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La sindrome del burnout genitoriale nelle disabilità

L’arrivo di un bambino con disabilità nello sviluppo comporta richieste e sfide inaspettate da parte dei genitori, per le quali spesso non sono preparati

Di Antonio Albanesi

Pubblicato il 07 Mag. 2021

Molte ricerche suggeriscono che i genitori di bambini con disabilità non solo sperimentano livelli più elevati di stress rispetto alle famiglie di bambini con sviluppo tipico, ma che la loro salute mentale in generale potrebbe avere delle complicazioni

Antonio Albanesi – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

Il fatto è che l’educazione dei figli è un lavoro lungo e duro, le gratificazioni non sono sempre immediatamente evidenti, il lavoro è sottovalutato, e i genitori sono solo umani e vulnerabili quasi quanto i loro figli (Benjamin Spock).

Le persone di solito si aspettano che l’opera dei genitori sia un’esperienza meravigliosa (Feldman e Nash, 1984), il che non sorprende, data l’enfasi posta sulle ricompense di genitorialità (Eibach e Mock, 2012; Hansen, 2012), che comprendono accrescimenti personali nel significato della vita (Nelson e colleghi, 2013), emozioni positive e integrazione sociale (Nomaguchi e Milkie, 2003). Tuttavia, per molte persone, il ruolo dei genitori non è una passeggiata (Hansen, 2012; Kahneman e colleghi, 2004). Anzi, la genitorialità può essere uno dei mestieri più faticosi che si intraprendono. Sin dalla nascita, i bambini possono mettere sotto stress i loro genitori in modo considerevole (Crnic e Low, 2002; Deater-Deckard, 2008). Il semplice fatto di essere un genitore si confronta con una vasta gamma di problemi quotidiani (es. compiti a casa), fattori acuti di stress (es. conflitti tra fratelli) e anche fattori di stress cronici (es. problemi comportamentali e di salute). Quando i genitori scarseggiano cronicamente delle risorse necessarie per gestire i fattori di stress infantili, essi sono a rischio di burnout genitoriale (Mikolajczak e Roskam, 2018).

Il burnout parentale deriva da uno squilibrio cronico di rischi sulle risorse nelle competenze genitoriali (Mikolajczak e Roskam, 2018). Esso è definito come uno stato di intenso esaurimento correlato al proprio ruolo genitoriale, in cui ci si distacca emotivamente dai propri figli e si diventa dubbiosi sulla propria capacità di essere un bravo genitore (Roskam, Raes e Mikolajczak, 2017). I genitori si sentono così svuotati che si limitano a pensare al proprio ruolo come se sentissero di aver raggiunto la fine del loro legame. Di conseguenza, i genitori diventano emotivamente distanti dai loro figli: diventano sempre meno coinvolti nella relazione con loro e le interazioni sono limitate agli aspetti funzionali / strumentali a scapito degli aspetti emotivi. Pertanto, non si sentono più buoni genitori e perdono il piacere di stare con i loro figli (Hubert e Aujoulat, 2018; Roskam, Brianda e Mikolajcazk, 2018). Ad oggi la ricerca sulla sindrome da burnout genitoriale si è focalizzata sul comprendere cosa rende i genitori vulnerabili a questa condizione. I ricercatori hanno scoperto che i genitori sono a maggiore rischio quando:

  • Mirano ad essere genitori perfetti (Kawamoto e colleghi, 2018).
  • Sono nevrotici o tendenti all’alessitimia e capacità di gestione dello stress (Lebert-Charron e colleghi, 2018; Le Vigouroux e colleghi, 2017; Mikolajczak e colleghi, 2018).
  • Mancanza di supporto emotivo o funzionale da parte del “coparent” (Lindstrom, Agam e Lindahl Norberg, 2010; Mikolajcaz, Raes e collaboratori, 2018): la definizione di coparent (co-genitore) è un processo in cui due genitori lavorano insieme per crescere un figlio anche se sono divorziati o separati e non vivono più assieme. Un esempio di co-genitorialità è quando una madre e un padre divorziati condividono la custodia legale e fisica del figlio.
  • Hanno pratiche indigenti nell’educazione dei figli (Mikolajcazk, Raes e colleghi, 2018).
  • Hanno figli con bisogni speciali che interferiscono con la vita familiare (Gérain e Zech, 2018; Lindahl Norberg, 2007; Lindstrom, Aman e Lindahl Norberg, 2010).
  • Lavorano part-time o sono genitori casalinghi (Lebert-Charron e colleghi, 2018; Mehauden e Piraux, 2018).

