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Oggettivazione sessuale, invidia e idealizzazione amorosa in “Malena” – Cinema & Psicologia

Oggettivazione sessuale, invidia delle donne, idealizzazione amorosa e profezie che si autoavverano sono presenti nel film di Tornatore, intitolato Malena. 

Di Nicole Tornato

Pubblicato il 25 Mag. 2016

Aggiornato il 17 Mag. 2017 12:20

Ambientato nella Sicilia dell’Italia fascista, ormai verso il tramonto della guerra, Malèna (2000) diretto da Giuseppe Tornatore, fornisce uno spunto riflessivo sull’oggettivazione sessuale, invidie e rivalità, ma anche sull’idealizzazione amorosa nell’adolescenza e nell’età adulta, senza tralasciare il potere delle pericolose profezie che si auto-avverano (Merton, 1948).

 

Introduzione

La storia racconta dell’ossessione amorosa di Renato, un pre-adolescente di 12 anni innamorato della donna più bella del paese, la giovane Malèna, devota e timidissima moglie di un soldato in guerra, costantemente in guardia dagli attacchi invidiosi del paese e dai pesanti corteggiamenti maschili, ignari della riservatezza e timidezza a cui tiene saldamente fede. Purtroppo la protezione di Renato, che la osserva di nascosto, prega per lei e punisce chi la maltratta, e il distacco dai rapporti non salveranno la sua reputazione quando la giovane si ritroverà completamente sola nel paesino.

 

L’oggettivazione sessuale e la profezia che si autoavvera

Dal film si capisce che Malèna possiede diverse qualità oltre alla bellezza; è riservata, seria, buona. Nessuno, tuttavia nota questi aspetti, bensì, uomini o donne che si focalizzano sull’estetica, e ci vuole un battito di ciglia per etichettarla, senza motivo, come una prostituta.

Ogni minimo pettegolezzo innesca la voce sulla sua cattiva reputazione; per gli uomini è solo una splendida creatura che risveglia ogni desiderio sessuale, per le donne una pericolosa mala femmenazza che ruba la scena e l’attenzione alle altre. Per quanto riesca ad evitare ogni contatto e occasione di denigrazione, la giovane è costantemente bersagliata.

In questo senso l’oggettivazione sessuale si manifesta nello sguardo maschile che deumanizza la donna e la rende assimilabile ad un oggetto (Volpato, 2011). Malèna non è considerata una persona, bensì un oggetto sessuale finalizzato al soddisfacimento delle fantasie maschili, nonostante sia sostanzialmente una moglie devota e fedele che aspetta il marito dal fronte, quasi isolata dai rapporti sociali.
Lo stesso fenomeno oggettivante si trova anche nelle donne che la osservano e giudicano solo dal punto di vista dell’aspetto fisico, eguagliando la persona ad una parte e non al tutto (Pacilli, 2012; Rollero & De Piccoli, 2013).

Così l’oggettivazione sessuale da esterna diventa interna, e la persistente e delirante ossessione sui presunti facili costumi della ragazza purtroppo prende piede nella realtà; Malèna, ormai abbandonata tragicamente dal padre morto durante i bombardamenti e dal marito dato per caduto di guerra, in balia di un paese che in lei non vede altro che sessualità e perdizione, diventa la prostituta dei fascisti e dei tedeschi, un “mestiere” alquanto pericoloso non solo per l’identità e la reputazione, ma anche per l’immagine sociale di una donna italiana alla vigilia della liberazione della nazione.

La profezia che si auto-avvera e l’interiorizzazione dell’oggettivazione sessuale si mescolano e creano così un fenomeno complesso dotato di vari fattori interagenti: la solitudine e l’abbandono, le pressioni esterne, l’equivalenza stereotipica della donna “bella” e contemporaneamente “di facili costumi”, il focus sull’aspetto fisico e le aspettative collettive, la mancanza di figure di attaccamento significative in grado di accoglierla e comprenderla, contribuiscono ad indebolire la volontà e l’identità della ragazza che finisce drammaticamente per diventare esattamente come la vedono gli altri; un oggetto sessuale e una “donnaccia”. Questo non basta ovviamente a farsi “accettare” perché, in ogni caso, continua a dare fastidio alle donne che colgono l’occasione della liberazione partigiana per linciarla pubblicamente, massacrandola selvaggiamente di fronte alla folla attonita e disgustata di quegli uomini che un tempo avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di ricevere un suo sguardo. Malèna, debole e indifesa, con i capelli rasati, ricoperta di stracci e cosparsa di sangue non esercita più la stessa attrazione, anzi, suscita repulsione e distacco anziché accudimento e protezione, perché privata di quegli attributi che la rendevano desiderabile e al tempo stesso meno umana. Nessuno la difende, tutti osservano l’umiliazione senza capire che la responsabilità degli accaduti non è unicamente sua.

