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Un modo lo trovo (2020) di Paola Napoleone – L’esperienza del cancro in chiave narrativa e psicologica

Un modo lo trovo allude a tematiche come la reazione dei familiari alla diagnosi di cancro, le strategie di coping, la comunicazione medico paziente

Di Debora Ferrantini

Pubblicato il 10 Giu. 2021

“La vera tenerezza non si confonde con nulla. È silenziosa” (Achmatova, 2020). Titola così, uno dei primi capitoli, l’autrice del libro Un modo lo trovo.

 

Paola Napoleone, psicologa e scrittrice, scrive un romanzo che nasce da un incontro, da una storia vera (solo i nomi sono stati cambiati), e che sembra raccontato sul filo di dimensioni opposte: silenzi e parole, somiglianze e differenze, incertezze e decisioni. La stessa autrice, voce narrante, si reca ad una festa privata in una casa della campagna toscana. Si muove nella festa fra l’allegria e la piacevolezza degli invitati, colpita dal gusto con cui la casa è stata arredata e dal fascino della sua proprietaria, Futura. Anche lei psicologa ma dedita alla gestione di un negozio. Dopo le presentazioni iniziali, la protagonista capisce da una conversazione fra amiche che Futura ha dovuto affrontare il cancro. Pensa, immagina, intuisce che la storia della donna possa diventare romanzo, si rivolge quindi a lei per chiederle di raccontargliela. Crede che a quell’esperienza Futura possa dare una forma attraverso le parole, grazie ad una narrazione degli stati d’animo, della difficoltà delle scelte, delle relazioni che cambiano. Dopo un iniziale rifiuto, la donna le consegna un nutrito numero di fogli sui quali ha scritto come ha vissuto i giorni della malattia. Prima di salutarla lancia in aria i fogli, lasciandoli cadere a terra, in modo scomposto, caotico, disordinato. Senza voler anticipare quella che è la parte successiva del romanzo, la storia si legge d’un fiato, per la nitidezza delle immagini, per la puntualità con cui viene raccontato il crescendo di emozioni che ha caratterizzato alcuni anni di Futura e che caratterizza le giornate della psicologa dal momento in cui sceglie di compiere questa impresa. Sono vicine e lontane, simili e diverse. Se per Futura lo scompiglio è arrivato in seguito alla shock procurato dalla diagnosi, per la scrittrice protagonista del romanzo lo scompiglio è generato dal gesto della donna che sceglie di lanciare in aria i fogli, invitandola così a trovare un senso, un ordine, una forma. Senso che non è solo un susseguirsi di fatti ma anche una trasformazione emotiva e relazionale. “Un modo lo trovo” è un’espressione che sembra aver assunto valore per tutte e due. “Un modo lo trovo” non è solo un bel romanzo ma anche un testo che allude a quelle che sono alcune fra le tematiche più significative per chi si occupa di psiconcologia: la reazione dei familiari alla diagnosi, le strategie di coping, la qualità della comunicazione medico-paziente.

La reazione dei familiari alla diagnosi. La diagnosi di cancro ha una ricaduta significativa su tutti i componenti del nucleo familiare. Se è lecito parlare di “shock” in riferimento ai vissuti della persona che riceve la diagnosi, anche lo stato d’animo dei familiari non si colloca molto lontano. Il padre, la madre, il fratello, il figlio del paziente immagina un periodo di cura, oltre che una fase della vita in cui si ha più difficoltà ad anticipare e a controllare gli eventi. Spesso cambia il modo di comportarsi all’interno del nucleo familiare. Si assiste ad un intreccio e ad un riaggiustamento delle relazioni che ha come protagonisti: le emozioni, l’espressione delle stesse attraverso azioni o parole, la scelta di comunicare o meno e a chi i propri pensieri e i propri stati d’animo, talvolta una ridefinizione dei ruoli (alcuni familiari potrebbero diventare ad esempio, molto protettivi). L’ascolto della propria esperienza interiore rispetto ad un susseguirsi di eventi spesso rapido e imprevedibile, la scelta di condividere le proprie preoccupazioni all’interno di relazioni accoglienti e poco minacciose, e la possibilità di conservare delle attività che permettano una piena concentrazione nell’attività stessa fuori da dimensioni legate alla preoccupazione, sembrano soluzioni in grado di offrire una buona percorribilità nella gestione dell’evento, per i familiari del paziente. Futura rivolge le sue riflessioni all’esperienza del figlio. Non sa e non riesce a capire cosa stia provando. Lo osserva, immagina in che modo la propria malattia possa metterlo in difficoltà, si chiede se il ragazzo, futuro medico, potrà in qualche modo fare tesoro nella sua professione, del racconto della madre.