Si sa invece molto meno sulle conseguenze della sindrome da burnout parentale rispetto ai suoi antecedenti. In ambito lavorativo, il costrutto correlato al burnout lavorativo è associato a una serie di conseguenze negative sia per il dipendente che per l’azienda; esso danneggia la salute mentale e fisica dei dipendenti (Shirom e colleghi, 2005), diminuisce molti aspetti delle performances lavorative (Taris, 2006) e aumenta drammaticamente il ricambio dei dipendenti (Alarcon, 2011). Nell’ambito genitoriale, potremmo aspettarci conseguenze sia per i genitori che per la famiglia. Risultati di ricerca a sezione trasversale suggeriscono che il burnout genitoriale, così come il burnout lavorativo, è associato a sintomi depressivi, comportamenti tendenti alla dipendenza, disturbi del sonno e conflitti di coppia (Kawamoto e colleghi, 2018; Mikolajczak e colleghi, 2018; Van Bakel e colleghi, 2018). E’ interessante notare come il burnout genitoriale sia risultato essere più fortemente associato a 3 variabili rispetto al burnout lavorativo. Le 3 variabili in questione sono: l’ideazione di fuga (idee di fuga o suicidio), abbandono dei minori e violenza genitoriale. Questo si spiega poiché il burnout parentale evidenziò, rispettivamente, 4 volte, 10 volte e 25 volte più varianza in queste variabili, rispetto al burnout lavorativo. Sarebbe allettante concludere che queste 3 variabili siano conseguenze del burnout parentale, ma la direzione di causalità è sconosciuta.

Lo stress genitoriale nelle famiglie dei bambini con disabilità

La genitorialità, un’esperienza meravigliosa e gratificante, è spesso accompagnata da alti livelli di stress, a causa delle difficoltà, delle frustrazioni e delle sfide che i genitori affrontano nella vita di tutti i giorni. L’arrivo di un bambino con disabilità nello sviluppo comporta richieste e sfide inaspettate da parte dei genitori, per le quali spesso non sono preparati. Avere un figlio con disabilità dello sviluppo determina implicazioni sul cambiamento di vita e effetti a lungo termine nella vita dell’intera famiglia (Simmerman, 2001; Martin e Colbert, 1997). Molti studi condotti in quest’ambito mostrano che i genitori aventi figli con disabilità subiscono livelli più elevati di stress rispetto ai genitori di bambini con uno sviluppo tipico (Sanders e Morgan, 1997; Roach e colleghi, 1999). L’impatto che un bambino con disabilità ha sulla famiglia non è solo lineare e non si basa esclusivamente sulla direzione. L’impatto è multidimensionale, reciproco, influenza la totalità del sistema familiare e le relazioni tra i membri della famiglia (Harris, 1994; Rodrigue, Gefken e Morgan, 1994; Breslau, 1982; Breslau e Prabucki, 1987). Il benessere dei fratelli dei bambini con disturbi dello sviluppo può essere compromesso a causa dello stress vissuto in famiglia (Rossiter e Sharpe, 2001). Molte ricerche suggeriscono che i genitori di bambini con disabilità non solo sperimentano livelli più elevati di stress rispetto alle famiglie di bambini con sviluppo tipico, ma che la loro salute mentale in generale potrebbe avere delle complicazioni. Difatti, i genitori possono sperimentare depressione, ansia (Beckman 1991; Dyson, 1991; Emerson, 2003; Bristol e Schopher, 1984; Hoppes e Harris, 1990), alti livelli di disperazione, fallimento, senso di colpa (Jones, 1997; Powers, 1989; Tommasone e Tommasone, 1989), riportano ridotte capacità genitoriali e minore soddisfazione coniugale (Rodrigue e colleghi, 1990). Il benessere psicologico dei genitori è considerato molto importante. Le ricerche sottolineano l’importanza di programmi di intervento sullo stress genitoriale così da poterlo alleviare (Davis, 1985; Schilling e Schinke, 1984) perché elevati livelli di stress parentale possono avere un impatto negativo sul funzionamento del bambino con disabilità dello sviluppo. I genitori si comportano in modo diverso e questo può avere un impatto negativo sui bambini (Hastings, 2002); gli studi rivelano che i genitori con un elevato livello di stress interagiscono in modo diverso con i loro figli, rispetto ai genitori con un livello di stress inferiore, e rispondono in modo diverso al comportamento problematico del figlio (Conger e colleghi, 1995). Secondo Floyd e Phillipe (1993), la depressione auto valutata dai genitori sarebbe un forte predittore dei loro sforzi per gestire attivamente e con successo i comportamenti problematici dei loro figli.