Curiosamente l’empatia delle donne arriva quando la giovane si ripresenta in paese, accompagnata dal marito redivivo, in uno stato estetico sciupato, volutamente invecchiato e imbruttito. Le stesse compaesane che un tempo l’hanno umiliata in piazza, ora non la percepiscono più come una minaccia, ma come una donna tra tante, appunto perché non è più attraente come prima. Verrebbe spontaneo chiedersi come sarebbe andata se fosse tornata senza marito e più bella e curata di prima.
Questa rappresentazione illustra come le donne portate ad assumere una visione oggettivante siano più predisposte alla competizione reciproca e alla denigrazione (Rollero & De Piccoli, 2012).

 

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL TRAILER Malèna (2000):

https://www.youtube.com/watch?v=P-O0p6qRKBY

 

L’idealizzazione e l’amore

Sullo sfondo della storia c’è la protezione di Renato che sembra innamorato di Malèna, anche se, in realtà, la sua è una banale infatuazione adolescenziale basata, ancora una volta, sull’estetica.
Una cotta esagerata appunto perché compare un comportamento compulsivamente accudente, senza una reale conoscenza intima con la donna. Diversamente dai coetanei, Renato non coltiva legami con le ragazze della sua età, ma si immerge nell’idealizzazione di un amore che qualche volta prende risvolti allucinatori e deliranti.
Nonostante non ci sia un vero amore, il ragazzo si dimostra, per certi versi, più attento alla sofferenza di Malèna, che resterà per lui indimenticabile e insuperabile. A questo proposito è curioso come con il passare degli anni e le varie storie importanti, l’amore che lui stesso definirà come impossibile sia quello più intenso.

 

I messaggi significativi

Nel film è illustrato chiaramente il tema dell’oggettivazione sessuale con i suoi correlati negativi ed è per questo che una lezione da imparare risiede nella consapevolezza che l’aspetto fisico, per quanto emani una potente attrazione e invidia, è solo una parte di una persona che non sempre garantisce l’approvazione e l’accettazione. Le dinamiche illustrate insistono su una rappresentazione stereotipica e narcisistica della bellezza come chiave principale per l’apprezzamento e la fama, che porta a mettere al centro della propria identità l’aspetto estetico e il corpo, agevolando talvolta i disturbi alimentari (Rollero & De Piccoli, 2012). Le donne ne sono più propense per ragioni legate agli stereotipi culturali e alle disuguaglianze che sembrano ancora soliti in certi ambienti e realtà socio-culturali. Per questo, in un’ottica terapeutica è necessario aiutare il paziente a decentrare il focus sull’aspetto estetico e a considerare altre componenti di sé e degli altri, coltivando la creatività e gli interessi che gli consentano di arricchire l’esperienza interna e di attribuire un senso adeguato agli eventi.
Tuttavia è necessario analizzare la potente influenza mass-mediatica sull’essenzialità della bellezza per raggiungere il successo e l’ammirazione, un fattore che si ritrova con alta frequenza nelle società occidentali.

Un altro elemento importante è la qualità della relazione sentimentale basata sull’idealizzazione e sulla focalizzazione sull’aspetto estetico. È comprensibile che un ragazzo di 12 anni, agli albori con i primi rapporti con l’altro sesso, si invaghisca di una donna bella e irraggiungibile, ma quando questo aspetto non è circoscritto all’adolescenza e permane nell’età adulta suggerisce un aspetto patologico della gestione delle relazioni sentimentali che rimangono su un piano immaturo e distanziante. In questo caso il lavoro non dovrebbe essere solo finalizzato ad integrare più aspetti dell’identità, ma anche ad esplorare le ragioni per le quali manca la profondità di un rapporto intimo e duraturo mentre si pone al centro, al contrario, un rapporto basato sull’idealizzazione e il distacco.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Merton, R., K., (1948), The Self-Fulfilling prophecy. The Antioch Review, 2, 193-210.
  • Pacilli, M., G., (2012), Solo per i tuoi occhi... L'oggettivazione sociale in un'ottica psicosociale, Mind Italia, 1, 19-25. DOWNLOAD
  • Rollero, C., De Piccoli, N., (2013), Modelli mediatici e oggettivazione maschile e femminile, La camera blu, rivista di studi di genere.
  • Volpato, C., (2012), La negazione dell'umanità: i percorsi della deumanizzazione. Rivista internazionale di psicologia e filosofia, 1, 96-109. DOWNLOAD
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