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Mio fratello è disabile e io sono un sibling – Le difficoltà dei fratelli/sorelle di persone diversamente abili

Sibling: ovvero fratello o sorella di una persona disabile o malata cronica. La sofferenza di chi cresce accanto ad una persona diversamente abile

Di Alessandra Epis

Pubblicato il 08 Gen. 2019

Aggiornato il 09 Set. 2019 15:39

Che diritto ho io di progettarmi un futuro quando mio fratello non l’avrà? Cosa succederà quando non ci saranno più mamma e papà a pensare a lui? È mio dovere prendermi cura di lui per tutta la vita? – Questi sono alcuni degli interrogativi che si pongono fratelli e sorelle di persone disabili.

Alessandra Epis – Open School Modena

 

È ormai consolidato nella terminologia anglo-americana, l’utilizzo del sostantivo inglese sibling per definire i fratelli indipendentemente dal loro sesso. In campo medico il sostantivo assume un’accezione più specifica: viene infatti utilizzato per distinguere gli individui con sviluppo tipico dai loro fratelli con disabilità e patologie gravi o croniche.

La relazione tra fratelli è unica e generalmente di lunga durata. Solitamente i fratelli condividono gran parte delle loro esistenze e si supportano a vicenda (Ewertzon M. et al., 2012); se dunque è vero che i siblings sono co-protagonisti della vita del fratello malato, risulta indispensabile che anche i siblings debbano essere inclusi nel percorso assistenziale e sostenuti nel corso della vita.

La disabilità infatti è una condizione che non interessa solo la persona che ne è colpita ma investe senza risparmiare tutte le persone che intorno a questa persona vivono. Un elemento al quale spesso non si presta la dovuta attenzione è il ruolo di una figura talvolta in ombra, quella del fratello o sorella della persona disabile. L’impatto sulla crescita del fratello o sorella del bambino disabile non va sottovalutato.

I siblings possono subire ripercussioni psicologiche di cui spesso gli stessi genitori, presi dalla cura del fratello più bisognoso, non si rendono conto o sottovalutano. Si tratta di situazioni che, se non vengono affrontate in maniera adeguata, possono in alcuni casi dare origine a disagi psicologici, difficoltà di adattamento da parte dei fratelli, fino a sviluppare anche disturbi d’ansia e depressione.

I siblings non sono destinati necessariamente ad un destino di disagio e sofferenza, ma possono essere aiutati a valorizzare appieno l’esperienza che vivono e diventare persone sensibili e resilienti come pochi altri coetanei. Per fare questo spesso basta poco: cogliere eventuali specifici segnali di disagio evolutivo e mettere in pratica alcuni accorgimenti educativi.

Sibling: una condizione particolare

La particolarità della condizione di sibling è costituita dal fatto che la sua crescita e lo sviluppo dell’identità si compiono confrontandosi continuamente con la presenza di un fratello o una sorella disabile e con genitori che si trovano a gestire un trauma.

La spesso ricorrente invisibilità delle difficoltà dei siblings ci sollecita ad andare oltre le apparenze di “eccessiva” normalità, allenandoci a cogliere preventivamente alcuni segnali di disagio. Le scarse amicizie, una grande timidezza possono ad esempio essere segnali di chiusura relazionale. Al contrario l’insorgere dei comportamenti provocatori potrebbe indicare la messa in atto di un richiamo di attenzione e l’espressione indiretta di emozioni forti e contrastanti. Altri segnali sono ancora più difficili da notare per via della loro desiderabilità sociale: il sibling “bravo bambino” verrà molto rinforzato nel suo iper-adattamento ed anche il sibling “perfezionista” con un ottimo profitto scolastico e sportivo sarà incoraggiato a mantenere quei livelli di performance. Alcuni siblings scelgono poi canali più primitivi di comunicazione ricorrendo a veri e propri sintomi fisici, apparentemente inspiegabili, come disturbi del sonno, dolori di stomaco, frequenti mal di testa, enuresi, sintomi d’ansia.

