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L’oggettivazione sessuale nelle donne: che cos’è, i fattori di rischio e le conseguenze

L'oggettivazione sessuale è una forma di deumanizzazione, che riduce la persona ad un corpo teso a soddisfare i desideri sessuali.

Di Nicole Tornato

Pubblicato il 13 Giu. 2016

L’oggettivazione sessuale è una forma di deumanizzazione, che riduce la persona ad un corpo teso a soddisfare i desideri sessuali, e quindi ad un oggetto da sfruttare e manipolare (Volpato, 2011). Gli atteggiamenti “oggettivanti” si orientano sulle funzionalità sessuali che vengono scisse dalle altri componenti identitarie ed esaminate isolatamente, come se rappresentassero l’intera persona.

Si tratta, in altre parole, di un fenomeno che spersonalizza l’essere umano e lo valuta in base ad una parte di sé, nella fattispecie il corpo, tralasciando gli aspetti della personalità, della dignità, dell’empatia e dell’unicità che rendono il soggetto unico e diverso dagli altri (Pacilli, 2012).

 

Il ruolo dei mass-media nell’oggettivazione sessuale

Per comprendere la complessità dei fattori di rischio, occorre riflettere, in primo luogo, sull’effetto suscitato dalle immagini e dai video divulgati attraverso la TV, Internet e i giornali che propongono modelli estetici irrealistici e irraggiungibili per la gran parte della popolazione, non tanto perché evidenziano una bellezza rara e “acqua e sapone”, in cui lo sforzo e l’attenzione verso il corpo sono minimi, ma perché, al contrario, esaltano una bellezza curata, attenta a ridurre le disarmonie, e quindi artificiale, e per essere tale deve sottoporsi ad un ventaglio di tecniche finalizzate ad annullare o attenuare i difetti; dalla chirurgia estetica, al ritocco fotografico e ai pesanti make-up come il contouring, ognuna ha il compito di trasformare il corpo (Pacilli, 2012).

Se a questo si aggiungono le pose ammiccanti e sessualizzanti l’effetto oggettivante è amplificato e nell’osservatore si innesca un inevitabile “confronto dall’alto”. Detto altrimenti, sulla base della teoria del confronto sociale di Festinger (1954), le donne che osservano un modello estetico promosso dai mass-media si percepiscono in “difetto” e iniziano a maturare un’insoddisfazione corporea (De Piccoli & Rollero, 2013). Questo avviene perché si innesca una percezione del canone estetico come normativo e reale, e quindi si confonde molto spesso la bellezza mass-mediatica, ricercata e trasformata, con la bellezza realistica, naturale e spontanea.

La discrepanza tra il proprio aspetto e quello esterno produce una sensazione di deviazione dalla “normalità” che viene vissuta sempre più dolorosamente al crescere del divario e degli standard che mirano a simulare una perfezione inesistente (Dakanalis et al., 2012). Più il canone è alto, irraggiungibile, modificato, e anche “normalizzato”, più la discrepanza sarà avvertita come insormontabile e l’insoddisfazione crescerà con pericolose conseguenze sull’autostima, sulla sicurezza e sulla predisposizione alle psicopatologie che coinvolgono il corpo: disturbi dell’immagine corporea, disturbi alimentari nella maggioranza dei casi.

 

Oggettivazione sessuale e auto-oggettivazione

La teoria dell’ oggettivazione sessuale è stata sviluppata da Frederickson e Roberts (1998) che considerano l’importantissimo passaggio tra oggettivazione e auto-oggettivazione. Mentre l’ oggettivazione è un’osservazione proveniente dall’esterno, che può essere relativa al singolo o alla collettività, l’ auto-oggettivazione è la progressiva interiorizzazione di quella osservazione: lo sguardo da esterno diventa interno, e questo comporta un’assidua sorveglianza sul corpo.

La costante focalizzazione sull’aspetto fisico può contribuire a scatenare, così, l’insorgenza degli stati ansioso-depressivi, disturbi della sfera corporea e alimentare, l’aumento delle emozioni negative, e la riduzione della consapevolezza degli stati interni. L’ auto-oggettivazione può essere una tendenza di “stato” o di “tratto”; nel primo caso si tratta di un atteggiamento dipendente dalle variabili ambientali, come l’esposizione a modelli oggettivati o a commenti negativi sul proprio aspetto fisico nel “qui ed ora”, nel secondo, al contrario, di una caratteristica stabile e indipendente dal contesto che correla con l’insoddisfazione verso il corpo, i disturbi dell’immagine corporea e dell’alimentazione, le disfunzioni sessuali e le psicopatologie depressive (Dakanalis et al., 2012).

