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Zimbardo: memorie di uno psicologo (2017) a cura di Daniel Hartwig – Recensione del libro

Il libro 'Zimbardo: memorie di uno psicologo' è la trascrizione di un’intervista che ripercorre la vita dello psicologo ed eventi privati e lavorativi

Di Eleonora Natalini

Pubblicato il 20 Mag. 2021

Ho impiegato diverso tempo a leggere il libro di Daniel Hartwig Zimbardo: memorie di uno psicologo. Non per la lunghezza del testo o per la noia, affatto, ma perché gli spunti di riflessione sono tantissimi.

 

Parla di esperimenti e teorie che vuoi andare a ricercare, conoscere, verificare. Impossibile quindi non appassionarsi ad uno dei tanti argomenti studiati dallo psicologo Philip Zimbardo, americano ma di origini siciliane, nel corso della sua carriera. Zimbardo stesso infatti dice di sé: “in un certo senso, sono sempre stato eclettico, forse addirittura eccentrico – l’aspetto positivo di tale atteggiamento è che fa di me un “generalista”, nel senso che sono sempre interessato a tutto”.

Il libro, trascrizione di un’intervista che rientra nel Programma di storia orale della Stanford Historical Society, ripercorre la vita del noto psicologo ricordando eventi sia privati che lavorativi mischiati a interessanti informazioni sulla storia e lo sviluppo della psicologia sociale.

La fama di Zimbardo, come molti sapranno, è riconducibile al famoso esperimento della prigione di Stanford che ha gettato le basi per la comprensione dei fenomeni sociali legati alla malvagità quali la Shoah o Abu Ghraib. Secondo Zimbardo le persone non nascono con predisposizioni malvagie ma, in determinate condizioni, chiunque di noi potrebbe impazzire. Inoltre, il ruolo che si ricopre nei vari contesti, spiega il comportamento messo in atto: se sei una guardia devi fare rispettare le regole che il sistema ha scritto. Oltretutto secondo Zimbardo “il potere è divertente. Il potere è dominio. Significa avere il controllo sugli altri. Dici alle persone cosa devono fare e loro lo fanno”; motivo in più per cui, anche persone “buone” potrebbero seguire, senza opporsi, quelle “cattive” specialmente se il potere è legittimato.

Nel corso degli anni Zimbardo ha cercato di sganciarsi dall’etichetta attribuitagli di Dr. Evil. Di certo i suoi capelli neri e il pizzetto a triangolo non l’hanno aiutato. Mancano solo gli occhi rossi e il forcone perché diventi l’incarnazione perfetta di Lucifero! E questo lo sa anche lui. E allora, giustamente, si è fermato a pensare: ma se si conoscono le dinamiche della malvagità magari si possono comprendere anche quelle della bontà. Da qui l’inizio del progetto Heroic Imagination Project (HIP), tutt’ora in atto. Si tratta di trasformare in positivo ciò che si è appreso dagli studi sui pregiudizi, sull’effetto spettatore, sulla discriminazione, sulle dinamiche di gruppo e tanti altri. Il programma ha l’obiettivo di allenare le persone ad agire in maniera eroica.

Tra i vari argomenti che lo psicologo di Stanford ha trattato sono da segnalare anche quelli sulla vergogna attraverso lo Stanford Shyness Project e sulla percezione del tempo con la Time Perspective Therapy.

Potete poi sbizzarrirvi ad approfondire i vari argomenti che semplicemente cita. Tra i tanti, le ricerche di Tversky e Kahneman sul processo decisionale, la storia di Jim Jones leader della congregazione del Tempio del Popolo o l’esperimento dell’insegnante Jane Elliot sulla discriminazione.

In tutta sincerità quello che ricordavo su Zimbardo era essenzialmente legato all’esperimento della prigione di Stanford e leggere l’intervista è stata veramente una bella scoperta. Forse è vero che il male vende più del bene e che essere un supereroe costa sicuramente fatica. Ma è possibile. Date un’occhiata al sito: troverete Zimbardo con una splendida t-shirt di Superman ma con la Z al posto della S… da Lucifero a Superman insomma.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Hartwig D. (a cura di) (2017). Zimbardo: memorie di uno psicologo. Giunti.
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