Le difficoltà scolastiche che invece a volte ci sono e che apparentemente possono derivare da una mancanza di motivazione, sono spesso dovute al senso di colpa del sibling, “colpevole” di volere superare in abilità e conoscenza il fratello disabile.

Prestare attenzione ad alcuni segnali dei sibling e porci domande sulla loro situazione, non significa cercare a tutti i costi il risvolto patologico di alcuni passaggi anche fisiologici della crescita di un bambino, ma si tratta di monitorare una condizione di crescita delicata e cercare di fare prevenzione attraverso il mantenimento di uno spazio relazionale di ascolto e confronto.

I miei genitori mi portarono alcune volte da uno psicologo e anche da uno psichiatra. Tutti mi dissero che non avevo niente. Uno dei dottori mi diede del Valium per aiutarmi a dormire. Nessuno pensò mai di esplorare la mia situazione familiare (Strohm, 2002).

 

La sorella di Max ha dieci anni quando incontra un counsellor scolastico. Ha imparato a nascondere i suoi cattivi sentimenti riguardo Max. Sua mamma non desidera ascoltarli. La sorella di Max a volte ha provato repulsione per i suoi scatti, per la sua saliva. Ha nascosto il fatto di lavarsi le mani ansiosamente ogni volta che toccava i suoi germi. Si era sentita in colpa per la propria gelosia nei suoi confronti, perché avrebbe dovuto sentirsi gelosa? Perché doveva desiderare un disagio così strano, una malattia così strana? E poi aveva desiderato la morte di Max, il giorno successivo ad un viaggio di emergenza d’urgenza all’ospedale in cui “forse avrebbe potuto morire”. Come poteva trovare sollievo da questi pensieri ansiosi? Chi mai avrebbe potuto pensare che lei fosse una brava bambina? La sorella di Max nascondeva ed evitava ansiosamente la parte “cattiva” di se stessa. (Dondi A, 2008)

Per molti siblings può essere difficile riuscire ad esprimere i sentimenti negativi che provano nei confronti del proprio fratello disabile. Una maniera comune di far fronte ad un’emozione come la rabbia può essere quella di esprimerla diventando disobbediente o facendo i capricci, cosa che può includere un aumento delle manifestazioni aggressive nei confronti dei fratelli o delle sorelle. Nelle famiglie con più di due bambini che sono relativamente vicini di età, uno di loro può anche spostare la propria rabbia nei confronti degli altri fratelli non disabili.

In alcune famiglie, tali emotività sono completamente proibite e risultano accettabili solo commenti positivi sul bambino. Come conseguenza, i siblings potrebbero interpretare i propri sentimenti di rabbia e risentimento come la prova che sono cattivi. Coloro che si sentono arrabbiati nei confronti dei loro fratelli disabili, possono così provare profonda vergogna o sensi di colpa.

Le espressioni inibite di rancore possono condurre i siblings all’introiezione di sentimenti negativi, che determinano l’evitamento della fonte della rabbia (il fratello/sorella disabile) e in alcuni casi l’insorgere di quadri depressivi mascherati.

Molti siblings tentano di proteggere anche i genitori dai propri sentimenti negativi. Alcuni pensano che le espressioni di rabbia e frustrazione riguardo alle loro esperienze possano essere ingiuste, viste le difficoltà che i loro genitori affrontano nella vita di tutti i giorni. Esprimere queste emozioni potrebbe inoltre mettere a rischio l’immagine che cercano di presentare ai genitori, quella di bambini felici ed autonomi; in questo caso è presente una spinta ad essere perfetti, sempre disponibili, senza apparenti lati oscuri.

Sibling: le principali difficoltà

Le problematiche emerse nei siblings maggiormente riscontrate in letteratura sono suddivisibili nei seguenti gruppi principali: somatizzazioni, emozioni/stati d’animo, comportamenti problematici, problemi psicologici.

