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Autismo cosa fare e non. Guida rapida per insegnanti – Intervista al Prof. Marco Pontis

Ogni docente può davvero offrire un aiuto concreto all’alunno autistico, partendo da semplici e piccole attenzioni quotidiane - l'intervista con M. Pontis

Di Ilaria Cosimetti

Pubblicato il 01 Apr. 2021

Marco Pontis evidenzia la necessità di costruire un linguaggio comune tra genitori, familiari, docenti e professionisti educativi, sociali e sanitari, che consenta loro di potersi confrontare e di lavorare realmente insieme, in modo pedagogicamente e scientificamente corretto, per favorire l’inclusione di tutti, compresi gli alunni con disturbi dello spettro autistico. 

 

Marco Pontis, autore di questa “Guida rapida per insegnanti” della scuola primaria, è docente di Pedagogia e didattica speciale delle disabilità intellettuali e dei disturbi generalizzati dello sviluppo e di Pedagogia e didattica speciale per la collaborazione multiprofessionale presso l’Università di Bolzano. Da vent’anni si occupa di disturbi dello spettro autistico e dal 2010 si occupa di formare gli insegnanti sui temi della didattica inclusiva.

Non sorprende quindi che questa guida mantenga la promessa di rapidità senza sacrificare chiarezza, qualità delle informazioni e facilità di applicazione pratica.

Ringrazio il prof Pontis per aver accolto l’invito di State of Mind a rispondere a qualche domanda con lo scopo di sottolineare l’importanza di contributi come quelli raccolti nel suo ultimo libro nel promuovere il migliore approccio al tema dell’inclusività.

I (Intervistatore): Quali sono le ragioni che l’hanno indotta a scrivere una guida “rapida” e fortemente orientata al “fare (e non)”?

MP (Marco Pontis): In primo luogo, la necessità di costruire un linguaggio comune tra genitori, familiari, docenti e professionisti educativi, sociali e sanitari, che consenta loro di potersi confrontare e di lavorare realmente insieme, in modo pedagogicamente e scientificamente corretto, per favorire l’inclusione di tutti, compresi gli alunni con disturbi dello spettro autistico.

Lavorando quotidianamente con e per le persone con bisogni educativi speciali e con le loro famiglie da numerosi anni ormai, mi son reso conto che i familiari e i professionisti spesso fanno un’enorme fatica a trovare soluzioni efficaci e inclusive personalizzate. Oggi possiamo contare su diversi interventi educativi evidence-based finalizzati a valorizzare le potenzialità e i punti di forza degli alunni, a ridurre o eliminare alcune difficoltà specifiche (percettive, sensoriali, cognitive, comunicative e relazionali) e a costruire alleanze concrete in rete, capaci di favorire un miglioramento significativo della qualità di vita delle persone. Ho dunque pensato creare uno manuale operativo, basato sulle più recenti evidenze scientifiche in ambito medico-psico-pedagogico e sociale, che possa aiutare sia i docenti che gli altri professionisti a scoprire e comprendere come osservare attentamente le caratteristiche, le abilità acquisite o emergenti, le difficoltà specifiche o le competenze in via di acquisizione della singola persona con autismo per progettare interventi coerenti ed efficaci. Si tratta di uno strumento teorico-pratico che può aiutare genitori e professionisti a scoprire le metodologie, le strategie e gli strumenti didattici più idonei per Marco, Giuliana o Emanuele (e non genericamente per l’autismo) e a predisporre un Piano Educativo Individualizzato e un Progetto di Vita quanto più inclusivo, ecologico e auto-determinato possibile, anche alla luce dei recenti cambiamenti normativi introdotti dal Decreto interministeriale n°182 del 29 dicembre 2020.

Nel testo vengono inoltre suggerite alcune buone pratiche per l’adeguata predisposizione dei nuovi modelli di PEI su base I.C.F. (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità).

Per chi volesse approfondire ulteriormente il tema suggerisco la lettura del manuale di D. Ianes, S. Cramerotti e F. Fogarolo (a cura di), Il nuovo PEI in prospettiva bio-psico-sociale ed ecologic,, a cui ho avuto l’opportunità e il piacere di contribuire con un capitolo sull’osservazione della relazione alunno-contesti per la progettazione degli interventi.

I: Nella prime pagine si legge:

questo quaderno può certamente essere utile anche agli insegnanti di sostegno, agli educatori e agli assistenti alla comunicazione, ma è pensato in particolar modo per i docenti curriculari, figure cruciali per favorire l’apprendimento significativo e inclusivo (anche) dell’alunno con autismo.