 

Oggettivazione sessuale: fattori di rischio

I canali di comunicazione mass-mediatica sono indubbiamente potenti e spesso sottovalutati, ma non restano gli unici nella lista dei fattori di rischio.
Secondo una ricerca italiana (Pacilli, 2012) il tempo trascorso davanti alla TV rafforzerebbe la tendenza ad auto-osservarsi e auto-oggettivarsi in modo stabile e prendere in seria considerazione l’ipotesi di ricorrere alla chirurgia estetica per ridurre il divario tra il proprio corpo e quello promosso dai modelli televisivi. Oltre alla televisione, anche Internet amplifica la tendenza ad auto-oggettivarsi perché l’esposizione alle immagini di corpi modificati delle modelle o celebrità varie è inevitabile. Proprio per questa “inevitabilità” ogni donna, per quanto possa vagamente assomigliare al modello proposto, si sottopone al confronto, e alcune di loro, nonostante siano già magre tendono a percepirsi in sovrappeso sperimentando sentimenti di vergogna e inadeguatezza (Dakanalis et al., 2012).

L’età più a rischio è l’adolescenza quando il corpo comincia a cambiare e vi è una maggior sensibilità al giudizio esterno e al confronto con i coetanei. Tuttavia, il fenomeno è inversamente proporzionale all’età, e quindi decresce man mano che gli anni avanzano.
Dal punto di vista culturale, in Italia il fenomeno dell’ oggettivazione sessuale risulta più accentuato nel sistema mass-mediatico e colpisce le donne quantitativamente e qualitativamente in misura maggiore rispetto agli uomini. La controparte maschile non è esclusa dal fenomeno, ma le donne restano il principale bersaglio del fenomeno.
Una buona parte giocano gli ambienti sportivi e artistico-lavorativi, come la danza, la moda e in generale lo star system, che esercitano particolari pressioni sul raggiungimento della forma fisica perfetta per essere sempre “sulla cresta dell’onda” o per migliorare le prestazioni.

Nel panorama dei fattori di rischio non bisogna dimenticare il ruolo delle strategie educative e la qualità dei legami primari di attaccamento che in certi casi accentua l’attenzione al corpo e all’estetica, a discapito di altre competenze e risorse. Lo sguardo oggettivante può nascere quindi dalla stessa famiglia d’origine e agevolare un’interiorizzazione precoce che stimola a curare il corpo già in tenerà età. Alcuni studi hanno rilevato come le domande relative alle opinioni esterne sul proprio corpo (“Come appaio agli altri?”) possano insorgere già a partire dai 6 anni di vita scatenando la prima scintilla di malessere psicologico (Pacilli, 2012).

Per quanto riguarda la personalità, i temi prevalenti concernono in primis la ricerca di approvazione e di perfezione e la spiccata sensibilità alle opinioni che suggerirebbero una probabile organizzazione di significato personale di tipo dappico (Guidano, 1992). Le donne oggettivate avvertono un forte bisogno di definirsi attraverso l’esterno, e in particolare il parere degli altri, temuto e al tempo stesso ricercato che nasconde una forte insicurezza interiore (Pacilli, 2012). Nei pazienti con tale organizzazione non è infrequente riscontrare emozioni e considerazioni negative verso il proprio corpo che possono sfociare, talvolta, in disturbi alimentari come l’anoressia e la bulimia, che esprimono spesso la strenua necessità di essere ammirate e accettate anche a costi alti per il benessere (Bara, 2005).

 

Le conseguenze dell’oggettivazione sessuale: immagine sociale, rivalità e invidia femminile, ridotta empatia

L’ossessione per la forma estetica comporta notevoli costi sul piano del benessere relazionale, sulla rappresentazione sociale e sulla qualità degli interessi. Oltre alla predisposizione alle varie forme di psicopatologia e al malessere psicologico, le donne oggettivate vengono ritenute meno competenti e intelligenti, sperimentano più competitività nei confronti del genere femminile, trovano meno interessi costruttivi da coltivare, infine, vengono considerate meno “umane” (Dakanalis et al., 2012; De Piccoli & Rollero, 2013; Pacilli, 2012).

L’assidua dedizione all’aspetto estetico induce, così, a ridurre l’esplorazione degli interessi e dei doveri e a focalizzare l’attenzione sul corpo, proprio ed altrui. Da qui si deduce non solo la diminuzione della quantità, del rendimento e dell’interesse nelle passioni e nei compiti lavorativi/scolastici, ma anche un sovrainvestimento sull’esasperato confronto con le altre donne per paragonarsi e risultare “vincenti”. Atteggiamenti competitivi, critiche, invidie e rivalità si sostituiscono all’accettazione delle differenze e alla focalizzazione su altre risorse interne ed esterne, trascurate e tralasciate. In sostanza, la sorveglianza maniacale sul corpo porta a sperimentare in misura maggiore elevati livelli di ostilità, sentimenti di inferiorità e di invidia, rispetto alle donne non oggettivate che avvertirebbero tali emozioni con un’intensità, estensione e frequenza minore (De Piccoli & Rollero, 2013).