  • Somatizzazioni: la somatizzazione nella maggior parte dei casi, si presenta con sintomi tipici quali mal di testa, mal di stomaco, enuresi e problemi alimentari.
  • Emozioni/stati d’animo: nella maggior parte degli studi lo stress è la reazione emotiva maggiormente rappresentata. Può essere causato da numerosi fattori come l’alto livello di stress percepito dai genitori e che successivamente si riversa sul sibling e la concomitante mancanza di rete sociale; da uno stato di povertà economica della famiglia (Kilmer et al., 2010), dall’incertezza della situazione familiare. Lane e Mason affermano come il sibling si senta colpevole principalmente per tre motivi: l’aver fatto qualcosa di male, il fatto di essere lui stesso il bambino sano e anche per tutto ciò che prova nei confronti del fratello malato e della famiglia in generale (Lane e Mason, 2014).

Il senso di colpa sarebbe scatenato dalla mancanza o non completezza delle informazioni date al sibling dalla famiglia (O’Shea et al., 2012). In molte occasioni l’intento protettivo dei genitori di ridurre l’impatto della disabilità sulla vita dei figli sani (“meno ne sanno e meglio è”) li porta a tenerli all’oscuro delle caratteristiche della disabilità dei fratelli; così facendo i siblings arrivano spesso a riempire le proprie lacune di informazioni con il bagaglio a propria disposizione, spesso non sufficiente, che gli consente comunque di compensare il bisogno di fornire un senso alla realtà che lo circonda.

Una ragazzina si sentiva responsabile del fatto che il fratello aveva avuto il suo primo attacco epilettico. Lui poco prima di stare male aveva giocato con il cappellino di lei sotto il tavolo da pranzo e lei pensava che era stato quello a causare l’attacco. Da quel momento non gli aveva più permesso di giocare con qualcosa di suo (Strohm, 2006).

Risulta quindi fondamentale dare spiegazioni semplici e vere riguardanti la disabilità o la malattia, utilizzando un linguaggio che sia appropriato all’età. Fornire informazioni corrette e comprensibili ai siblings significa riconoscere e valorizzare la loro competenza nell’ utilizzo dell’esame di realtà e di mantenere un locus of control bilanciato (Powell, 1993). Ad esempio, un sibling potrà essere più a proprio agio nel suo contesto sociale avendo a disposizione alcune risposte realistiche alle domande più frequenti e potenzialmente imbarazzanti che gli vengono rivolte dai coetanei sulla disabilità del fratello o sorella. Secondo Beaulieu (2012) il senso di colpa emerge invece dalla gelosia provata nei confronti del fratello per le attenzioni ricevute dalla famiglia e più in generale dalla società.

Una corretta informazione sui pensieri e sui vissuti ricorrenti dei siblings è il punto di partenza per qualsiasi strategia preventiva ed educativa in favore di chi, spesso, viene fisiologicamente perso di vista dai genitori durante il loro difficile compito di crescere un bambino disabile.

  • Comportamenti problematici: Giallo et al. (2014) evidenziano un elevato tasso di problematiche relazionali evidenziate dalla difficoltà con i propri pari. A ciò si aggiungono probelmatiche comportamentali quali problemi di condotta e comportamenti oppositivi.
  • Problemi psicologici: tra i sintomi internalizzanti troviamo ansia e depressione; la forte presenza di ansia riguarda secondo Moyson e Roeyers (2012) l’incapacità di capire il fratello e le sue necessità.