Ho apprezzato molto il riferimento agli insegnanti curriculari come i primi interessati nel garantire la buona riuscita di un percorso inclusivo che interessa il bambino autistico così come tutto il gruppo classe. Ci spiega come mai ritiene fondamentale rivolgersi in primo luogo a loro?

MP: Poiché l’alunno autistico è un alunno di tutti i docenti di classe e ciascuno di essi può fare davvero tanto per aiutarlo, anche con semplici e piccole attenzioni quotidiane.

Se tutti i docenti predisponessero le lezioni (per tutto il gruppo classe) sulla base dei principi della Progettazione Universale per l’Apprendimento (Universal Design for Learning) e della differenziazione didattica, qualsiasi lezione, laboratorio o attività didattica, potrebbe divenire più accessibile, utile e stimolante per tutti (compresi gli alunni con disabilità o altri bisogni educativi speciali),

Nei prossimi anni, potrebbero essere proprio i docenti curricolari a «fare la differenza» nella didattica quotidiana per tutti gli alunni, anche quelli, di cui ancora si parla troppo poco, che hanno dei bisogni educativi particolari o delle difficoltà anche soltanto temporanee, dovute a discriminazioni di vario genere, violenza assistita, bullismo o cyberbullismo – solo per citarne alcuni – e che hanno diritto a un Piano Didattico Personalizzato (PDP) come suggerito dalla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 e dalla Circolare ministeriale N° 8 del 6 marzo 2013 sugli strumenti di intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali e sull’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica.

Considerare attentamente il funzionamento globale di ciascun alunno, neuro-atipico o neuro-tipico, è la base di partenza per realizzare una didattica aperta, attenta alla valorizzazione dei talenti e dei punti di forza di tutti. Realizzare una didattica realmente inclusiva in modo diffuso, dalla scuola dell’infanzia all’università, significherebbe riuscire a valorizzare non solo gli alunni ma anche gli insegnanti e gli altri operatori (sanitari, sociali, educativi). Ultimamente noto con vero piacere che molti di loro si stanno mettendo in moto per formarsi e aggiornarsi poiché credono fermamente che l’alunno con disabilità sia un alunno di tutti i docenti e non solo del docente specializzato per il sostegno (altra figura preziosissima) o dell’assistente all’autonomia (anche questa figura non è meno importante insieme a quella dell’educatore, dello psicologo ecc.) e che un buon intervento sia possibile soltanto se si condividono osservazioni, obiettivi, metodologie, strumenti e strategie in rete (famiglia-scuola-comunità e territorio).

I: Ogni suggerimento offerto all’interno della sua guida è permeato di un rispetto verso la neurodiversità che va oltre la retorica e si concretizza in proposte di interventi mirati al reale benessere della persona autistica. I suggerimenti al “non fare” sembrano proprio mossi dall’intenzione di spronare gli insegnanti ad assumere un punto di vista alternativo a quello neurotipico per valutare i comportamenti degli alunni autistici  e intervenire su di essi. Che ci dice a riguardo?

MP: Siamo tutti diversi: alunni, docenti, genitori.

Spesso anche noi docenti abbiamo dei bisogni speciali. In fondo, io credo che nessuno, nel corso della propria vita, per svariate motivazioni, possa ritenersi esente dall’avere delle necessità particolari che meritano attenzione e, talvolta, possono necessitare di interventi specifici.

Ogni persona (anche con disturbi dello spettro autistico) è unica, irripetibile: questo vale per tutti noi chiaramente. Ci sono però alcune caratteristiche del funzionamento neuro-divergente delle persone con autismo che vanno attentamente compresi per poter essere valutati adeguatamente.

Dobbiamo stare molto attenti a rispettare i bisogni, spesso estremamente particolari e specifici, dei nostri alunni, ricordando di metterci sempre in discussione e di interrogarci continuamente su quanto le nostre considerazioni possano esser state influenzate dai molteplici pregiudizi, stereotipi, luoghi comuni o falsi miti sui disturbi dello spettro, ancora troppo, troppo diffusi. Appare oggi dunque imprescindibile analizzarli attentamente e sradicarli (per poterli realmente superare), condividendo e diffondendo informazioni corrette nei diversi contesti di vita del bambino e coinvolgendo più persone possibili: nonni, genitori, familiari, amici, docenti, medici, psicologi, educatori e pedagogisti, assistenti sociali, logopedisti, fisioterapisti, istruttori sportivi ecc.