Il bambino con disabilità non è il solo a influenzare la vita e le dinamiche familiari; anche la famiglia influenza positivamente o negativamente lo sviluppo del bambino. Nello specifico, i ricercatori sottolineano che maggiori livelli di stress predicono risultati meno positivi nei programmi di intervento precoce per bambini con disabilità (Brinker e colleghi, 1994), considerato che questo tipo di interventi precoci hanno maggiore successo in caso di problemi familiari, incluso lo stress parentale, e sono affrontati prima dell’inizio del programma di intervento (Rhodes, 2003). Quindi, conoscere e trattare con i genitori il tema dello stress parentale è importante per i professionisti.

Lo stress legato al bambini: diagnosi, caratteristiche e comportamento del bambino

Secondo le ricerche, il benessere psicologico dei genitori è fortemente influenzato dalla diagnosi primaria del loro bambino. Lo shock, la negazione, l’incredulità e il dolore sono le reazioni comuni dei genitori in questo specifico caso (Martin e Colbert, 1997). Una quantità considerevole di letteratura mostra come all’inizio i genitori facciano i conti con la loro perdita di aspettative, in special modo delle possibilità perdute e dei sogni sul loro bambino perfetto, e tutto questo processo di perdita che attraversano provoca angoscia emotiva (Martin e Colbert, 1997; McCubbin e colleghi, 1982). Tuttavia, secondo Martin e Colbert (1997), alcuni genitori riferiscono un senso di sollievo dopo aver fissato la diagnosi, perché quest’ultima pone fine ai loro dubbi e fornisce loro risposte. Waisbren (1980) ha sottolineato che avere un figlio con disabilità nello sviluppo richiede che i genitori debbano riformulare e riadattare nuovi ruoli e identità; questo può provocare ambivalenza e/o ansia, che non fa niente di meno che aumentare i livelli di stress. Altri studi invece suggeriscono che forse non è solo la diagnosi ad essere la fonte di stress vissuta dai genitori, ma anche le caratteristiche e i comportamenti del bambino correlate alla diagnosi: lo stress genitoriale può essere fortemente associato al livello di disabilità del bambino (Minnes, 1988), alle caratteristiche del bambino e ai suoi comportamenti impegnativi, e tutte queste variabili richiedono molto tempo per i genitori (Simmerman e colleghi, 2001). I comportamenti maladattivi, sfidanti e di auto mutilazione dei bambini con disabilità possono risultare una forte fonte di stress per i genitori; i bambini hanno bisogno di una supervisione costante per la propria sicurezza e quella dei loro fratelli (Cole, 1986). Molti genitori mettono in relazione lo stress con le costanti richieste di cura e attenzione dei loro figli (Minnes, 1988; Beckman-Bell, 1981): infatti molti bambini con disabilità potrebbero non essere in grado di prendersi cura di sé stessi o mettere in atto comportamenti che ci si aspetta da altri bambini della loro età e con uno sviluppo tipico. Questo significa che i genitori devono impegnarsi di più e investire più tempo ed energia sul loro bambino. Una possibile soluzione al problema potrebbe essere alleviare lo stress nei genitori. Essere genitori di un bambino con disabilità non influisce solo sull’intensità dell’accudimento, ma anche nella sua estensione nel tempo. L’autonomia del bambino può essere ritardata  o compromessa dalla disabilità. Sembra che alcune caratteristiche legate al bambino come le capacità comunicative o il livello di difficoltà che ha il bambino mentre compie un comportamento, siano fortemente correlati ai livelli di stress vissuti dai genitori (Frey e colleghi, 1989; Quine e Pahl, 1991). Le esigenze sanitarie speciali, il continuo accompagnamento del bambino o la costante supervisione possono interferire con le attività quotidiane dei genitori. Le loro limitate possibilità, causate dalla mancanza di tempo, per riposarsi, divertirsi o ritagliarsi un po’ di tempo per loro stessi, danno come risultato stanchezza, esaurimento e afflizione. Il comportamento brusco e inaspettato dei bambini è correlato a bassi livelli di autoefficacia dei genitori e a problemi di salute mentale degli stessi (Herring e colleghi, 2006). Quando si tratta di bambini con bisogni speciali, i genitori devono impegnarsi più di quanto farebbero con i bambini con uno sviluppo normale (Westling, 1997). A causa di nuove responsabilità per le quali non sono preparati, essi possono partecipare a corsi di formazione e di istruzione generali rivolti ai genitori, hanno necessità di interagire regolarmente con gli insegnanti, etc, e questo significa meno tempo da dedicare per altre attività. Può capitare che si scoraggino facilmente a causa dell’incapacità dei loro figli di raggiungere gli obiettivi educativi. E, come in un circolo vizioso, tutto ciò non fa altro che aggiungere altro stress.