Come affermano Patterson et al., (2011) c’è una forte correlazione tra necessità non soddisfatte e depressione; infatti i siblings ai quali non venivano riconosciute le proprie necessità sviluppavano livello di depressione molto elevati. Possono essere inoltre presenti numerose difficoltà scolastiche e peggioramento del rendimento dato dal cambiamento della routine familiare che porta quindi ad un deterioramento delle performance scolastiche e sociali (Bowman et al., 2014). Aspetti di tipo psicologico comprendono anche problematiche di adattamento, ritardo nello sviluppo sociale, sindrome da iperattività/disattenzione e soppressione delle proprie necessità per far fronte alle esigenze del fratello malato. I bambini che vengono parzialmente privati di uno dei genitori, per questioni riguardanti il fratello malato, hanno una ridotta autostima: questo perché il genitore disponibile non è sempre capace di fornire un ambiente propositivo tale da non fare in modo che il sibling incorra in sentimenti di impotenza e incompetenza (Vermaes et al., 2012).

Sibling: tipologie di sostegno e interventi

Non è possibile quantificare a priori il sostegno necessario ad una famiglia nel processo di comprensione della posizione del fratello del figlio disabile: a volte non c’è bisogno di alcun intervento, in altri casi più seri è necessario counselling o un intervento di psicoterapia. Il ruolo dei genitori rimane centrale e complementare a questi interventi. Esistono tuttavia diverse possibilità di attività preventive dedicate ai siblings. Di solito viene privilegiato un approccio di gruppo che mescola attività di tipo ludico ricreativo con momenti di riflessione e condivisione di esperienze. Questo tipo di gruppi si rivolge sopratutto ai siblings tra gli 8 e i 13 anni, periodo in cui affrontano le sfide più difficili; esistono poi gruppi dedicati ai siblings adolescenti e a quelli per gli adulti che si costituiscono in gruppi di auto aiuto senza bisogno di professionisti od esperti che facciano da conduttori.

Beaulieu (2012), Lane e Mason (2014) ed Hancock (2011) nei loro studi concordano che l’approccio debba essere quello del “Family-centered care” tenendo conto quindi della famiglia ma allo stesso tempo dei suoi membri, distintamente l’uno dall’altro.

Il sostegno alla famiglia in caso di nascita di un figlio disabile richiede il concorso di una rete di soggetti che collaborano insieme. Tutti possono essere dei validi interlocutori per i genitori, ad esempio nell’individuare segnali di disagio che potrebbero essere visibili in alcuni contesti e non in altri.

Nelle fasi iniziali successive alla diagnosi perinatale l’unica vera forma di sostegno per tutta la famiglia si concretizza, oltre alle cure mediche e riabilitative al bambino disabile, nel sostegno ai genitori ed alla genitorialità. Gli interventi precoci consigliati possono essere: colloqui di consulenza psicologica sia individuali che di coppia, l’introduzione graduale a gruppi di auto aiuto e la partecipazione a serate organizzate da Associazioni di genitori.

Salvo eccezioni, non si è soliti proporre attività preventive ai siblings prima dei 7-8 anni. Di solito si ritiene che un certo grado di attenzione ed il sostegno ai genitori sia sufficiente.

A partire da questa età in poi diventa rilevante costruire attività dedicate in modo specifico ai fratelli; tali attività possono essere di tipo semplicemente ludico e di ritrovo, per arrivare a proposte miste in cui affiancare momenti di gioco ad altri di riflessione e confronto. A volte capita di fare dei colloqui individuali con i siblings, ma nella grande maggioranza dei casi viene privilegiato un approccio di gruppo.

Sibling: interventi possibili

Don Meyer (Meyer, Vadasy, 1994) ha messo a punto un programma, ormai conosciuto in molti paesi, dal nome Sibshop (fusione delle parole sibling e workshop) che è stato studiato per fornire ai siblings momenti di svago, opportunità di incontro con altri siblings, condivisione di esperienze, individuazione attraverso il confronto, di strategie per la gestione di alcune difficoltà tipiche dei fratelli. Questi workshop durano circa mezza giornata hanno un conduttore e diversi facilitatori che aiutano la gestione del gruppo e sono dedicati ai siblings di età compresa tra gli 8 e i 12 anni, periodo in cui i ragazzi hanno competenze sufficienti per stare in gruppo, eseguire compiti e giochi che richiedono discrete capacità di lettura e comprensione, e periodo in cui il confronto con i pari età inizia a sollevare interrogativi e dubbi riguardanti la disabilità del fratello.