Anche le parole che si utilizzano nei momenti di dialogo e confronto sono molto importanti. Dietro queste parole si celano, talvolta, idee preconcette e pregiudizievoli più o meno consapevoli. Ancora oggi, troppo spesso, anche molti validi docenti, giornalisti, conduttori televisivi o divulgatori scientifici, utilizzano termini estremamente scorretti come «ragazzo affetto da autismo», «alunno H», «bambini portatori di handicap» o «handiccapati» che riflettono una visione puramente negativa, «patologizzante» o pietistica della disabilità. Questa terminologia scorretta e «violenta» non risulta certo in linea con i principi della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Classificazione invita invece ad andare molto oltre la «diagnosi» poiché, come ormai chiaro, ogni persona è molto di più della sua diagnosi, delle sue eventuali patologie o disturbi e il suo funzionamento globale è il risultato dell’interazione di un insieme complesso di componenti e domini (condizioni di salute, funzioni e strutture corporee, attività e partecipazione sociale, fattori ambientali e personali).

Nell’introduzione del libro, ho voluto descrivere 10 cose (+1) che tutti coloro che si relazionano con persone autistiche dovrebbero tener ben presenti.

10 cose (+ 1) da sapere sull’autismo:

  1. I bambini autistici provano tantissime emozioni: spesso le percepiscono, le elaborano e le gestiscono in modo estremamente differente dalle persone neuro-tipiche.
  2. I disturbi dello spettro autistico NON sono causati da uno scarso affetto da parte dei genitori del bambino ma hanno un’origine neurobiologica.
  3. L’autismo NON passa con l’età: è una condizione che comporta un funzionamento cerebrale «neurodivergente» che dura tutta la vita e di cui molte persone autistiche vanno assolutamente fiere.
  4. Per aiutare un bambino autistico serve indubbiamente tanto amore, ma questo da solo non basta: sono altrettanto fondamentali le competenze specifiche e il lavoro di rete.
  5. Anche le persone «a sviluppo tipico» devono cercare di compiere degli sforzi per «mettersi nei panni» delle persone neuro-diverse, non solo il contrario.
  6. Non tutte le persone autistiche sono dei geni o dei fenomeni. La maggior parte delle persone con disturbi dello spettro autistico presenta purtroppo delle significative difficoltà cognitive, comunicative e relazionali che spesso rendono difficile la vita in totale autonomia.
  7. Non considerate «patologici» i comportamenti di un bambino con disturbi dello spettro autistico solo perché ha una diagnosi. Spesso le persone neurotipiche non riescono a comprendere alcuni comportamenti dalla prospettiva di chi l’autismo lo vive in prima persona: alcuni di essi possono sembrare in qualche modo «sbagliati» o «da modificare», ma in realtà non lo sono affatto. Valutate attentamente quali comportamenti volete cercare di ridurre o eliminare e se è davvero il caso di farlo.
  8. Fatevi aiutare a comprendere il funzionamento neurodiverso guardando le interviste o leggendo le tante esperienze e testimonianze di persone con autismo, oggi ampiamente disponibili.
  9. Trovate tutti i possibili punti di forza e sfruttateli per aumentare la motivazione e il senso di auto-efficacia del bambino.
  10. I bambini autistici NON sono «rinchiusi in una bolla»: a volte però, a causa di un sistema percettivo estremamente particolare e sensibile, hanno bisogno di ridurre al minimo gli input sensoriali.
  11. I bambini con autismo sono una risorsa per tutti i loro compagni di classe e spesso le soluzioni educative e didattiche adottate dai docenti per venire incontro ai loro bisogni speciali risultano molto utili anche ai compagni a sviluppo tipico.

I: Se è vero che ogni bambino autistico presenta caratteristiche uniche, è altrettanto vero che diffondere una buona cultura generale dell’autismo permette la condivisione di un linguaggio comune tra tutte le figure coinvolte nel percorso di crescita dei bambini, facilitando il lavoro di rete. A che punto è secondo lei la diffusione di una buona cultura sulla neurodiversità  all’interno della scuola italiana?

MP: Negli ultimi vent’anni si sono indubbiamente compiuti dei progressi rilevanti in tal senso ma sono ancora troppo pochi, ad esempio, i percorsi (scolastici ed extrascolastici) specifici dedicati all’educazione alle diversità individuali, alla conoscenza, al rispetto e alla valorizzazione dei tanti possibili modi di «funzionare» di ciascuno di noi. Mancano inoltre percorsi formativi finalizzati alla conoscenza delle emozioni, dei sentimenti, degli stati d’animo (proprie e degli altri) e della sessualità consapevole, alla scoperta dei propri meccanismi cognitivo-emotivi, di apprendimento, di relazione e socializzazione.

