Sembra che chi associa la propria autostima all’aspetto fisico è probabile che sperimenti anche una maggiore auto-oggettivazione e ansia, ovvero percezioni negative legate alla propria apparenza, che comportano una riduzione dell’autostima generale.
Nella cultura occidentale, le donne non solo vengono prevalentemente viste dagli altri in termini di attrattività fisica (Swim et al., 2001), bensì anche loro stesse tendono a valutarsi rispetto alla propria attrattività personale.
Tuttavia, far dipendere la propria autostima dall’aspetto fisico può avere conseguenze deleterie sia per l’autovalutazione stessa, che per l’immagine corporea, oltre ad incrementare il rischio di sviluppare un disturbo mentale (Breines et al., 2008; Crocker et al., 2002).
Alcuni ricercatori hanno concettualizzato l’autostima all’interno di aree o domini specifici, nei quali le persone tendono ad autovalutarsi, connotati da standard specifici da soddisfare per mantenere una visione positiva di sé (Crocker et al., 2002).
Secondo questo criterio, l’autostima globale dipende dai successi o dai fallimenti all’interno di uno o più domini legati alle circostanze (come le capacità accademiche), mentre può non essere influenzata da eventi che si verificano al di fuori dei domini contingenti. Infatti, una persona può sentirsi devastata da un fallimento accademico, ma relativamente indifferente alla sua mancanza di abilità atletica.
La letteratura ha identificato una serie di domini rispetto ai quali le persone, comunemente, basano la propria autostima, tra cui; competenza accademica, aspetto fisico, approvazione da parte di altri, status relazionale e sostegno familiare (Crocker et al., 2003).
Specifici domini di contingenza esercitano effetti unici sulla motivazione e sul comportamento individuale (Crocker et al., 2003).
Infatti, sulla base del dominio specifico rilevante per la propria autostima, le persone trascorrono il tempo in modo differente (ad esempio: l’autostima legata alla competenza accademica predice in modo univoco il tempo trascorso a studiare, mentre l’autostima contingente al sostegno familiare prevede specificatamente il tempo trascorso con la famiglia (Crocker et al., 2003).
Oltre al fatto che avere un’autostima contingente in qualsiasi dominio, può incidere negativamente sulla motivazione ed il benessere; domini specifici si legano ad esiti negativi. Infatti, l’autostima contingente accademica si associa univocamente a problemi accademici durante il college (Crocker & Luhtanen, 2003; Crocker & Park, 2004).
Similmente, tra coloro che si valutano in relazione all’apparenza estetica, l’autostima dipende dal soddisfacimento di standard estetici culturali, e ciò comporta lo spendere tempo e sforzi per migliorare la propria attrattività fisica (Crocker et al., 2003).
Tuttavia chi ricerca un continuo miglioramento estetico è scarsamente soddisfatto del proprio aspetto ed ha un rischio maggiore di sviluppare un’immagine corporea distorta o di disturbi alimentari concomitanti (Overstreet & Quinn, 2012; Phillips et al., 2011; Sanchez & Kwang, 2007).
Inoltre, secondo le evidenze, l’autostima basata sull’apparenza estetica si associa ancor di più, rispetto ad altri domini di autovalutazione, ad una bassa autostima (Crocker et al., 2004; Crocker & Luhtanen, 2003).
In relazione all’autostima, è stato indagato il costrutto dell’oggettivazione sessuale. L’oggettivazione sessuale che separa il corpo o alcune sue parti dalla personalità individuale (Bartky, 2015), include comportamenti offensivi, come commenti sessuali, catcalling e sguardi oggettivanti.
Nelle società occidentali è più comunemente sperimentata dalle donne (ad esempio, Swim et al., 2001), spesso ritratte dai media con modalità enfatizzanti il loro aspetto fisico, anziché la loro personalità (Archer et al., 1983; Harper & Tiggemann, 2008).
La teoria dell’oggettivazione (Fredrickson, B. L., & Roberts, 1997) spiega come vivere tali esperienze, possa influire sulla salute delle donne che sono condizionate ad impegnarsi in un processo di auto-oggettivazione, vedendosi attraverso la lente di un osservatore oggettivante. Questo processo, fortemente condizionato dall’interiorizzazione degli standard di bellezza culturale, comporta esiti negativi, come ridotta soddisfazione e ansia verso il proprio aspetto fisico che viene maggiormente monitorato, aumento della vergogna corporea, una generale diminuzione del benessere e rischio di insorgenza di alimentazione disregolata(Breines et al., 2008; Fredrickson et al., 1998).
Date le evidenze che legano l’autostima associata all’apparenza e l’oggettivazione di sé, a maggiori preoccupazioni per l’aspetto fisico ed una peggiore autovalutazione di sé; Adams et al. (2017) hanno indagato la relazione tra autostima legata all’apparenza contingente e auto-oggettivazione; e quali conseguenze comportano sull’ansia del proprio aspetto fisico e per l’autostima.
I risultati confermano che l’autostima legata all’apparenza si associa positivamente all’auto-oggettivazione nelle donne; in quanto autovalutarsi in base all’aspetto fisico, potrebbe aumentare non solo l’esposizione a segnali oggettivanti sessualmente, ma cambiare il modo con cui queste situazioni vengono vissute, modellando gli stessi standard di attrattività che le donne con questo tipo di autostima, si sforzano di raggiungere.
Inoltre, sia l’auto-oggettivazione che l’ansia per la propria apparenza, spiegano il legame tra autostima legata al proprio aspetto fisico e bassa autostima.
Infatti, per le donne che basano la propria autostima sul rispetto degli standard culturali di attrattività, qualsiasi preoccupazione e ansia legata all’apparenza, comporta minore autostima.
Chi associa la propria autostima all’aspetto fisico, è probabile che sperimenti anche una maggiore auto-oggettivazione e ansia; ovvero percezioni negative legate alla propria apparenza, che comportano una riduzione dell’autostima generale.
Secondo questi risultati, le percezioni negative focalizzate sulla propria esteriorità (cioè l’auto-oggettivazione e l’ansia), potrebbero ridursi scindendo la valutazione di sé dall’aspetto fisico (Breines et al., 2008), anche se questo andrebbe verificato ed implementato in un contesto terapeutico.
In conclusione, il presente studio ha favorito una migliore comprensione dei processi che collegano l’autostima legata all’apparenza, con gli aspetti più percettivi (ovvero auto-oggettivazione e ansia dell’apparenza) e l’autovalutazione globale di sé.