Kate Strohm ha pensato invece ad un programma più articolato, rivolto sempre alla fascia di età tra gli 8 e i 12 anni, suddiviso in sei incontri di due ore ciascuno una volta al mese con due conduttori più alcuni facilitatori a seconda del numero dei partecipanti (Strohm, 2005). Gli obiettivi del programma sono quelli di: fornire un’esperienza divertente; fornire ai fratelli l’opportunità di incontrare altri fratelli e di imparare che non sono soli nella loro esperienza; aiutare i fratelli a sviluppare una migliore comprensione dei bisogni speciali dei loro fratelli/sorelle, così come di altri bisogni speciali; rafforzare la comunicazione tra i fratelli e le loro famiglie e i loro amici; aiutare i fratelli a sentire che sono speciali e valorizzati non solo nelle loro famiglie ma anche nella comunità; assistere i fratelli nell’identificare i sentimenti positivi e quelli negativi di essere un fratello di qualcuno che ha una disabilità; procurare un’ opportunità per i fratelli di condividere i propri sentimenti con altri che possono capire, in un contesto protetto; assistere i fratelli nello sviluppo di abilità attive di adattamento per gestire le sfide che possono dovere affrontare come ad esempio la derisione, sentirsi ignorati o imbarazzati. (Strohm, 2005)

Tali occasioni rimangono comunque importanti anche in altre fasce di età, come l’adolescenza o l’età adulta. In questi casi si tratta più spesso di gruppi di auto aiuto; per i più grandi che hanno dimestichezza con il computer e internet sono attive anche alcune mailing list molto utili per entrare in contatto con altri siblings.

La tecnica che negli ultimi anni è stata fortemente implementata ed ha ricevuto esiti positivi soprattutto a livello statunitense e nel Nord Europa è quella dei “Camp”; alcuni sono basati sul divertimento terapeutico altri su programmi di tipo psico-educazionale, su principi di terapie cognitive o di promozione della salute (Beaulieu, 2012). L’esperienza del Camp ha portato ad outcomes positivi nel breve e lungo termine riguardo ai sintomi fisici, alla percezione di sé e al supporto sociale oltre che al benessere emozionale e all’autostima (Hancock, 2011).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Beaulieu MJ. (2012). The forgotten child: living in the shadow of a chronically ill sibling. Perspect Infirm;9(3):23-25.
  • Bowman S, Alvarez-Jimenez M, Wade D, McGorry P, Howie L. (2014). Forgotten family members: the importance of siblings in early psychosis. Early Interv Psychiatry;8(3):269-275.
  • Dondi A. (2008). Disabilità, trauma familiare e resilienza. Il peso della normalità per fratelli e sorelle delle persone disabili. Quaderni di psicologia analisi transazionale e scienze umane, n° 49.
  • Ewertzon M, Cronqvist A, Lutzen K, Andershed B. (2012). A lonely life journey bordered with struggle: being a sibling of an individual with psychosis. Issues Ment Health Nurs;33(3):157-164.
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  • Meyer D.J., Vadasy P.F. (1994). Sibshops. Workshop of siblings of children with special needs. Brookes, USA
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  • Powell T.H., Gallagher P.A. (1993). Brothers and Sisters: a special part of exceptional families. Brookes, USA
  • Strohm K., Nesa M., (2005). Facilitator Manual. Groups for siblings of children with special needs. Siblings Australia.
  • Strohm K. (2006). Siblings. Sostenere i fratelli di bambini con disabilità. Atti del seminario. Fondazione Ariel. Rozzano.
  • Strohm K. (2012). Being the other one. Growing up with a brother or sister who as special needs. Wakefield, Australia.
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