Le differenze tra le madri e i padri nella gestione emotiva e cognitiva rispetto alla disabilità del figlio

Sebbene la disabilità del bambino colpisca l’intera famiglia, ci sono prove considerevoli del fatto che le madri esperiscono un maggior impatto emotivo rispetto ai padri circa la disabilità del figlio (Hastings e colleghi, 2005; Oelofsen e Richardson, 2006; Gray, 2003). Per esempio, in uno studio condotto da Gray (2003) su famiglie di bambini con autismo, l’autore ha scoperto che le madri e i padri erano influenzati in modi e livelli diversi dalle condizioni del loro bambino. I padri sostenevano che le condizioni del loro bambino non li avessero influenzato personalmente come hanno fatto con le loro mogli. Hanno anche ammesso che il modo in cui l’autismo del loro figlio li ha influenzati è stato solo attraverso lo stress esperito dalle loro mogli. Secondo l’autore il diverso livello di stress vissuto da madri e padri può essere spiegato riferendosi ai ruoli di genere legati al lavoro e all’educazione dei figli. Mentre le madri sono di solito più coinvolte nell’accudimento del bambino, i padri sono più impegnati a lavorare per sostenere i bisogni finanziari della famiglia. Secondo l’autore ci sarebbe una differenza nelle strategie di coping che utilizzano le madri e i padri. Mentre i padri tendono a sopprimere i loro sentimenti, o per evitarli lavorando fino a tardi oppure stando lontano da casa, le madri tendono a esprimere e condividere le loro emozioni; nello specifico esse provano una vasta gamma più ampia di emozioni (dal dolore alla tristezza, alla rabbia, all’angoscia etc.) e parlano di più con gli altri delle loro emozioni. Si è scoperto inoltre che le madri sono più stigmatizzate dal disturbo del loro bambino. Ci sono anche differenze nelle percezioni o valutazioni cognitive. Difatti, le valutazioni cognitive dei genitori sulle disabilità del bambino mediano i livelli di stress vissuti dai genitori. Se avere un figlio con disabilità porta allo stress o a una strategia di coping positiva, questo dipenderà dalle percezioni della famiglia sulla disabilità del bambino, dalle giustificazioni fornite dalla famiglia nonché dalla comprensione del perché si verificano gli eventi e cosa possono fare per alleviare lo stress. Molti studi si sono concentrati sul ruolo delle valutazioni cognitive dei genitori sullo stress. Mash e Johnston (1990) suggeriscono che una combinazione di caratteristiche del bambino e cognizioni genitoriali può influenzare i livelli di stress parentale. Altri studi suggeriscono che quando si tratta di cognizioni, queste ultime potrebbero essere predittori più forti di stress parentale rispetto al comportamento disadattivo del bambino. In uno studio condotto da Lustig (2002) è stato trovato utile ai fini di un buon adattamento familiare l’essere in grado di riformulare la disabilità in modo positivo e il percepirsi come competenti piuttosto che passivi. Altri studi sul ruolo delle cognizioni parentali si sono focalizzati sull’autostima, sull’autoefficacia e sul locus of control. Sembra che le cognizioni genitoriali medino il ruolo di differenti variabili sullo stress genitoriale. Hastings e Brown (2002) hanno scoperto che l’autoefficacia mediava gli effetti del comportamento disadattivo del bambino sull’ansia e la depressione vissute da madri di bambini con autismo. Secondo Hasall e Collaboratori (2005) la maggior parte della varianza misurata nello stress genitoriale è stata spiegata dalla funzione del locus of control (modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi della sua vita siano prodotti da suoi comportamenti o azioni, oppure da cause esterne indipendenti dalla sua volontà) genitoriale, dal grado di soddisfazione e dalle difficoltà di comportamento del bambino. Inoltre gli autori hanno scoperto come la forte correlazione tra il supporto familiare e lo stress genitoriale fosse mediata dal locus of control dei genitori.

Per concludere, questo articolo vuole indicare diversi fattori legati allo stress che sia i ricercatori che i professionisti devono tenere a mente quando si lavora con famiglie di bambini con disabilità nello sviluppo. C’è una larga divergenza nell’esperienza di accudimento e cura di un bambino con una disabilità. I professionisti che lavorano con queste famiglie devono essere consapevoli del fatto che l’assistenza potrebbe produrre esperienze sia positive che negative. Infatti, ai fini di un sano funzionamento familiare, i professionisti devono supportare i bisogni dell’intera famiglia e non solo le necessità del bambino con disabilità. I professionisti che lavorano con i bambini possono svolgere un ruolo importante nell’aiutare i membri della famiglia a riformulare la loro esperienza fornendo assistenza con un approccio positivo, aiutandoli a sentirsi come se avessero la conoscenza, l’abilità e la capacità di sostenere con successo ciò di cui i loro figli hanno bisogno.

 

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