Le strategie di coping costituiscono delle modalità messe in atto da una persona per affrontare un evento. Si tratta di strategie che permettono di far fronte ai problemi, come una malattia, conflitti e altre tipologie di difficoltà. Considerato che l’elaborazione della malattia nel susseguirsi degli eventi e rispetto alle trasformazioni fisiche e relazionali, è un processo di lunga durata, talvolta osserviamo fasi diverse anche in relazione ad uno stesso individuo ed è difficile individuare sempre un unico stile di coping. Per questo preferisco parlare di dimensioni coinvolte nel processo di elaborazione e gestione dell’evento malattia che possono essere più o meno presenti e intrecciarsi in modo diverso:

  • Cercare di non pensare al problema, di non ascoltare le emozioni ad esso collegate
  • Impegnarsi nel lavoro
  • Coltivare passioni
  • Condividere/non condividere con gli altri l’esperienza
  • Esprimere/non esprimere le emozioni
  • Ricercare soluzioni per gestire la malattia e le conseguenze della malattia
  • Fiducia/sfiducia nelle proprie capacità di gestione
  • Senso di impotenza
  • Ascoltare i propri vissuti
  • Nutrire un buon livello di speranza
  • Cercare nella difficoltà una nuova opportunità
  • Chiedere aiuto

Le dimensioni coinvolte e la strategia di coping cambiano sulla base del livello di minaccia percepito, dell’età, del momento di vita, delle caratteristiche di personalità, della situazione occupazionale, della qualità del sistema di relazioni in cui si vive. La strategia di coping, la modalità di elaborazione della malattia narrata nel romanzo è descritta in modo così puntuale, articolato, sfumato che è difficile da definire in poche frasi. Futura frequenta familiari e amici, talvolta invece si affida alla solitudine della casa e all’ascolto di alcune canzoni. Dai Queen a Malika Ayane, da Elton John a Battiato, l’elenco delle canzoni ascoltate sembra tratteggiare con ulteriore chiarezza il passaggio da uno stato d’animo all’altro dentro un’esperienza difficile da vivere e da raccontare, ma che assume anche  un valore di trasformazione del proprio modo di percepire sé e il mondo.

La qualità della comunicazione medico – paziente. Futura descrive l’oncologo come una donna solare e accogliente, chiara nelle comunicazioni, combattiva e determinata nella cura del cancro. Si sente protetta e rassicurata dalle modalità di cura del medico. L’oncologo ha un ruolo complesso non solo sul piano medico. Negli ultimi decenni la letteratura (Biondi M., Costantini A., Wise T.N., 2014), ma anche la formazione e la pratica medica, si sono concentrate molto sulla qualità della relazione medico-paziente. L’oncologo ha due obiettivi  sul piano relazionale: favorire quella che viene definita la “compliance” al trattamento, creare e mantenere un buon rapporto con il suo assistito. Anche se la traduzione letterale di “compliance” corrisponde al significato di “conformità”, “aderenza” al trattamento, il ruolo del paziente nella medicina moderna è sempre più vicino a quello di un soggetto attivo, consapevole e partecipe. Al medico sono richieste capacità di empatia, chiarezza e disponibilità di tempo rispetto ai processi di comunicazione ma anche la capacità di leggere alcune transizioni psicologiche che accompagnano gli stati d’animo del paziente nei vari passaggi della terapia. La corretta interpretazione dei processi psichici del paziente non lo porterà necessariamente a parlarne in modo esplicito ma guiderà l’aspetto relazionale della cura. Nel caso in cui il medico riscontri stati d’ansia, potrà spiegare con maggiore chiarezza quali sono gli step che il paziente deve affrontare e favorire l’emergere di dubbi, domande, motivi che spiegano l’ansia. Molto spesso i pazienti a cui viene fatta una diagnosi di cancro provano forti sentimenti di minaccia rispetto all’esperienza futura, perché immaginano cambiamenti significativi sul piano della percezione del corpo, del tempo, dal punto di vista relazionale, lavorativo e sociale. Se l’oncologo avverte significativi stati di minaccia, può canalizzare la comunicazione verso tutti gli aspetti di continuità della vita del paziente e sottolineare, laddove sia possibile, quali sono i tempi previsti o ipotizzati circa il superamento dei vari passaggi (test diagnostici, interventi, terapie, possibili effetti collaterali) necessari alla cura. La diagnosi iniziale comporta in alcuni pazienti atteggiamenti di difesa e di negazione rispetto alla portata dell’evento. Come se ci fosse una costrizione sull’esperienza. In questo caso il medico dovrà cercare una non facile ortogonalità fra la possibilità di favorire una compliance al trattamento e quella di mostrarsi empatico nei confronti dei tentativi di difesa del paziente, dando però la priorità alla necessità che il paziente si confronti con tutti i passaggi necessari al trattamento. In ogni caso l’oncologo cercherà di stringere un’alleanza con il paziente e con la sua capacità di esercitare uno spirito combattivo nei confronti della malattia, ancorandosi al senso di autoefficacia, alle capacità di collaborazione e di risoluzione dei problemi del suo cliente, validando e supportando nel corso degli incontri tutti quegli aspetti  della conversazione volti in questa direzione.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Achmatova, A. (2020). Tutte le poesie (1904-1966). Versione metrica. Osimo Bruno Editore
  • Biondi, M., Costantini, A., Wise, T.N. (2014). Psiconcologia.  Milano: Cortina Raffaello Editore
  • Napoleone, P. (2020). Un modo lo trovo. Gli scrittori della porta accanto
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