L’incontro dei traguardi tipici dell’adolescenza e dei nuovi scenari apre una strada che può favorire sentimenti di ansia e di inadeguatezza ma anche di riconoscimento e possibilità di affermarsi.
L’amore, la malattia, alcuni incontri, un disturbo psicologico, una nuova passione, un percorso psicoterapeutico, la nascita di un figlio, sono eventi che possiamo considerare come potenziali portatori di cambiamento. L’adolescenza invece, di per sé, per le sue caratteristiche essenziali, costituisce un periodo della vita in cui si assiste ad un cambiamento significativo. Spinti dal desiderio di sentirsi visti, apprezzati e riconosciuti, stretti fra la ricerca di un partner e la comprensione di sé, fra cambiamenti fisici e psicologici, fra un allentamento nel rapporto con le figure parentali e la ricerca di autonomia, gli adolescenti si muovono nella relazione con i pari grazie a dimensioni di unicità e appartenenza, somiglianza e differenza, competizione e cooperazione.
Con le parole di Lancini (2020), ”I compiti evolutivi adolescenziali sono: il processo di separazione-individuazione, la mentalizzazione del sé corporeo, la nascita sociale e la definizione e la formazione di valori” (p.18). Compiti e obiettivi che si definiscono all’interno di ogni fase storica, di ogni area geografica. È anche vero che la giovinezza attraversa fasi storiche diverse e luoghi fisici differenti, configurandosi come un processo unico, un intreccio di variabili diverse, funzione di miti affettivi e culturali del tempo. Ogni adolescente inoltre, è adolescente a modo suo, per caratteristiche genetiche, relazioni familiari, incontri attuali e pregressi, sport, hobby, passioni, esperienza scolastica e per la lente attraverso la quale guarda il mondo. L’incontro dei traguardi tipici di questa fase dello sviluppo e i nuovi scenari apre una strada che può favorire sentimenti di ansia e di inadeguatezza ma anche di riconoscimento e possibilità di affermarsi. Fra le tematiche specifiche che caratterizzano l’adolescenza di oggi, quelle dal mio punto di vista più significative sono l’essere “onlife”, lo stile educativo genitoriale, l’impatto della pandemia, il concetto di benessere e infine le profonde differenze sociali e culturali anche all’interno dello stesso territorio.
Essere “onlife”
Il termine “onlife” è stato coniato da Luciano Floridi (2015) e fa riferimento al fatto che le persone sono contemporaneamente immerse nella realtà materiale e in quella digitale. È il tratto duplice dell’esperienza: connessi e non connessi. Quale ricaduta per gli adolescenti? In uno spazio di vita in cui si intensificano e cambiano forma le relazioni con i coetanei, in cui alla luce del processo di separazione-individuazione, i rapporti con i genitori si trasformano rispetto all’infanzia, la realtà digitale favorisce la possibilità di incrementare la vicinanza e le relazioni con i pari ma anche di rendere potenzialmente onnipresenti le figure genitoriali. L’esperienza della “solitudine” che ha caratterizzato le epoche precedenti, resa nota dai famosi flussi di coscienza tratteggiati anche dalla letteratura, si modifica, se WhatsApp e Instagram rendono i ragazzi reperibili dagli amici e dai genitori in qualsiasi ora del giorno. La realtà virtuale ha la capacità di potenziare le possibilità comunicative attraverso le parole e le immagini. Se gli adulti preferiscono l’uso della parola tipico di alcuni social network (Twitter, Facebook), gli adolescenti hanno maggiore familiarità con TikTok e Instagram, luoghi in cui l’immagine racconta, evoca, avvolge, suggerisce. Lontano da obiettivi di demonizzazione ci si chiede: quali effetti? Quali opportunità? Il corpo che in adolescenza muta e diventa oggetto della propria osservazione è anche mezzo per comunicare, ancora di più di quanto non lo fosse in epoche precedenti. Pensieri, emozioni, immagini e parole risultano così intrecciate in una realtà nuova, che rende i ragazzi di oggi per certi aspetti molto diversi da quelli di qualche generazione fa. Essere “onlife” ha anche una funzione protettiva nei confronti dell’adolescenza. Permette ad adolescenti che vivono in realtà in cui la minore età è meno tutelata di aspirare e di tentare un viaggio, un trasferimento, permette ai genitori di accedere rapidamente ai consigli di esperti che suggeriscono quali strategie, comportamenti e attenzioni rivolgere ai figli, favorisce la fruizione di strategie di difesa condivise, organizzate e approvate socialmente per affrontare fenomeni quali la tutela dei diritti, il bullismo, il cyberbullismo.
Stile educativo genitoriale
In qualità di psicoterapeuti ed educatori, non possiamo che rallegrarci davanti ad un cambiamento dello stile educativo che almeno nelle società occidentali sembra sempre più incentrato sulla comprensione, sull’accettazione e sulla difesa dei diritti piuttosto che sull’impartizione di regole e punizioni. L’evoluzione della civiltà, la diffusione delle attuali teorie pedagogiche e l’avvento di internet hanno fatto sì che lo stile educativo “autoritario” lasciasse il passo ad uno stile educativo “autorevole” permeato da dimensioni che hanno a che vedere con l’empatia, la comprensione di sé e dell’altro, il senso di responsabilità, l’importanza della condivisione ludica. Schiere di genitori, figli di una società autoritaria e convenzionale hanno compreso i limiti dell’educazione ricevuta e hanno lasciato spazio ad un passaggio che si muove dalla rigidità alla diversità, dall’impulsività agli spazi di riflessione. Genitori dogmatici, poco aperti all’ascolto e alla comprensione sono visti nella società attuale non come la regola da seguire, ma come l’eccezione problematica.