Oggi è impensabile pensare di poter insegnare, in modo adeguato e rispettoso di tutti gli alunni, conoscendo e approfondendo esclusivamente i principi della propria disciplina. Per poter essere definito «inclusivo», un insegnante deve anche conoscere e saper applicare i principi fondamentali della didattica generale, metacognitiva e inclusiva, della psicologia dell’apprendimento, della pedagogia speciale e sperimentale, deve inoltre essere in grado di progettare e realizzare percorsi formativi ed educativi personalizzati, stimolando gli alunni alla cooperazione in gruppo e all’auto-apprendimento e verificando costantemente il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento specifici.

Pre approfondire si può consultare Cosa si può fare con un bambino con autismo?, una breve riflessione sui principi-guida su cui dovrebbe basarsi l’intervento educativo nell’autismo e sull’importanza dell’individualizzazione dell’intervento in base alle caratteristiche del bambino:

I: A quando una “guida rapida” anche per la scuola dell’infanzia e la scuola secondaria? 

Stiamo attualmente lavorando alla progettazione e alla costruzione di nuovi materiali per l’infanzia e per la secondaria di primo e secondo grado, potenzialmente utili sia ai bambini che ai ragazzi e agli adulti con disabilità o altri bisogni educativi speciali. In realtà, con gli opportuni adattamenti e le giuste personalizzazioni, quasi la totalità delle strategie, degli accorgimenti o degli strumenti, suggeriti nel libro Autismo cosa fare (e non) possono risultare utili anche ai bambini molto più piccoli (scuola dell’infanzia), ai ragazzi della scuola secondaria di primo e secondo grado o agli studenti universitari e, naturalmente, ai loro insegnanti.

Non esistono «ricette» in grado di andar bene per qualsiasi persona: ricordiamo sempre che qualsiasi suggerimento, strumento o strategia suggerita in questo o in altri libri, va sempre adattato ai bisogni specifici del singolo allievo, non soltanto in relazione alla sua età anagrafica ma anche e soprattutto al suo funzionamento specifico, ai punti di forza/abilità/difficoltà specifiche nelle diverse aree di sviluppo.

Vorrei infine ricordare che questo libro, appena tradotto anche in lingua inglese, è frutto di un prezioso lavoro di gruppo che ha coinvolto numerosi amici e colleghi del Centro Studi Erickson di Trento e non solo, tra i quali: Lucia Dorigatti e Carmen Calovi (editing), Sara Cattoni e Giorgia Cainelli (progetto grafico), Mirko Pau (impaginazione), Sara Biani alias Carciofo Contento (illustrazioni), Giordano Pacenza (direzione artistica), Giorgia Sanna (pedagogista e formatrice), Dario Ianes (docente e co-fondatore Erickson), Sofia Cramerotti (responsabile area educativo-didattica, Ricerca e Sviluppo Erickson), Fabio Meloni (biologo), Marina Piras (medico), Vincenzo Pitzianti (studente), Michela Vincis (medico), Francesca Sanna (ricercatrice), Claudia Pontis (infermiere), Aurora e Ludovica Serra (studentesse), Silvia Petza e Lisa Lai (psicologhe e psicoterapeute), Roberta Zanni (neuropsichiatra infantile), Giada Tronci (psichiatra), Carla Pes e Danilo Sarritzu (assistenti sociali) che, nel corso di questi ultimi anni, hanno condiviso con me numerose riflessioni, proposte, progetti e azioni inclusive.

I: Ringraziamo il Prof Pontis per il suo tempo e ci auguriamo di poterlo ospitare ancora nelle pagine di State Of Mind.

MP: Grazie a voi, sarà per me un grande piacere. Un caro saluto, Marco.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • D. Ianes, S. Cramerotti e F. Fogarolo (2020), Il nuovo PEI in prospettiva biopsicosociale ed ecologica, Trento, Erickson.
  • M. Pontis (2021), Autismo cosa fare e non. Guida rapida per insegnanti, Trento, Erickson.
  • M. Pontis (2019), Le checklist per l’autonomia. Materiali per valutare e insegnare le abilità di autonomia nelle disabilità complesse, Trento, Erickson.
  • M. Pontis (2018), Comportamenti problema: capire, valutare e agire, KDP Amazon.
  • M. Pontis (2013; 2015), Autismo e bisogni educativi speciali, Milano, Franco Angeli.
Sitografia
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