A tal proposito, non è difficile immaginare quanto sia difficile per una donna che si auto-oggettiva in maniera pervasiva coltivare rapporti intimi e soddisfacenti con le amiche e il partner e percepirsi come una persona nella sua interezza e non come un corpo. L’esplorazione delle passioni costruttive è così inibita dalla dedizione e dall’impegno verso l’interesse estetico che alimenta il vuoto e l’insoddisfazione, mentre agli occhi dell’esterno la morbosa ossessione per la bellezza risulta una dimostrazione evidente della superficialità, dell’incompetenza e della stupidità che potrebbe trasformarsi in una pericolosa profezia auto-avverante (Merton, 1948).

Sul piano collettivo, più la società promuove l’ oggettivazione sessuale, più gli stereotipi e la discriminazione in base ai ruoli e alle competenze di genere si rafforzano e si radicano nella cultura, rendendo sempre più ardua la parità tra i sessi (Pacilli, 2012).
Oltre a questo dato, occorre riflettere sull’effetto deumanizzante che si nasconde nell’ oggettivazione sessuale e toglie le qualità di calore e dignità umana non solo alle donne che si auto-oggettivano, ma anche alle donne che vengono oggettivate (Pacilli, 2012; Volpato, 2011).

 

Conclusioni

L’ oggettivazione sessuale femminile è un fenomeno complesso che richiama diversi fattori di rischio a livello individuale, relazionale e sociale.
È necessario, pertanto, esaminare non solo l’insieme di elementi che ne predispongono l’insorgenza e l’esacerbazione, ma anche i fattori protettivi che entrano in gioco, come la buona qualità delle figure di attaccamento, la coltivazione degli interessi costruttivi, l’impegno scolastico e lavorativo, senza tralasciare l’importanza della comunicazione mass-mediatica.

Alcuni preziosi contributi, come il documentario di Lorella Zanardo, Il corpo delle donne (2010) sulla mercificazione del corpo nella televisione italiana, e la ricerca di Esther Honig e le battaglie di alcune star come Keira Knightley contro l’abuso del foto-ritocco dimostrano una crescente attenzione al fenomeno e alle sue conseguenze, non solo in Italia, ma anche in tutto il mondo e l’abbandono delle passerelle di moda da parte di alcune modelle, come Cara Delevingne e Lily Cole per dedicarsi alle passioni più costruttive, come il cinema, il canto e lo studio universitario.

Tuttavia la strada è ancora ardua e complessa e lo dimostra, dall’altra parte, la perseveranza di immagini oggettivate, di strategie sempre più raffinate e alla portata di tutti per modificare drasticamente l’aspetto. Tra queste il contouring facciale, una chirurgia “istantanea e temporanea”, eseguita a colpi di fondotinta, correttori e altri make up, che trasforma il viso delle donne incrementando l’insicurezza interna (Robertson et al. 2008).
In particolar modo nell’età più a rischio, in adolescenza e nella prima età adulta, è necessario prestare una maggiore attenzione alla sensibilità ai cambiamenti corporei e promuovere un progressivo percorso di accettazione della propria bellezza, nonché l’importanza del valore di sé a prescindere dall’aspetto fisico, senza omettere l’esplorazione di altre passioni tese a stimolare l’intelligenza, la creatività, la cooperazione e l’impegno.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bara, B. (2005). Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva. Bollati Boringhieri.
  • Dakanalis, A., Di Mattei, V. E., Prunas, A. (2012). Il corpo oggettivato: media, benessere psicofisico e differenze di genere, Psicologia Sociale, 2, 261-284.
  • Festinger, L.A., (1954), A theory of social comparisons processes, Human Relations, 7, 117-140.
  • Frederickson, B. L., & Roberts, T. A. (1997) Objectification Theory: Toward understanding woman's lived experience and mental health risks. Psychology of Women Quarterly, 21,173-206.
  • Guidano, V. (1992). Il sé nel suo divenire. Bollati Boringhieri.
  • Merton, R., K. (1948). The Self-Fulfilling prophecy. The Antioch Review, 2, 193-210.
  • Pacilli, M., G. (2012). Solo per i tuoi occhi... L'oggettivazione sociale in un'ottica psicosociale, Mind Italia, 1, 19-25.
  • Robertson, J., Fieldman, G., & Hussey, T. (2008). Who wear cosmetics? Individual differences and their relationship with cosmetic usage. Individual Differences Research, 6, 38-56.
  • Rollero, C., De Piccoli, N., (2013), Modelli mediatici e oggettivazione maschile e femminile, La camera blu, rivista di studi di genere.
  • Volpato, C., (2011). Deumanizzazione. Come si legittima la violenza. Laterza
  • Volpato, C., (2012), La negazione dell'umanità: i percorsi della deumanizzazione. Rivista internazionale di psicologia e filosofia, 1, 96-109. DOWNLOAD
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