004) e le risposte emotive (Peritraumatic Distress Inventory; Brunet et al., 2001).
Il numero dei ricordi intrusivi nella settimana successiva all’evento traumatico, è stato indagato utilizzando un diario (Holmes et al., 2010), che i partecipanti dovevano compilare quotidianamente. Inoltre, i sintomi intrusivi, di evitamento ed iperattivazione successivi al trauma, sono stati valutati utilizzando l’Impact of Event Scale – Revised; Creamer et al., 2003). È stata verificata la gravità dei sintomi di PTSD (Post-traumatic Diagnostic Scale; Mccarthy, 2008), i sintomi di ansia e depressivi (Hospital Anxiety and Depression Scale; Vallejo et al., 2012).
Rispetto ai partecipanti del gruppo di controllo, l’intervento sul gruppo sperimentale finalizzato a ridurre i ricordi intrusivi sperimentati a seguito del trauma reale, si è rivelato efficace. Tale risultato positivo, deriva dal fatto che i pazienti sono stati raggiunti circa tre ore dopo l’incidente automobilistico, cioè entro la finestra temporale di consolidamento della memoria.
Coerentemente con gli studi sul consolidamento della memoria (McGaugh, 2000; Nader K et al., 2000; Schafe et al., 2001) e quelli che coinvolgono la memoria visiva (Pearson et al., 2015); questa tecnica comportamentale è stata in grado di agire sulla memoria emotiva, riducendo il numero di ricordi intrusivi del 62% nella settimana successiva rispetto ai controlli. Infatti, il gioco Tetris, è stato ipotizzato per competere con il consolidamento dei ricordi visivi legati al trauma, ed è stato effettuato successivamente al ricordo dell’evento che avrebbe riattivato e reso la memoria labile.
Il risultato ottenuto su pazienti, si rivela simile ai precedenti studi di simulazione del trauma in laboratorio, che hanno riscontrato, una riduzione del 58% dei ricordi intrusivi, nello stesso lasso di tempo di una settimana (Holmes et al., 2009).
Questa tipologia di intervento, breve e senza l’ausilio di un terapeuta, è stato riscontrato come fattibile e accettabile dai partecipanti, che non hanno riportato effetti avversi. Inoltre, tra i vantaggi emerge anche il basso costo, la semplicità per la formazione e l’erogazione, oltre che la sua flessibilità applicativa. Infatti, non solo Tetris, ma qualsiasi attività con elevate richieste visuospaziali, può essere utile all’interno della procedura (ad esempio giochi come Candy Crush), a differenza di attività che distraggono prevalentemente a livello verbale (ad esempio lettura e cruciverba), che si rivelano inefficaci.
Questo studio mette in luce la presenza di specifici sottoinsiemi di sintomi che possono essere presi di mira entro una settimana dal trauma, facendo emergere un eterogeneità interna del PTSD (Insel et al., 2010). Inoltre, sarebbe interessante indagare l’effetto dell’intervento ad un mese di distanza, somministrandolo per una durata maggiore di 20 minuti o con dosi multiple.
Data la frequenza elevata del trauma a seguito di incidente automobilistico (Norris, 1992) e l’assenza di interventi preventivi post trauma, raggiungere i pazienti entro poche ore dall’evento potrebbe prevenire il consolidamento di un disturbo mentale invalidante. Inoltre, sarebbe di forte rilevanza clinica indagare l’utilità per il paziente stesso, di un intervento che apporta un beneficio così immediato e limitato nel tempo.