In tema di depressione, le neuroscienze si sono a lungo concentrate sui correlati fisiologici e sulle cause del comportamento depressivo nei modelli animali.
L’oggetto principale di ricerca degli ultimi trent’anni (anche se non certo l’unico) è stato quello della deplezione della serotonina (Harro, Oreland, 2001), tuttavia è altresì noto come la riduzione o bassi livelli di serotonina nel cervello non provochino di per sé la depressione e tanto meno possa questa avere un ruolo specifico per l’umore depresso, in quanto si tratta di un modulatore che interviene in tutti gli umori, non solo in quelli depressivi (Delgado et al, 1990). Infatti i farmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) vengono utilizzati non soltanto per la depressione, ma anche per una quantità di altri problemi emotivi come nel caso degli attacchi di panico o per il disturbo ossessivo-compulsivo, e per lo stesso motivo questi farmaci non funzionano per tutti i tipi di depressione. Perciò, molto più probabilmente i correlati delle sindromi depressive vanno cercati in profondità nei meccanismi cerebrali specifici che generano i sentimenti depressivi. La specificazione “I sintomi non sono meglio giustificati da lutto” all’interno del quadro diagnostico del Disturbo Depressivo Maggiore nel DSM-5 suggerisce che la depressione sia caratterizzata da un complesso di sentimenti che ricordano molto quelli associati al lutto, avendo sempre a che fare con una perdita. Numerosi studi hanno mostrato come tra i fattori predisponenti alla depressione ci siano esperienze di separazione precoci; lo stesso Bowlby ha sostenuto che nella maggior parte dei casi un primo episodio depressivo possa essere innescato da una perdita sociale.
Da una prospettiva evolutiva, le emozioni si sono conservate per compiere azioni specifiche in situazioni biologicamente significative e di sopravvivenza. I diversi tipi di affetti che possiamo sperimentare hanno lo scopo fondamentale di motivare l’organismo a promuovere la propria sopravvivenza e il successo riproduttivo. Nella teorizzazione di Jaak Panksepp, il sistema SEEKING – regolato da diversi neurotrasmettitori, ma in modo principale dalla dopamina – è quello che incoraggia i mammiferi ad interagire con l’ambiente: quando è attivo, spinge gli animali a soddisfare i propri bisogni ma anche a ricercare sempre nuove opportunità di gratificazione, a esplorare con curiosità ed eccitazione (Panksepp, 1982). Viceversa, la ipoattivazione di tale sistema sarebbe associata a sensazioni di vuoto, mancanza di speranza e di interesse. Le disfunzioni del sistema SEEKING influenzerebbero il funzionamento psicobiologico dei mammiferi e ciò comporta implicazioni significative per la psicopatologia umana. L’iperattività di questo sistema affettivo potrebbe riflettersi in comportamenti di dipendenza, così come la sua inibizione causerebbe una totale mancanza di piacere durante l’attivazione dei sistemi di ricompensa.
L’altro sistema fortemente coinvolto nella depressione secondo questo punto di vista è il PANIC/GRIEF, cioè quello dello stress da separazione, la cui attivazione è facilmente identificabile nei modelli animali grazie ad esempio alle distress vocalization. Bowlby ha descritto questi comportamenti come appartenenti a una fase di ‘protesta’ acuta a cui segue una ‘disperazione’ cronica, che probabilmente si è evoluta per proteggere l’animale isolato (spesso, un cucciolo allontanatosi dalla madre) dall’esaurimento metabolico o per distogliere l’attenzione dai predatori. In pratica, quando un legame sociale viene spezzato, per via di un lutto o di una separazione, l’individuo cerca disperatamente il ricongiungimento (protesta – attivazione sistema PANIC/GRIEF). Se ciò non è possibile, entra in gioco un secondo meccanismo, che attenua lo stress da separazione e porta il soggetto ad arrendersi (disperazione – disattivazione sistema SEEKING). Il sistema dello stress da separazione viene sensibilizzato dal rilascio di ormoni e peptidi come prolattina e ossitocina, e questo sarebbe probabilmente il motivo per cui nelle femmine i meccanismi che mediano l’attaccamento e la separazione sono molto più sensibili (sono soggette alla depressione quasi il doppio delle donne rispetto agli uomini). La cessazione della fase di protesta è determinata dalle dinorfine, che bloccano l’aumento di dopamina e in termini di comportamento, sostituiscono comportamenti positivi di estroversione con comportamenti negativi di ritiro. Questo stato di intorpidimento può, come dicevamo, essere indotto da una perdita reale o ideale, ma tutte culminano in quella configurazione neurodinamica e nella stessa esperienza soggettiva. Nelle indagini psicoanalitiche emerge spesso come la depressione comprenda sentimenti di rabbia, che in ogni caso vengono inibiti o internalizzati come meccanismi autopunitivi. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che la frustrazione del sistema SEEKING normalmente provoca risposte di rabbia (sistema RAGE). La speranza, il senso di fiducia vengono rimpiazzati da un attacco al sé. Alcuni individui sono in grado di reagire piuttosto bene alle perdite, mentre altri soccombono al dolore e alla depressione (Panksepp, 2004).
Il vantaggio in termini di sopravvivenza di questo meccanismo così doloroso sarebbe quello di incoraggiare la formazione di legami di attaccamento, in particolare con le figure di accudimento precoce – ma anche con partner, pari e gruppi sociali. Nel momento in cui questi legami siano indeboliti o persi del tutto, lo stesso meccanismo ci indurrebbe ad abbandonare le speranze di un ricongiungimento se i tentativi superano un certo tempo limite di sopportazione della sofferenza (Watt, Panksepp, 2009).