L’impatto della pandemia
Se l’intera popolazione dovrà fare i conti con una pandemia da superare, con una ripresa che segue la fase di emergenza, così come è stato in altri momenti, in altre epoche storiche, gli adolescenti avranno a disposizione forse maggiori capacità creative, minore esperienza, maggiore flessibilità. Avranno a disposizione una vita da costruire, avendo alle spalle un evento che li ha messi a dura prova, non tanto per una questione legata alla minaccia della loro incolumità o a quella dei genitori, ma per la paura di perdere i nonni, per l’irrigidirsi delle regole, per la restrizione della privacy, per l’intensificarsi della noia. Noia, privacy, rigidità delle regole sono tematiche significative per i giovani in generale, in primis per gli adolescenti. Ancorati alle relazioni amicali e all’esperienza digitale, sostenuti dalla capacità di adattamento, sono passati più volte dall’attività scolastica in presenza a quella a distanza e hanno cercato di guardare alla pandemia come a un passaggio, facilitati probabilmente dal fatto che ad un basso livello di consapevolezza loro stessi vivono l’incarnazione di un passaggio. Rabbia, impotenza, frustrazione ma anche gioia, entusiasmo, speranza, trasgressione o attinenza alla regola, sono state vissute da ciascuno di loro sulla base delle proprie caratteristiche personali e in funzione di come il contesto familiare si è andato modificando. L’elemento casuale dato dal fatto che alcuni genitori siano rimasti a casa o abbiano continuato a lavorare fuori, ha reso l’esperienza della pandemia variegata e molteplice. Che ne è dei loro stati d’animo e delle loro riflessioni? Come saranno integrati nella continuità dell’esperienza?
Il concetto di benessere
Scrive Lancini (2020) “Negli ultimi anni è stata posta un’enfasi particolare circa la necessità che i bambini incontrino ed esprimano quasi univocamente stati d’animo positivi (…). Nei cartoni animati, per esempio, sono scomparsi i temi depressivi che hanno tenuto compagnia alle generazioni precedenti. (…). Universi costellati di buonumore, allegria, risate, abitati da personaggi dotati di superpoteri, coetanei con cui intraprendere nuove sfide, adulti sempre disponibili, presenti e comprensivi” (p.43). Come se una società permeata dal trionfo del pensiero positivo, incoraggiasse nei giovani e nelle loro famiglie solo la ricerca di talenti, emozioni legate alla speranza, al coraggio, alla forza e all’autoaffermazione, ostacolando il riconoscimento di stati d’animo legati alla paura e alle difficoltà.
La possibilità di comunicare stati di disagio è veicolata dalla musica, dal lato più implicito della conversazione, dal corpo che diventa simbolo in alcuni disturbi, dall’immagine scelta per il proprio profilo virtuale. Una società in cui da qualche decennio vige la precarietà del mondo del lavoro e l’ostentazione del successo, la ricerca delle proprie possibilità di successo rischia di non lasciare spazio alla comprensione dell’ansia, al dubbio, all’indecisione, all’ascolto di sé, diventando così un percorso forzato dalla volontà e dalla determinazione, all’insegna dell’ottimismo. Il concetto di benessere è collegato anche al tema della scelta. Si ha sempre più la possibilità di scegliere amici al di fuori del gruppo obbligato della classe, gruppi spontanei che assumono un ruolo ricreativo, formativo, all’insegna della condivisione sportiva. Anche gli indirizzi scolastici sono più numerosi e diversificati così come la quantità di corsi da seguire il pomeriggio. Si è finalmente data l’opportunità soprattutto in alcuni contesti culturali, di esprimere la propria identità di genere, così come le proprie preferenze e i propri desideri sessuali. Più che in altri periodi storici, l’adolescenza sembra in questo momento, un mare aperto da navigare muniti di una buona bussola.
Differenze sociali e culturali
Di pari passo con il livello di innalzamento del grado di civiltà di una società, si modifica l’esperienza dell’infanzia e dell’adolescenza. Dal Friday For Future agli episodi di razzismo, la cronaca ci racconta però di una società in cui le differenze sono ancora troppo elevate. Ogni famiglia si caratterizza per tratti peculiari: comprensione di sé e dell’altro, uso di Internet, stile educativo, importanza attribuita alle emozioni, riconoscimento e rispetto delle differenze, livelli di impulsività e capacità riflessive, vitalità, fiducia, possibilità di affermazione, significato attribuito alle relazioni e alla possibilità di amare e di essere amati. Infine, la stessa possibilità per un giovane di rivolgersi ad uno psicoterapeuta cambia in funzione di quanto questa opportunità possa essere accolta, compresa o suggerita dai genitori.